Poco più di un anno fa, in un articolo qui al Bar del Fumetto in cui presentavo quelle che sarebbero state le uscite cinematografic-nerd del 2014, accennai all’uscita di Birdman (o l’inaspettata virtù dell’ignoranza). Visti i nomi coinvolti nel progetto ed il plot del film scrissi “un film che potrebbe rivelarsi una delle sorprese dell’anno.”
In realtà Birdman si è rivelato molto di più.
Con 9 meritatissime nomination agli Oscar, Birdman ha tutte le carte in regola per affermarsi come miglior film dell’anno. E, a mio giudizio, lo è.
Peccato che, come spesso capita in Italia, l’uscita rispetto agli USA sia stata parecchio differita: il film uscì negli States il 17 ottobre 2014, un periodo off-limits da noi che, prima di Natale, DOBBIAMO (e forse meritiamo, visti gli incassi) essere bombardati al cinema da nostrane commedie pecoreccie di serie Z. Un malcostume che porterà un ritardo persino nell’uscita, il prossimo dicembre, di Star Wars Episodio VII, schiacciato dal “peso” di Checco Zalone.
Ma torniamo a Birdman…
Dopo aver affrontato più volte il tema della morte, il regista Alejandro González Iñárritu cambia totalmente registro. In un mercato dove pop-corn movie e cinefumetti la fanno da padrone, il regista messicano non racconta le solite vicende dell’uomo dietro la maschera, ma ci mostra in un modo spaventosamente ipnotico l’uomo che sta dietro l’uomo dietro la maschera.
Riggan Thomson è una celebrità nota al grande pubblico per aver interpretato al cinema un supereroe di nome Birdman, ma oggi Riggan è un attore caduto in disgrazia, un uomo in cerca di approvazione in lotta per non essere più solo “una risposta del Trivial Pursuit”. Ma c’è un piccolo particolare: Birdman, il suo alter ego dei tempi d’oro, continua a sussurrargli nella mente pensierini garbati tipo “come siamo finiti in questo buco che puzza di sottopalle?”.
Per il ruolo di Riggan, non poteva esserci uomo più azzeccato di Michael Keaton.
Sfido chiunque di voi a ricordare un’interpretazione di Keaton dopo Batman – Il Ritorno di Tim Burton, escludendo lo straziante e struggente My Life, o il recente e dimenticabile ruolo di contorno nel remake di Robocop (ok, il ruolo in Robocop ve lo eravate, giustamente, già dimenticato…). Per sottolineare ancor di più questo parallelismo tra Keaton e Riggan, scopriamo che l’ultimo film di Birdman è uscito proprio nel 1992, anno di uscita, guarda caso, di Batman – Il Ritorno, ultima interpretazione di Keaton come Uomo Pipistrello.
Insomma Michael Keaton per il grande pubblico è rimasto una celebrità sì, ma una celebrità degli anni ’90 e Birdman gli ha addirittura regalato una nomination agli Oscar. E vi dirò che, nonostante Eddie Redmayne sia meraviglioso ne La Teoria del Tutto, Bradley Cooper abbia incarnato l’esasperato patriottismo americano (e sappiamo che peso abbia questo sulla giuria dell’Academy), Benedict Cumberbatch sia – come sempre- impeccabile nel ruolo del matematico Alan Turing, Michael Keaton per me ha avuto una marcia in più. Ha dato vita ad un personaggio straordinario e dalle mille sfaccettature, un uomo mediocre ma anche un sognatore fragile, delirante e determinato. Da qui il sottotitolo del film: “l’inaspettata virtù dell’ignoranza”.
Ma se Keaton spicca, non sono da meno i due co-protagonisti, anche loro meritatamente in corsa per la statuina dell’academy: Edward Norton con la sua epica “scazzottata” con Keaton ed Emma Stone che strabilia in un monologo-invettiva rivolto al padre.
Tre grandi interpretazioni per tre attori che del mondo dei supereroi di celluloide hanno fatto parte – sono stati Batman, Hulk e Gwen Stacy – e che, probabilmente, quel mondo lo hanno lasciato per non farci più ritorno.
Ma quello che rende questo film un vero gioiello è la geniale visione di Iñárritu. Il regista messicano ha realizzato una serie interminabile di piani sequenza mirabilmente concatenati l’uno all’altro. Escludendo qualche scena all’inizio ed alla fine del film, è come se fossimo di fronte ad un unico, interminabile ciak, una visione ininterrota a metà tra il documentario e la pièce teatrale che lascia letteralmente senza fiato. Non si tratta di un virtuosismo fine a se stesso, è un espediente ipnotico che ci incastra irrimediabilmente nelle pieghe della vita di Riggan.
Il tutto è accompagnato da un percussionista jazz, Antonio Sanchez, che più volte comparirà nel film, e la cui musica scandisce tempi e stati d’animo.
Insomma Birdman è un meccanismo perfetto ed innovativo, una commedia che è anche un film drammatico. Una pellicola grottesca e delirante con un finale furbo, delle interpetazioni straordinarie ed una regia rischiosa ed ispiratissima.
Un film totalmente nuovo raccontato in un modo nuovissimo che vi riconcilierà con il cinema.