Alias: la decostruzione noir dell'antieroina Jessica Jones

“Vedi quella donna là dietro?
Non lo diresti mai guardandola ma è una supereroina. Sì, un vero supereroe con il costume ed i superpoteri.  
Ti chiederai: ‘Davvero? Allora come mai non so chi sia?’ Il fatto è che ha smesso, ha gettato il mantello. Ma non giudicarla, la sua carriera è finita presto. Prima che iniziasse davvero. E nel modo peggiore.
Si faceva chiamare Jewel (…) aveva un buon carattere ed era promettente. Ebbe una serie di avventure, mica roba da poco… ma niente su cui valga la pena fare un film. Nemmeno un film TV”
Parola di Brian Michael Bendis.

Nei primi anni 2000, oltre al teen drama Ultimate Spider-Man che proseguirà la sua trionfale corsa per più di un decennio, un all’epoca ispiratissimo – e, non a caso, 4 volte premio Eisner tra il 2001 ed il 2003 – Brian Michael Bendis dava sfogo alle sue inclinazioni noir, già apprezzate su titoli Image come Jinx e Sam and Twitch, su Daredevil con i disegni di Alex Maleev e, parallelamente, dava vita ad una nuova serie hard boiled. Una serie che, per le tematiche trattate, fu pubblicata da Marvel sotto una nuova etichetta creata ad hoc e liberata dal comic code authority. Nacque così Alias, la prima pubblicazione  dell’etichetta MAX

La proposta avanzata da Bendis ed accolta da Quesada era quella di realizzare un crime noir che fosse sì calato nel Marvel Universe, ma che al tempo stesso si discostasse radicalmente dalle tipiche atmosfere del supereroistico mainstream. Per farlo, Bendis mette al centro dell’azione Jessica Jones, al secolo Jewel, un ex membro dei Vendicatori la cui vita ha subito una brusca deviazione dai binari su cui si era incanalata. Per motivi che verrano svelati parechio più avanti nel corso della run, Jessica ha infatti lasciato lo sgargiante universo degli eroi in latex per aprire un’agenzia investigativa, la Alias Investigations. Tra coniugi infedeli, adolescenti in fuga, sesso, complotti e relazioni pericolose, le indagini di Jessica la porteranno, in più di un’occasione, ad aver di nuovo a che fare con il mondo delle maschere. Ma lo stridente contrasto tra il microcosmo urbano in cui si muove Jessica ed il mondo patinato dei super, la pone in una posizione di osservazione, un po’ come accadeva al fotografo Phil Sheldon in una pietra miliare della storia editoriale della casa delle idee, Marvels. A questo proposito, se l’opera di Busiek dipinta da Alex Ross segnò un punto di svolta nella storia editoriale superoistica, portando dalla decostruzione dell’eroe degli anni ’80 alla ristrutturazione del mito dei supereroi, in Alias queste due antitetiche visioni del mondo delle maschere coesistono: Jessica è l’antieroina decostruita e fortemente imperfetta attorno a cui ruota una realtà in cui il mito dell’eroe è consolidato ed irraggiungibile. Un fumetto indie che guarda, con occhio scettico, un classico albo di supereroi.
Questo contrasto viene accentuato anche da un espediente grafico: alle atmosfere cupe in cui si muove l’underdog Jessica affidate al tetro realismo di Michael Gaydos, si alternano saltuariamente dei flashback sul passato della sgargiante supereroina Jewel realizzati, invece, dal tratto classico ed inconfondibile di Mark Bagley.  

Piccola digressione: a proposito dell’aspetto grafico, è d’obbligo una menzione d’onore per le copertine di David Mack

Jessica buca letteralmente le pagine del fumetto, è un personaggio riuscito dannatamente bene: è sfrontata, fragile, determinata e, tutto sommato, un po’ troia. Il feeling tra Bendis e la sua creatura è palpabile già dalle prime battute di Alias e rimane tale per tutti i 28 numeri di una run che scorre fluida ed appassionante senza avvalersi una rigida compartimentazione in story arc, ma sviluppandosi in maniera organica grazie un’ottima pianificazione a lunga gittata. Nelle battute finali, poi, Alias sale decisamente di tono con la prepotente entrata in scena del main villain Killgrave. Il riaffiorare delle ombre del passato di Jessica sarà l’espediente per tirare le fila della narrazione, chiudendo il tutto con un finale estremamente soddisfacente. Un finale in cui Bendis si permette anche qualche ben congegnato virtuosismo con dei richiami metafumettistici.

Vista la curiosità attorno al personaggio data dall’ormai imminente release del serial Jessica Jones sulla piattaforma Netflix, l’occasione può essere propizia per conoscere le avventure editoriali di quella che, prima di essere illuminata dai riflettori della TV, è stata un’underdog del roster di personaggi in forza alla Casa delle Idee. Ma, a prescindere dalla curiosità da serial addicted, Alias è un magnifico crime noir per amanti dei supereroi, uno di quegli strani esperimenti ben riusciti, una variazione sul tema, una scappatella, che – ogni tanto e per fortuna – colossi come la Marvel si concedono e che rendono i superpoteri adatti e godibili anche per lettori con qualche lustro in più sulle spalle.

In chiusura, un brevissimo cenno sulle edizioni Panini: la run di Bendis è stata stampata integralmente in un volume Omnibus da 720 pagine ed in un nuovo formato suddiviso in 4 volumi cartonati.

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1 commento su “Alias: la decostruzione noir dell'antieroina Jessica Jones

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