Per quanto mi riguarda, il primo Guardiani della Galassia è il film più spassoso e con più personalità di tutto il cucuzzaro del Marvel Cinematic Universe. Ma, una volta che hai speso il bonus dell’effetto novità sorprendendo il pubblico con una commedia sci-fi con musiche vintage, un procione parlante, un albero senziente ed un wrestler verde duro di comprendonio, ripetersi a certi livelli non è affatto facile. Nonostante ciò, James Gunn ha vinto la sfida del bis e lo ha fatto, ancora una volta, sorprendendo.
Sì, perché c’è una piacevole sensazione che ho provato guardando Guardiani della Galassia vol.2 e che, fateci caso, capita molto di rado quando andate al cinema per un cinecomic supereroistico: non sapere cosa sta per succedere. Questo per due motivi: il primo e più banale dei due è che, una volta tanto, i trailer non hanno spiattellato lo svolgimento del film (e guardate che ci sono casi paradossali, vedi il trailer di Spider-Man Homecoming che sembra un film riassunto in 2 minuti, manca solo la post-credit).
Il secondo è che, dai, quasi tutti i cinefumetti di supertutine hanno lo stesso identico svolgimento: sfiga bestiale–>superpotere–>responsabilità–>ammazzare cattivo con poteri speculari (in mezzo: spruzzatine di interesse amoroso un tanto al chilo). Binari preimpostati che portano a quel fastidioso senso di déjà vu, e che ti fanno sì godere un film se ben fatto ma ti lasciano comunque un sottile velo di insoddisfazione (è quello che a me è successo, tanto per fare un esempio recente, con Doctor Strange che per molti versi mi è piaciuto però…).
Il vol.2 delle avventure dei Guardiani della Galassia inizia con un flashback negli anni ’80 e ci conduce per mano in luoghi e, soprattutto, situazioni inattese e coinvolgenti accompagnati da personaggi che abbiamo già imparato a conoscere. Personaggi verso cui l’empatia dello spettatore non può che aumentare, sia per una caratterizzazione molto ben calibrata che per l’ottima amalgama instauratasi tra loro.
Di meriti, James Gunn ne ha parecchi: il primo è quello di essere un regista moderno e con un ottimo senso della commedia, vedi quello che ha combinato con i titoli di testa. E poi Gunn – che il film, è bene ricordarlo, lo ha anche scritto – ha una coloratissima e divertente visione dello spazio e, oltretutto, sa come valorizzare i suoi protagonisti: in questo senso la grossolana e chiassosa ingenuità del Drax di Dave Bautista o l’ottima resa del Yondu di Michael Rooker sono un esempio lampante.
Il tutto è permeato da uno spirito che è raro ritrovare nel cinema di oggi, mi riferisco a quel gusto del divertimento tipico delle action comedy anni ’80: la sregolatezza di film come Ritorno al Futuro, l’azione sempre accompagnata da un sorriso di Arma Letale e Tango & Cash, la stravaganza di Grosso Guaio a Chinatown. Solo che, visto che siamo nell’universo Marvel, Gunn può anche permettersi il lusso di osare con eccessi decisamente “fumettosi”:
– per dipingere una parete grande ci vuole un’arma grande –
In quest’ottica, non è stata casuale la scelta di una vera icona di quel cinema: Kurt Russell per interpretare Ego il pianeta vivente. Dopo Jena Plissken, RJ MacReady, Jack Burton, Cash adesso Kurt è un pianeta. Tutto ciò è fottutamente geniale.
A proposito, Kurt sul set si è riunito con il suo amico Tango, ovvero Sylvester Stallone. Non farò spoiler ma due parole su Sly sono inevitabili. Il suo minutaggio è decisamente trascurabile in GotG2 ed il suo tanto chiacchierato ruolo è quello di Stakar, anche noto come Starhawk, uno dei Guardiani originali del XXXI secolo dei fumetti Marvel, così come lo era Yondu. Gunn sta portando su schermo tutto il team creato su carta da Arnold Drake prima e Steve Gerber dopo (nel film infatti compaiono anche Martinex e Charlie 27 interpretato addirittura da Ving Rhames).
Non mi dilungo oltre su questi riferimenti (che magari meriteranno un pezzo apposito), ma è la conferma che, come il suo predecessore, Guardiani della Galassia Vol.2 è il film del MCU con più rimandi fumettistici. Un aspetto questo che fornisce un altro livello di lettura ai più fissati, titillando le manie ossessive di un nerd alla ricerca di easter egg.
É infatti palpabile l’amore che il regista dei Guardiani prova per il materiale sorgente da cui attinge: le saghe cosmiche della Marvel anni ’70-’80. Quella che, in maniera assolutamente calzante, i ragazzi de i400calci definirono “La Marvel di Drogarsi”. Intendiamoci, Gunn ha letteralmente stravolto personaggi ed atmosfere di quei gioielli psichedelici che erano i fumetti Marvel quando Jim Starlin affrescava il cosmo della Casa delle Idee, e sopra gli ha innestato elementi delle recenti avventure create da Dan Abnett ed Andy Lanning, ma lo ha fatto rispettandone lo spirito che li anima ed amplificandone le potenzialità su schermo. E, si vede, si diverte da morire.
– si diverte. –
Impossibile non dire due parole sulla colonna sonora. Forse meno “invadente” che nel primo capitolo, la selezione musicale si rivela anche stavolta perfettamente armonizzata con il film riuscendo nell’impresa di farmi apprezzare anche la sequenza con Father and Son di Cat Stevens, una canzone che detesto cordialmente.
Insomma Guardiani della Galassia vol.2 è una conferma ed una sorpresa. Un film in cui vari sub-plot danno vita ad un’esperienza estremamente appagante, una vivace space opera piena d’azione figlia della visione di un regista che riesce a coniugare un’estetica moderna con una piacevolissimo retrogusto anni ’80.
Quindi grazie di nuovo James Gunn, vorrei che tutti i film Marvel fossero scritti e diretti da te.
Io vi saluto e vi aspetto sulla mia pagina Facebook:
PS ci sono ben 5 scene post-credit. Due sono siparietti comedy, due sono colossali indizi sulla prossima avventura dei Guardiani ed una è il più geniale e memorabile cameo di Stan Lee che abbiate mai visto. Excelsior!
4 commenti su “TWR la (psico)analisi di Guardiani della Galassia vol.2: James Gunn, ti voglio bene”
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