SOUL EATER – Una piccola rivoluzione celata

Soul Eater è una vera innovazione nel genere Manga & Anime.
Uscito nel 2003 in versione manga e cinque anni dopo come anime sotto la guida di Atsushi Ohkubo, ha tracciato un percorso che porta innovazione nella storia, nei personaggi, nel loro linguaggio e nelle loro caratteristiche, in un mercato dove quotidianamente vengono proposti personaggi più o meno simili con storie altisonanti e  che cominciano a diventare così ripetitive e prevedibili da non lasciare allo spettatore il gusto dell’albo successivo o della puntata seguente.

Alcuni canoni sembrano essere diventati un obbligo per i vari generi proposti dal Sol Levante. Fra i più famosi: Shojo, Shonen, Seinen ecc.
Caratteristiche che, non solo vanno a segnare il profilo comportamentale dei protagonisti, ma delimitano anche le loro caratteristiche fisiche ed il loro probabile futuro nella storia.

Soul Eater non dimentica le lezioni portate ai nuovi autori dalle antiche esperienze dei maestri in anni ed anni di carriera, coloro che hanno portato il genere dell’animazione orientale sulla critica mondiale e soprattutto occidentale, così invasa dagli eroi Marvel, DC, dai sopraffini lavori europei, ma specialmente dalla Disney, che, al tempo, dispensava lezioni grafiche e storiche a tutto il mondo. Eppure quando si legge Soul Eater non si ha l’impressione di leggere una storia già vista, la freschezza dei personaggi entra immediatamente in contatto con lo spettatore, catapultato in un mondo nuovo dove gli eroi si muovono (come da classico elemento) in una scuola, ed imparano ad essere i migliori nel loro mestiere, ovvero: diventare future falci della morte per lo Shinigami, dio della morte, nonché preside e protettore della scuola DWMA.

Ma non voglio dilungarmi sulla trama che, se raccontata con poche parole, perderebbe la sua bellezza e se raccontata a dovere occuperebbe molto spazio e tempo alle informazioni essenziali che voglio far passare ai miei lettori.

 

In cosa è diverso Soul Eater?

La grafica…

Innanzitutto l’ambientazione: Death City, città del Nevada che ospita la DWMA e tutti i protagonisti dell’opera. La città è divisa da uno stile morfologico delle città americane e quelle europee, muovendosi fra vicoli bui illuminati da lanterne in stile Belle Epoque e zone tanto somiglianti alle periferie newyorkesi, con muri in mattoni rossi segnati dalla street-art (molto presente nelle tavole di Atushi Ohkubo) e da campetti di basket dove i ragazzi passano le loro poche giornate di libertà. Il tutto, però, è sempre avvolto in uno stile oscuro e non gotico, come la maggior parte delle ambientazioni dark giapponesi (popolo che tanto ama il gotico da averlo rilanciato, più di dieci anni fa, nella moda artistica, musicale e del vestiario), ma è un’ambientazione dark molto particolare, con molti richiami alla street art e molto del gusto personale di Ohkubo.

L’istituto della DWMA ne è un chiaro esempio: predomina una maniacale simmetria, ma soprattutto alcuni elementi architettonici inconsueti, come le lunghe e larghe candele che sporgono verso l’esterno o i tre grandi “teschi” che rappresentano la maschera dello Shinigami e le numerose torri, il tutto alternando colori chiari a colori scuri, mentre in cielo si alternano due irreali astri: un Sole e una Luna che ghignano, in modo consono a ciò che rappresentano, guardando gli avvenimenti della terra.

Il tratto del disegno di Ohkubo è molto sagomato nel manga, un po’ più levigato nell’anime. Questo è un altro elemento che lo differenzia dai visi sempre più rotondi dei personaggi fumettistici giapponesi e dai loro occhi sempre più enormi, qui il disegno si ridimensiona, ricordando un po’ lo stile degli anni ’90, ma con un’evoluzione che porta innovazione nel raccontare graficamente il personaggio.

Il vestiario è molo giovanile e appartiene ad uno stile di strada, molto sportivo e americano ma, anche qui, l’autore segna con il suo personale gusto alcuni vestiti, come quello della protagonista: Maka Albarn, composto da un paio di anfibi neri con cinghie bianche, una gonnellina scozzese (elemento di continuità con le classiche divise scolastiche giapponesi), una camicia bianca con le spalline rigonfie, su cui si poggia un golfino giallo a giromanica, una cravatta verde a strisce bianche ed infine ciò che considero il tocco di classe appartenente al gusto personale dell’autore: una giacca nera che davanti si chiude fin sul bacino, lasciando scoperto il resto del corpo, mentre dietro scende quasi fino a terra, come un mantello.

 

Le armi…

La storia si basa sui Maestri d’Armi e sulle Armi, ma perché questo elemento diventi una specialità di Soul Eater c’è da precisare che anche le Armi sono ragazzi e ragazze, capaci di mutar forma in una certa tipologia di arma che si confà al proprio Maestro d’Armi.

Questo da alla storia moltissimo, poiché si vanno a calcare, in molti episodi, il legame crescente fra i due partner ed i loro punti di vista durante gli scontri.

Le Armi finiscono come in un mondo parallelo, solitamente a sfondo bianco, ma esso può mutar forma a seconda dell’anima dell’Arma e del Maestro; per esempio Soul (la falce di Maka) spesso si ritrova in una stanza molto elegante, con al centro un pianoforte che, se suonato, aumenta la percezione e la forza dell’anima.

 

L’anima…

Ecco un’altra caratteristica che si ritrova in molti anime e manga giapponesi: l’anima, il chakra, il Ki e molte altre forme di forza dello spirito, forza immateriale che si materializza tramite il corpo del possessore. Qui le anime hanno anche una vera e propria forma, sono, solitamente di forma circolare con una specie di ciuffo sagomato, ma ogni anima ha una forma diversa, poiché sono paragonabili al ritratto di Dorian Gray, ovvero, rappresentano ciò che quella determinata persona è in realtà; ma non solo ne rappresenta i pregi e i difetti, ma la grandezza dell’anima figura anche la forza del suo possessore.
L’autore, quindi, sottolinea l’importanza dell’anima e che è essa a darci la forza di andare avanti ed è essa che contiene le nostre verità, per questo non bisogna mai corroderla o danneggiarla. Un pensiero molto orientale, ma forse ancor più occidentale.

 

Purtroppo Soul Eater è un’ennesima vittima della trasposizione in anime.

Il manga, dal numero dieci in poi, prende una strada diversa, molto più contorta, sofisticata e raffinata, rispetto all’anime che, soprattutto per il finale, lascerà delusi molti fan. Nonostante ciò ha avuto la sua fetta di successo fra i giovani, ma non abbastanza, non ciò che un’opera del genere meriterebbe.
Forse azzardo quando voglio paragonarlo ad anime come Sailor Moon o Pokèmon, due prodotti che hanno stravolto e dato nuovi campi da arare all’animazione, determinando punti di rottura e di evoluzione con la vecchia scuola.

Perché Soul Eater non si è meritato questo successo di pubblico? C’è, forse, da imputare il tutto ad un Anime corto, dissociato, per la sua fase più importante, dall’opera originale e per la sua trasmissione su Rai4, nello spazio che settimanalmente dedica ai cartoni animati del Sol Levante, mentre i due anime storici citati sopra hanno avuto la loro vasta vetrina sulle reti Mediaset, in un periodo dove gli ascolti per questo genere di programmi erano alle stelle e non vi era ancora un mercato dimezzato dall’avvento dello Streaming?

Non si può dare una risposta certa a questa domanda, ma è sicuro che quest’opera che continua e non accenna ancora a finire dopo ventidue volumi e novantasette capitoli, assieme ad una buona base di fan, ne sentiremo parlare!

D’altra parte la colorazione degli albi è cambiata, Ohkubo è partito dal bianco per poi sfumare in un mezzo bianco e mezzo nero, poi nel grigio, in un grigio scuro ed infine nel nero; che si tratti di un segno grafico per marcare l’evoluzione della storia verso ambiti più seri, impegnati e “off limit” per un pubblico più giovane, o si tratta di un suo semplice dispetto verso la simmetria spezzata che i suoi lettori vedranno sulla mensola dove ripongono il manga Soul Eater?

Probabilmente sono mezze verità entrambe le possibilità, fra l’altro lo stesso autore nel primo albo grigio scrive: «L’ordine crolla…quindi anche il colore della copertina del volumetto è cambiato. E’ diventata grigia. Quando lo metterete in libreria , vi farà perdere l’uniformità alla serie, e anche se non siete Kid, vi darà fastidio! Anche questo è opera della follia! Dannata follia!»

Una premessa al ventesimo albo davvero eccezionale, anche se comprensibile solo da chi segue il manga e allora…perché non cominciate a seguirlo?

Non c’è motivo per cui non possiate.

Soul Eater è un ricettacolo di riflessioni sulla vita, sulla follia dell’uomo e sul ruolo che essa ha dentro di noi, sul valore dell’amicizia, della spiritualità, della comunione fra le persone, sa divertire e ha saputo portare nuovi spunti innovativi, in un oceano di Manga e Anime, sempre più uguali e omologati.

 

Voto finale: 8 (non essendo finito è un voto che rimane appeso)

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