Esistono autori, ma direi più che altro artisti, che con il loro immaginario non solo riescono a raccontare ed incantare, ma anche a rimodellare mondi e a creare gli stilemi per la modulazione di immagini inerenti a determinati “mondi”. Esisitono menti che cambiano la percezione fantastica dell’immaginario collettivo, che la guidano e che creano archetipi dai quali è impossibile prescindere.
E’ il caso di Moebius, o Gir, comunque al secolo Jean Giraud, autore visionario che con i suoi mondi impossibili ha condizionato la visione dei mondi possibili.
Direttamente ed indirettamente ha influenzato i più grandi cineasti di Hollywood, (George Lucas e Ridley Scott in prima linea). All’età di 22 anni ha aperto la strada al graphic novel per adulti, prendendo il medium fumetto ed “esplodendolo” in una nuova direzione metafisica. Interrogato circa la sua impresa di deviazione del comic in una direzione principalmente surreale, spesso astratta e fantastica ai limiti dell’ illustrazione (ed anche oltre), l’artista offriva un’osservazione pratica: “Le possibilità come illustratore professionista sono molto esili ed a volte ho preferito “fuggire” e fare ciò che mi piace – è più eccitante”.
Nel 1963, da giovane, Jean ha iniziato a lavorare su Blueberry con Jean-Michel Charlier, direttore della casa editrice francese Pilote. Blueberry era un’avventura western visivamente realistica ed autentica. Fu subito un successo anche presso il pubblico. Jean all’epoca si firmava Gir. Aveva creato per l’occasione il suo primo pseudonimo. Dopo la morte di Jean-Michel Charlier, Jean si occupò interamente della creazione delle storie di Blueberry, come disegnatore ed anche come scrittore. Ma l’artista era ancora in divenire: “Volevo fare qualcosa di diverso, così ho preso una nuova firma per le altre prodiuzioni: Moebius”. Detto fatto, il nuovo alter ego di Jean prende il mondo dei fumetti e lo trasporta nella tempesta. Nel 1973, come Moebius, collabora con Jean-Pierre Dionnet, Philippe Druillet e Bernard Farkas per creare Les Humanoïdes Associés (Umanoidi Associati). Il “brand” lanciò Métal Hurlant, che poi divenne la rivista Heavy Metal negli Stati Uniti.
Come Gir, lo stile di Jean era realistico, raccogliendo le influenze del cinema e della fotografia creando mondi basati su luoghi reali, concreti. Ma come Moebius è stato in grado di esplorare nuovi ambienti, sviluppando uno stile ricco e dettagliato che avrebbe portato civiltà aliene in vita attraverso un immaginario vivido in continua evoluzione, lontano dall’iconografia metallico-luccicante ed avanguardistica che la Sci-Fi aveva fino a quel momento, a favore di tecnologie logore ed usate, mangiate dal tempo. Quasi come fosse una tecnologia del passato. Métal Hurlant e le sue pagine hanno spronato stampa e fumetti canalizzandoli in un movimento sotterraneo che crebbe nell’America negli anni ’70. “L’idea era quella di essere liberi, completamente liberi, senza confini”, ricorderà Jean. “Sulla scelta degli argomenti, sulla prosa e nello stile – il mio lavoro si è basato sulla sci-fi e sul fantasy, e volevo essere provocatorio.” Questo senso di libertà si manifesta in storie dagli spazi sconfinati ed odissee fisiche e metafisiche come Le Garage Hermétique (Il Garage Ermetico), The Long Tomorrow (che ha influenzato fortemente la creazione del mondo di Blade Runner e comunque del cinema di genere degli anni seguenti) e il fantastico Arzach (talmente “organico” da cambiare di volta in volta lo stesso nome: Arzach, Arzak, Harzack…), un fumetto senza dialogo che racconta di un esploratore solitario e della sua alata creatura aliena. Arzach cambiò tutto. Moebius fu in grado di creare un nuovo linguaggio per i fumetti: liberato dai vincoli di una sceneggiatura tradizionale, la storia divenne una “storia non-lineare”, fantasia espressiva e surreale che chiede al lettore di estrapolare il significato direttamente dalle immagini.
“Era la prima volta che un fumetto non aveva un dialogo, ed era volutamente provocatorio,” dirà l’Artista. “Il personaggio era così misterioso, e il silenzio era parte di quel mistero. Come un film muto ma con uno stile artistico e colori unici. Le immagini hanno un loro potere, e senza parole i significati provengono direttamente dalle immagini, dai personaggi, dai paesaggi. Così la storia può essere vista e vissuta in una immagine.”
Le visioni di Jean catturano subito l’immaginazione dei cineasti. La sua amicizia con lo scrittore Alejandro Jodorowsky, che aveva lavorato con lui in Arzach, lo porta a contatti col mondo di Hollywood. Gli viene chiesto di disegnare costumi e scenografie per l’adattamento cinematografico originale di Dune, ma il progetto non viene mai portato a termine.
Nel 1977, Star Wars polverizza il box office e cambia la percezione del pubblico di ciò che è la fantascienza. Ma per chiunque abbia familiarità con le opere di Moebius – anche a posteriori – è difficile guardare Star Wars e non vedere l’influenza delle sue prime tavole di Métal Hurlant. Nei deserti di Tatooine disseminati di tecnologia in decomposizione, negli interni usati e sporchi del Millennium Falcon, negli abiti Jedi e nell’abbigliamento trasandato di Han Solo. Ma più significativamente, è nella prima tavola della pagina undici di The Long Tomorrow (del 1975), dove si intravede sullo sfondo ciò che sembra esattamente una sonda imperiale droide.
I paesaggi urbani verticali da quella stessa storia possono essere visti come una chiara influenza sul design di Coruscant nei prequel di Star Wars. Lucas e Moebius avrebbero collaborato finalmente nel 1988, quando Moebius creò i concept per il suo film fantasy Willow.
Ma torniamo a Dune. Dopo il crollo della produzione, uno sconvolto Dan O’Bannon tornò negli Stati Uniti con i suoi sogni a brandelli. Vicino a rinunciare, decide di rischiare il tutto per tutto e scrive una sceneggiatura denominata Star Beast, che riesce a vendere a 20th Century Fox. Essi però cambiano l’imbarazzante titolo e trovano un allora giovane e sconosciuto regista inglese cui affidare il film. Era il 1978 e Alien di Ridley Scott era stato appena incubato. O’Bannon, a bordo sia come scrittore che consulente degli effetti speciali, recluta gli amici che aveva conosciuto durante la produzione di Dune. Giger crea i disegni iconici della creatura, e Chris Foss progetta gli esterni della nave spaziale Nostromo. Ma più di tutto sia O’Bannon che Scott volevano Moebius a bordo.
Purtroppo il francese non è stato in grado di partecipare nella misura voluta dal regista, ma ha finito per fornire i disegni per le logore tute dell’equipaggio – un elemento di stile visivo distintivo di Alien che sarebbe diventato quasi così iconico come la creatura stessa.
Ma l’influenza di Moebius sull’immaginario di Scott non finisce certo con Alien. Moebius scriverà più tardi che “Ridley mi ha chiesto di lavorare su Blade Runner, ma all’epoca stavo andando a lavorare su un altro film, quindi non ho potuto. Ora sono un po’ dispiaciuto di non averlo fatto, perché amo Blade Runner. Ma sono molto felice che la mia collaborazione con Dan è divenuta uno dei riferimenti visivi del film”.
Anche li, come nel resto dei casi, è difficile non notare una diretta influenza delle città verticali (alveari multistrato e multietnici) presenti in The Long Tomorrow come archetipo della città futuristica di Blade Runner.
Ok, direte, finita qui? Per niente….
The Long Tomorrow non ha influito solo sul cinema di fantascienza, ma anche nella letteratura. Nel 1984 William Gibson pubblica Neuromante, il classico seminale che inventa il sotto-genere del cyberpunk e conia il termine “cyberspazio” . Gibson cita Moebius come fonte di ispirazione, dicendo “Anni dopo, ero a pranzo con Ridley, e quando la conversazione si rivolse all’ispirazione, siamo stati entrambi molto chiari circa il nostro debito alla scuola di Heavy Metal di Moebius e gli altri… il modo a cui Neuromante “guarda” è stato influenzato in gran parte da alcune delle opere d’arte che ho visto in Heavy Metal. Presumo che questo debba essere vero anche nel caso di Fuga da New York di John Carpenter, e di tutti gli altri manufatti nello stile ‘cyberpunk.’ Quei ragazzi francesi, avevano già “visto” tutto”.
Nel 1982 Moebius partecipa alla realizzazione dei concept per una pellicola innovativa della disney, il fantasy-fantascientifico Tron.
E’ il primo di una serie di film di Hollywood che impiegano Moebius come concept artist, da Masters of the Universe a The Abyss. Ma forse il più significativo – anche se controverso – sarebbe stato Il quinto elemento di Luc Besson del 1997.
Non solo Hollywood e l’Europa sono state toccate dall’influenza di Moebius. In qualche modo Heavy Metal si fece strada fino in Giappone. Passando dall’amico Miyazaki (in Nausicaa sono chiari i irferimenti stilistici all’immaginario di Moebius) fino ad opere come Ghost in The Shell di Masamune Shirow e Akira di Katsuhiro Otomo. Quest’ultimo ha tentato di produrre un adattamento anime di Il Garage Ermetico a metà degli anni ’90, che purtroppo non è mai andato in porto. Ma ancora una volta, come nel caso di Miyazaki i due divennero amici e ammiratori reciproci.
La sua influenza perdura anche oggi: avete visto Prometheus (sempre di Scott)? Pur non avendo partecipato in alcun modo al film (per la sua malattia), avete notato niente nei concept di tute, ambienti, strutture?
Il mondo dell’immaginario deve molto ad Arzach, Al Garage ermetico, a The Long Tomorrow ed all’Incal.
Molto.
Se non tutto.