TWR la (psico)analisi di Deadpool: lei ha fatto centro, mister Wilson!

Il mercenario chiacchierone sta facendo chiacchierare parecchio.
Il film di Deadpool è già un caso al botteghino, nel primo week end in sala negli States ha incassato più di qualunque stand alone supereroistico all’esordio sul grande schermo, chi l’avrebbe mai detto?


E, come se non bastesse l’esordio col botto, dopo due fine settimana il film di Tim Miller ha raggiunto i 500 milioni di dollari di incasso al box office globale.


Come spiegare questo successo impressionante? La crescente popolarità del personaggio sulle pagine dei fumetti Marvel da sola non basta. Parte del merito va alla divertente (e martellante) campagna di marketing che ha preceduto l’uscita del film, parte alla curiosità dei fan dei cinecomic speranzosi di vedere qualcosa di nuovo, gran parte al rispetto (ed alla valorizzazione) del materiale sorgente, un aspetto questo tutt’altro che scontato in casa 20th Century Fox (pensate a cosa ha combinato Josh Trank con Fantastic 4 o al “primo” Deadpool, quello di X-Men le Origini: Wolverine).  

E così le principali peculiarità del Deadpool a fumetti sono arrivate sul grande schermo. La rottura della quarta parete ed i riferimenti alla cultura pop sono un numero incalcolabile e, oltre ad essere sempre assonanti con la caratterizzazione di Wade, sono stati rimodellati in modo intelligente anche nel nuovo media, il cinema. Ad esempio, più che a Wolverine (uno dei chiodi fissi del Wade Wilson dei fumetti) le citazioni presenti nel film sono rivolte a Hugh Jackman in quanto interprete di Wolverine (con quelle sue due grosse palle australiane! cit.). E poi ci sono elementi del Deadpool scritto da Joe Kelly come Blind Al ed i siparietti con Francis/Ajax ed altri più recenti come il leggendario Bob!

A proposito del “say my name” di Ajax/Francis di heisenberghiana memoria, sappiate che sui social stanno già succedendo cose come questa:


Grazie anche a questi espedienti, il film è divertente soprattutto per i cultori della materia nerd che riescono a cogliere il senso del maggior numero di battutine e riferimenti. Ma il vero motivo del successo di Deadpool è il sovvertimento della figura del classico supereroe cinematografico che imperversa nell’ultimo decennio e che – visto e considerato che ormai escono almeno 5 film di supertutine l’anno – rischia seriamente di rompere le balle. 

Lo svolgimento di Deadpool è quello di un classico cinefumetto supereroistico di tipo “origins”. O meglio, ad essere uguali sono le varie fasi del film: la vita di prima e l’interesse amoroso, la genesi dolorosa del vigilante mascarato e le prime volte in calzamaglia, l’epica battaglia finale e la scena post credit. Ma è diverso COME questi aspetti vengono affrontati, perché i cliché di un cinecomic standard vengono letteralmente stravolti:
– le tutine nei film non copulano, in Deadpool c’è un’escalation di trombate che raggiunge il suo climax con l’amante di Wade (Vanessa, una prostituta) che si allaccia una dildo-cintura;
– i sidekick sono pronti al sacrifico per il loro amico più dotato, mentre l’unico amico di Deadpool, Weasel (interpretato dall’ottimo TJ Miller del serial Silicon Valley) non solo non ne vuole sapere di sacrificarsi ma è sufficientemente cinico ed un po’ stronzo. E non dimentichiamo che nel “ruolo” del maggiordomo Alfred, Deadpool si ritrova Alfreda la cieca (Blind Al), un’anziana non vedente con l’ossessione di assemblare mobili Ikea.
– le tutine sono eticamente inappuntabili e piene di dilemmi morali persino di fronte all’omicidio di una banale comparsa sottopagata, Deadpool fa schizzare cervella sull’asfalto come se stesse lanciando coriandoli a carnevale;
– i super sono belli e impossibili, in ogni film Marvel Studios (e pure nei film di Wolverine o in Man of Steel a dire il vero) ti piazzano quel bel pettoralone depilato (ma mai una tetta, che Topolino poi s’incazza), mentre Wade è brutto come la fame, anzi come un “ananas marcio che ha fatto sesso con un fico d’India”


E, infine, non dimentichiamo la scena post-credit. Solitamente aspettiamo le scene dopo i titoli di coda per avere quell’assaggio di “what’s next?” e – per dirla come voi giovani – per generare hype, la post-credit di Deadpool ci da esattamente quello che tutti ci aspettavamo ma lo fa in un modo inedito e folle, del tutto in linea con il personaggio.

Il fatto che Ryan Reynolds si giri verso il pubblico rivolgendogli la parola equivale a giocare a carte scoperte: “ehi bello,te lo sto dicendo chiaramente, questa è come la parodia di un film di supereroi!”. Così facendo diventa inconsciamente quasi plausibile vedere Deadpool con un coltello nel cranio mentre immagina cartoni animati o che gira per casa scorreggiando con le crocs ai piedi. E’ una parodia, un personaggio talmente esagerato da sembrare un cartoon slapstick.
La sospensione dell’incredulità? Vada a farsi fottere, non ne abbiamo più bisogno. 

Ma anche per fare un film con toni demenziali ci vuole intelligenza. il merito della buona riuscita di Deadpool va al team assemblato per lavorarci su. Intanto gli sceneggiatori Rhett Reese e Paul Wernick che sono le due menti dietro quel capolavoro di Benvenuti a Zombieland, un film divertentissimo che se non l’avete visto vedetelo subito!
Alla regia un certo Tim Miller, “un regista troppo pagato” come recitano i titoli di testa (che, a proposito, sono semplicemente geniali, una sorta di honest trailer del film). Miller, prima di Deadpool, aveva diretto solo due opening credit: quella di Thor The Dark World e, soprattutto, quella di Uomini che Odiano le Donne di David Fincher, quest’ultima è un’opening talmente bella che ancora me la ricordo, nonostante non abbia più rivisto il film da quando lo proiettarono in sala nel 2011. Ma il signor Miller, in barba ad un curriculum così scarno, si è dimostrato totalmente a suo agio sia nello scandire i tempi comici che nelle sfrenate sequenze action. Bravo. 
Il cast: sono tutti perfetti per le rispettive parti con una menzione d’onore per Ryan Reynolds che, fortemente voluto dai fan, riscatta il personaggio Deadpool dopo l’incommentabile figuraccia di X-Men le Origini: Wolverine.

Reynolds è stata una scelta intelligente non solo in quanto fan favorite ma anche perché è uno dei migliori interpreti del genere action-comedy del panorama hollywoodiano assieme a Chris Pratt (aka Star-Lord) e Channing Tatum (che vedremo presto nei panni di un altro mutante: Gambit).

E poi un elemento che – non mi stancherò mai di ripeterlo – troppo spesso viene trascurato in questi film: la colonna sonora. La soundtrack di Deadpool è stata affidata a Tom Holkenborg, meglio noto come Junkie XL, uno dei fuoriclasse presenti su piazza, l’uomo dietro la maestosa colonna sonora di Mad Max Fury Road. E poi, oltre a lui, ci sono le Salt-N-Pepa, i Wham e tanti altri sempre al posto giusto nel momento giusto. 

Visto il successo dell’uncensored Deadpool, nelle ultime ore iniziano a circolare in rete rumor su possibili film basati su licenza Marvel o DC anch’essi vietati ai minori (Lobo, Harley Quinn, il prossimo Wolverine). Ma davvero è solo merito del vm14? No. Il motivo del successo di Deadpool è che si tratta di un film fatto con passione che ha rispettato, ed amplificato, le potenzialità del materiale sorgente. E’ una commedia action packed demenziale con il valore aggiunto, per un conoscitore del personaggio e della cultura pop-fumettistica in genere, di essere un vero e proprio nerdgasmo di easter eggs. Il risultato è che il film rispecchia lo spirito del personaggio, ha personalità e si discosta da tutto ciò che il panorama del cinecomic supereroistico ha offerto finora. E’ questo il segreto del suo successo.

E voi volete dirmi perché vi è piaciuto il film, quale è stata la citazione che avete trovato più divertente, l’easter egg più azzeccato o, magari, cosa non vi è piaciuto? Nel parliamo nei commenti con licenza di spoiler. 

Io vi saluto e vi ricordo che se volete evitare di fare la fine di Wade durante la festa della donna, vi conviene piazzare un bel like alla pagina facebook più autorevole dell’internet. La mia:

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