Il maestro Miyazaki ci regala un ultimo capolavoro, poco tempo dopo l’annuncio dello stop dei lavori dello Studio Ghibli. Scopriamo insieme Si alza il vento.
Miyazaki, prima che ricevesse il suo oscar per La città incantata era poco considerato, almeno dalle masse, e fortunatamente oggi il suo nome riecheggia più forte dopo aver presentato al mondo film del calibro de: Il castello errante di Howl, Ponyo sulla scogliera, La collina dei papaveri, assieme a tutti i film precedenti che hanno visto dopo dieci e più anni le sale cinematografiche italiane (grazie alla Lucky Red) come Kiki – consegne a domicilio e La principessa Mononoke, tutti film pregni della sua ingegnosa mano che hanno portato lo Studio Ghibli ad essere uno degli studi giapponesi più riconosciuti al mondo! Sono film che definirei artigiani, non solo perché fatti a mano, con quella tecnica che ormai sembra essere obsoleta per le major, ma perché da essi non c’è pretesa verso il pubblico, non si cerca di prendere i suoi favori, essi appaiono genuini, proprio come le opere dei maestri artigiani, sempre più rari, ma sempre più belli; Miyazaki racconta Miyazaki, i suoi pensieri sulla vita, su un passato che si rispecchia nel presente, sulla natura, sugli aerei d’ogni forma, questa è la bellezza delle sue opere, capaci di aprirsi al pubblico pur non pretendendolo.
Si alza il vento è la degna fine di una validissima carriera nel segno dell’animazione 2D.
Miyazaki consegna un film poliedrico che sa passare dall’ironico al romantico, dallo storico all’onirico, dalla storia del singolo alla storia della nazione, nonché del mondo!
Miyazaki decide di affrontare l’ultima fatica abbandonando ogni sorta di esseri magici, creature mitologiche e streghe, per narrare una storia ben più umana, ma che in questa sua natura condensa momenti di alta fantasia, ovvero: i viaggi onirici del protagonista che si incontra con il suo idolo italiano di nome Caproni (costruttore, come lui, di aeroplani) ed i momenti in cui la sua fantasia prende forma reale, mentre realizza con meticolosa cura i suoi progetti.
Il contesto storico è uno dei più disastrosi per il Giappone. Si parte dalla fine del primo conflitto mondiale, per finire con la fine del secondo, da cui il Giappone ne uscirà completamente sconfitto; ma a questa narrazione di fatti e accadimenti storici si affianca la vita del protagonista che si sdoppia in due storie parallele: la prima è quella del suo sogno, diventare un abile costruttore d’aerei come Caproni; mentre la seconda è la fantastica e struggente storia d’amore con Naoko. A queste trame se ne uniscono tante altre più piccole, più brevi o che durano fino alla fine del film; insomma, Miyazaki ha dato fondo al suo background ideologico e culturale, facendo del suo ultimo protagonista un educato sognatore e facendo di Si alza il vento uno dei più bei film d’animazione di sempre!
Una mente aperta
Leggendo alcuni commenti riguardo il film mi viene facile capire molte cose sul pubblico di oggi e del perché le major si muovo in un certo modo anziché in un altro. Non c’è attitudine, o meglio, non ci sono i mezzi per comprendere la trama né nelle sue vicende più palesi, né in quelle che s’intrecciano come sottotrame, il pubblico vuole una storia che sia (stranamente) palese: un nemico, una storia d’amore, un pizzico di magia e spalle dalla comicità sempre più demenziale. Si alza il vento chiaramente non è un film con un target rivolto ai bambini (come non lo è La principessa Mononoke p er esempio) è un film che si aspetta un pubblico che va dall’età adolescenziale in su; un pubblico, insomma, che abbia la facoltà di comprendere con una certa maturità ciò che sta accadendo, non un pubblico congelato mentalmente. Il non essere coinvolti nella storia d’amore di Jiro e Nahoko, il non venire affascinati dagli scenari paesaggistici, il non riuscire a mantenere l’attenzione in un film così registicamente ben strutturato, dove ai test di volo si susseguono le visioni aperte del protagonista e le scene commoventi fra i due innamorati, i quali sono perseguitati dall’incombenza della morte, non è colpa del film, ma di chi lo guarda.
(Immagine di Viky Jane)