Data la ricorrenza del compleanno di un Genio dell’animazione e dei fumetti, propongo questo piccolo articolo sull’opera generale di Disney.
E’ bene specificare che il cinema d’animazione (di massa) nasce in concomitanza con lo sviluppo dei primi prototipi di cineprese e quindi, si può ben affermare, che il cinema sia nato con i cartoni animati, oltre che per il desiderio di riprendere una realtà quotidiana; due ideologie opposte ma che trovano, nella costante analisi dell’uomo e della società, un punto comune indissolubile.
E’ negli anni trenta che questo genere cinematografico comincia a fiorire in tutta la sua magniloquenza, esternando quell’arte poetica e fiabesca che si era accumulata nel corso degli anni all’interno di una letteratura classificata come “infantile”, ma che poteva ben servire da lezione anche agli adulti: le favole. Dal patrimonio favolistico mondiale seppe attingere più di chiunque altro Walt Disney, nato a Chicago nel 1901 e morto prematuramente nel 1966, fondatore di una delle più grandi case cinematografiche di produzione d’animazione del mondo:la Walt DisneyPictures.
Disney seppe cogliere gli aspetti più disparati di una cultura americana in pieno rialzo dalla crisi, della cultura cinematografica che faceva di Hollywood l’emblema del Cinema per eccellenza e del divismo americano che tanto aveva condizionato registi, autori e specialmente attori, portandoli ad un livello di notorietà assoluto, rendendoli dei veri miti e dei modelli da seguire. I nuovi eroi animati dovevano riflettere l’ottimismo di fondo della società americana di quel periodo e della politica di Roosvelt, tutta tesa ad esaltare il mito americano, le sue origini, gli aspetti e gli ideali migliori del popolo. Ad incarnare tutto ciò fu la figura di Mickey Mouse (conosciuto in Italia come Topolino), un eroe sempre positivo, coraggioso, avventuriero, di buoni e saggi ideali, certamente il personaggio più positivo di tutto il bestiario Disneyano. La cura formale, quell’abilità nel tratteggiare i personaggi, una particolarissima rappresentazione della fiaba che doveva essere adatta ad un pubblico che andava dai più piccini ai più grandi d’età, conferirono a Disney l’identità di cantore di favole moderne, capace di dare ai propri lavori una vera e propria vena di poesia.
Tutti questi meriti lo portarono, nel giro di pochi anni, ad essere l’autore-produttore più applaudito del mondo intero.
I primi anni della sua carriera, effettivamente, furono intensamente produttivi, per quanto riguarda i cortometraggi; lo stesso Mickey Mouse sarà protagonista di ben 113 cortometraggi e a lui si affianca tutta la serie di Silly Symphonies e quindi degli altri personaggi Disneyani, che man mano fiorivano e si sviluppavano, quali: Donald Duck (Paperino), Goofy (Pippo), Pluto ecc. Si può affermare, senza ombra di dubbio, che questi personaggi e le loro storie riflessero un determinato periodo storico e comportamentale della società americana.
Legato sempre alle favole, in cui immergeva le proprie creazioni (Mickey Mouse, Goofy ecc.), nel 1937 Walt Disney tentò la strada del lungometraggio, rappresentando la favola di Biancaneve e i sette nani, un film che inizialmente fu definito “La follia di Disney”, dato che molti produttori di Hollywood non credevano fruttuosa un impresa del genere. Disney, però, col suo grande carisma e la sua grande genialità nel trasporre le favole adattandole ad un suo personalissimo stile, riuscì a compiere l’impresa, anche se, durante la produzione, fu costretto ad ipotecare persino la propria casa. Biancaneve e i sette nani fu un successo mondiale, battuto solo negli anni ’40 dal film culto Via col vento.
Il suo primo lungometraggio dimostra uno stile raffinato che è capace di trasporre sullo schermo una figura umana in una rappresentazione assai simile a quella reale, ma più che Biancaneve, quasi involontariamente, quelli che ottennero più successo furono i sette nani, ognuno caratterizzato nelle movenze e nel linguaggio in modo eccellente, tanto da farli divenire gli involontari protagonisti dell’opera. Tra le scene, certamente la più creativa e fantasiosa, fu quella della fuga di Biancaneve nel bosco, dove i suoi incubi prendono vita nelle forme grottesche della natura che l’avvolge; così Disney fa vivere gli alberi, conferisce all’intero bosco una vita propria che, con forme “naturali”, rispecchierà quelle ansie, quella paura della morte, quello spaesamento e confusione che regnano nella mente della protagonista, la quale, infine, si getterà a terra piangendo e, con la ripresa di una più chiara lucidità mentale, quello stesso bosco animato in modo terrificante e quelle stesse creature che prima sembravano demoni nascosti nell’oscurità delle fronde, diventano qualcosa di incantato, bello, accogliente e innocente, proprio con l’entrata in scena degli animali del bosco che aiuteranno Biancaneve a trovare riparo nella casa dei nani.
Qui Disney vuole dimostrare tutta la sua bravura nella gestione dei collaboratori ed il pubblico ne rimane entusiasta, tanto che il film gli varrà anche un premio oscar speciale per aver contribuito in modo così incisivo allo sviluppo delle tecniche della cinematografia d’animazione.
Ormai Disney è conscio della sua importanza e della sua bravura nel campo dell’animazione e lo dimostrano tutta una serie di lungometraggi animati che succederanno il successo di Biancaneve e i sette nani: Pinocchio, Fantasia, Dumbo, Bambi, Saludos Amigos, I tre Caballeros, Cenerentola, Alice nel paese delle meraviglie, Peter Pan, Lilly e il vagabondo, La bella addormentata nel bosco, La carica dei 101, La spada nella roccia e Il libro della giungla, il quale uscirà nel 1967 dopo la morte di Disney.
In questa intensa produzione che vedrà uscire, quasi ogni anno, un lungometraggio animato, va segnalata (oltre al particolare tratto stilistico di Vance Gerry che accompagnerà l’opera Disneyana in alcuni dei film più rappresentativi come: La carica dei 101, La spada nella roccia e Gli Aristogatti) l’ideazione di Fantasia, Dumbo, Bambi e I tre Caballeros. Il primo, Fantasia, è considerato l’apice del genio Disney, in cui immagini e musica si uniscono in un afflato unico e inimitabile, scavando in mondi surreali ed episodi modulati sulle note della musica classica, dando un ulteriore dimostrazione delle doti dell’originario staff Disney. Come afferma lo stesso W. Disney: «Fantasia rappresenta la nostra avventura più eccitante. Finalmente abbiamo trovato un modo per utilizzare nel cartone animato la grande musica di tutti i tempi e l’ondata di nuove idee che essa suscita». Infatti, è proprio la musica a fare da motore alle prime opere Disney e ne rappresentano un chiarissimo esempio le opere successive ad essa: Dumbo e Bambi, entrambi dotati di una così grande carica critica verso l’uomo e la società, eppure, di un fascino fiabesco e mistico, in cui le immagini scandiscono le melodie di sottofondo; due film che vennero osannati e allo stesso modo condannati per alcune scene o personaggi all’interno dell’opera: si tratta dei terrificanti Elefanti Rosa di Dumbo e del Gufo di Bambi, i quali, secondo alcuni critici, sarebbero antieducativi e non adatti ad un pubblico infantile; come si è già detto, Disney sviluppava le sue opere per un pubblico che non aveva età e molto spesso la critica è fin troppo austera nei confronti del cartone animato. Non si nasconde che le sequenze che mostrano gli Elefanti Rosa modificarsi, apparire e scomparire, nascere dagli oggetti, camminare sul soffitto e presentarsi in un modo del tutto opposto all’immagine del protagonista Dumbo, sia di forte impatto, ma sta proprio in questa trovata a dir poco geniale e di grande maestria tecnica, che richiama moltissimo l’opera di Fantasia, che il film Dumbo dimostra il suo avvicinarsi tanto ai bambini quanto agli adulti. Gli Elefanti Rosa, nella loro apparizione fantasiosa, rappresentano il fulcro centrare del lungometraggio d’animazione, figurando, da un lato, il mondo crudele che ha attorniato il protagonista sin dalla sua nascita ed in particolare la crudeltà delle elefantesse, chiara critica della società borghese; dall’altro, figurano lo stato di ubriachezza in cui si ritrova Dumbo, il quale gli farà scoprire la sua particolare e a dir poco unica dote: saper volare.
In Bambi la critica si mosse su basi molto più ipotetiche, poiché andò a definire il Gufo come un circuitore di bambini, ma l’accusa è talmente priva di significato che non si merita alcuna spiegazione del perché non sia veritiera. Infine, I tre Caballeros: il primo classico a tecnica mista (ovvero con l’utilizzo simbiotico di materiale filmico e materiale d’animazione) il quale farà da padre a quei film come Mary Poppins o il rivoluzionario Chi ha incastrato Roger Rabbit?, prima collaborazione della Disney con altre case produttrici come la WB.