Uno strumento narrativo molto apprezzato dai lettori di fumetto è l’uso di riferimenti esterni al mondo reale o (di contro) riferimenti al media fumettistico. In altre parole, ai fan piace molto lo “sfondamento della quarta parete” e il “metafumetto”. Airboy presenta al lettore entrambi questi fattori ma rovesciati, invertiti di segno. Scopriamo quindi cosa si nasconde in questo folle fumetto.
Partiamo con qualche accenno di trama, per poterci immergere con consapevolezza nell’analisi dei due nodi fondamentali della narrazione. James Robinson (autore e protagonista) è alla ricerca di un disegnatore che lo accompagni nel recupero di un vecchio personaggio della Hillman Periodicals, Airboy, i cui diritti non sono in mano a nessuna casa editrice (e la Image Comics ha deciso appunto di chiamare Robinson per ridare lustro all’aviatore di carta). Inizialmente tutto sembra volgere al tipico racconto di un’avventura editoriale lungi dal lieto fine: i problemi privati di Robinson si riversano sul suo lavoro e neanche l’approccio più fresco e spensierato di Greg Hinkle – il disegnatore scelto dallo sceneggiatore – pare risollevarlo dal baratro nel quale sente di precipitare.
Da questo momento incappiamo in una netta variazione di registro narrativo e lo sprofondamento dei protagonisti va a combaciare con l’ingresso in un mood più stralunato, psichedelico, con uno storytelling fitto, ellittico e un’impostazione registica che fa risaltare ogni singola scena. Viene a crearsi una sorta di sequenza di transizione che apre i confini di qualcosa di irrazionale, di inconscio per ogni scrittore che abbia mai dovuto cimentarsi con un prodotto della propria immaginazione: un incontro col proprio parto artistico in carne e ossa. Airboy incarna dunque il più grande dubbio dell’autore di fumetti: può l’essere umano sopravvivere a ciò che ha creato? Un incontro/scontro proprio col personaggio in disuso porta Robinson a riflettere su vita, società, arte, storia, legami affettivi e percezione della realtà.
Per questo motivo possiamo parlare di metafumetto al contrario. Non è il mondo dell’autore ad essere oggetto di riflessione lavorandoci dall’interno, ma è il mondo inventato a fungere da lente attraverso la quale guardare alla realtà e constatare un assoluto: la realtà fa schifo e l’essere umano è lontano anni luce anche solo dallo sfiorare la cristallizzata perfezione morale dei protagonisti del fumetto supereroistico. L’ingresso di Robinson e Hinkle nell’universo di Airboy non fa altro che contaminare questa perfezione, avvicinando il mondo ipostatizzato del fumetto all’inarrestabile magma vitale da cui provengono i due. Così non solo abbiamo un metafumetto rovesciato, ma anche uno sfondamento della parete della realtà a dir poco atipico, con due umani fin troppo umani che si immergono in una visione della realtà che, malgrado si basi su distinzioni più nette (da una parte il buono, dall’altra il cattivo, da una parte il bianco, dall’altra il nero) è facilmente corruttibile a causa della sua natura malleabile. Anni di storie, racconti affastellati sulle scrivanie di editor troppo stanchi per cercare un barlume di qualità nei ciclici reboot di personaggi sempre più anacronistici, portano l’attenta penna di Robinson a voler raccontare un incontro surreale tra il fumetto e la realtà, con la decisione di passare non dal personaggio che parla al lettore, ma dall’autore che parla al personaggio.
Graficamente questa doppia natura del fumetto è raccontata tramite l’uso di una colorazione piatta, fatta di riempimenti e variazioni cromatiche prive di particolarismi e dettagli del mondo reale contrapposta alla policromia allegra, cartoonesca e variopinta dei personaggi della Hillman Periodicals. Hinkle è abile nello sfruttare il messaggio di fondo che il nostro mondo è piatto nella visione di Robinson, proprio grazie a questa differenziazione di scelta della colorazione. In Airboy, la Golden Age del fumetto viene contaminata non solo a livello strutturale e narrativo, con la penna di Robinson che innesta tematiche esistenzialiste ed intimiste in un contesto eroico, ma anche artisticamente oggi e ieri collidono in un modo felicemente originale ed irriverente. L’impatto di questo prodotto è quasi satirico, cerca di smuovere corde profonde dell’animo, alla ricerca di quella più personale sia per il lettore che per l’autore. Il riso è amaro o grottesco o iperbolico, in grado di colpire allo stomaco, ma lavorando su una gamma emozionale davvero ricca.
Volume edito in Italia da saldaPress, sempre “sul pezzo” con queste pubblicazioni, “sfornato” in origine dalla Image Comics, Airboy è davvero imperdibile per gli amanti del fumetto che riflette su se stesso e sul mondo, senza mai perdere lo scopo più tipico del fumetto: il divertimento. Io vi saluto con un consiglio musicale per poter godere al meglio della lettura di questo volume ovvero il punk crudo dei Sex Pistols. Con questa recensione è tutto, ci rileggiamo prossimamente.
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