The Walking Rec speciale THE FOLLOWING: banalità travestita da capolavoro

Nell’universo delle serie TV ce n’è davvero per tutti i gusti (sensitivi, zombies, famiglie, vampiri, casalinghe) ma insolitamente il panorama offre poco di quello che é uno dei generi cinematografici da sempre più apprezzati: il thriller. Intendiamoci, di procedurali con trame pressocchè autoconclusive ce ne sono a bizzeffe ma di serie thriller con uno sviluppo orizzontale della trama ne troviamo ben poche (uno dei rari esempi recenti é il valido ma stiracchiato The Killing)

The Following é arrivato sui teleschermi facendo tanto (troppo) rumore. Nata dalla mente di Kevin Williamson, sceneggiatore della saga di Scream (ma anche di Dawson’s Creek e Vampire Diaries!) la serie prodotta da FOX vede il ritorno sul grande palcoscenico di Kevin Bacon (scongelato di fresco e con la faccia sofferente e scavata di un faraone mummificato) nel ruolo del buon agente dell’FBI. 

Ma, prima di tutto, concedetemi tre righe per raccontarvi una favoletta:

Will Graham, ex-agente dell’FBI, ferito nel corpo e nell’animo si é ritirato a vita privata dopo l’arresto del serial killer Hannibal Lecter, arresto durante il quale ha rischiato di morire. Ma l’FBI, vista la sua capacità di immedesimarsi negli assassini comprendendone la psicologia, gli chiede aiuto per catturare un nuovo pericoloso killer: Francis Dolarhyde, il Lupo Mannaro. Tuttavia é proprio Lecter, grazie ad una corrispondenza segreta dal carcere, ad incoraggiare/indirizzare le azioni di Dolarhyde, assassino ossessionato dai dipinti dell’inglese William Blake.

Questa é la trama di Red Dragon di Thomas Harris, romanzo da cui sono stati tratti ben 2 film: Manhunter (1986) di Michael Mann con William Petersen (il mitico Grissom di CSI) e l’omonimo Red Dragon (2002) di Brett Ratner con Edward Norton ed Anthony Hopkins (che torna a vestire i panni di Lecter dopo il successo de Il Silenzio degli Innocenti ed Hannibal).

Ora vi racconto un’altra favoletta:
Ryan Hardy, ex-agente dell’FBI, ferito nel corpo e nell’animo si é ritirato a vita privata dopo l’arresto del temibile serial killer Joe Carroll, arresto durante il quale ha rischiato di morire. Ma Carroll fugge dal carcere e l’FBI richiama Hardy vista la sua conoscenza del modus operandi del killer. Tuttavia nonostante Carroll venga nuovamente arrestato, a piede libero ci sono un esercito di seguaci le cui azioni vengono incoraggiate/indirizzate grazie ad una corrispondenza segreta dal carcere. Non dimentichiamo che l’assassino é ossessionato dai dipinti dell’inglese William Blake dagli scritti dello scrittore americano Edgar Allan Poe.

E qui cade il primo degli ipotetici punti di forza di The Following: l’originalità. Andiamo avanti.

I primi due episodi sono davvero ben costruiti per ritmo e tensione: memorabile il suicidio di una follower di Carroll che, nuda e con il corpo pieno di scritte deliranti, si perfora un orbita con un punteruolo. La lotta di Hardy e dell’FBI contro un nemico che é sempre un passo avanti é avvincente. Anche l’amico della porta accanto può rivelarsi un pericoloso assassino, colpi di scena a non finire! Fantastico! Un thriller con la T maiuscola.
Si… ma per 2-3 episodi scarsi.
Esatto, perchè il colpo a sorpresa del “follower-che-non-ti-aspetti“, dopo poco (leggi 3 episodi), ovviamente stanca.

Dopo questo promettente avvio, infatti, arriva la poco geniale trovata che, semplificando la vita dello sceneggiatore, massacra la suspance: Roderick! 
Roderick é un misterioso deus ex-machina che coordina i movimenti dei follower di Carroll. Tutti ne parlano, nessuno sa chi sia (insomma una specie di Jacob di Lost). Quando non c’è più scampo per il delinquente di turno, ecco che un poliziotto, un passante, il vecchietto con l’artrosi che attraversa la strada interviene a salvare la situazione con un perentorio “Mi manda Roderick!”…esticazzi!

Paradossale, in tal senso, la fuga di Emma (principale follower di Carroll interpretata tra l’altro da una pessima attrice). Esterno, notte, villa assediata dalle forze dell’ordine: nessuno scampo per i malviventi. Vengono fuori due tizi in puro stile commando, sgominano un intero reparto di SWAT e, come se non bastasse, una poliziotta dell’ufficio dello sceriffo locale si rivela anche lei una seguace di Joe Carroll. “Tranquilla Emma, ci manda Roderick!“.
Ma  per piacere…

Naturalmente, gli sceneggiatori se la tireranno per le lunghe e, dunque, l’identità di Roderick verrà rivelata molto più avanti con un “inaspettato” colpo di scena. Inaspettato un corno! E’ fin troppo evidente chi sia Roderick: é ovviamente Mike, l’agente biondino dell’FBI che si finge fanboy di Ryan Hardy/Kevin Bacon. Oh no, ho rivelato il colpo di scena!
Peggio per voi che non l’avevate capito: era ovvio.

(la mia brillante intuizione é stata smentita nell’episodio 8: accidenti!!! nda)

E qui cade il secondo ipotetico punto di forza di The Following: la sceneggiatura. Andiamo ancora avanti.

Kevin Bacon é molto azzeccato nel ruolo di Hardy. E’ vero, é poco espressivo ma il suo volto scavato e patito calza col profilo di un uomo solo e distrutto. Altrettanto non può dirsi per quello che é la sua nemesi: il Joe Carroll interpretato da James Purefoy, carismatico ex professore di letteratura inglese ossessionato da Edgar Allan Poe con l’hobby dell’omicidio. 
Vanaglorioso, delirante e scottato dall’insuccesso della sua opera prima, Carroll decide di sfruttare il suo fascino per attirare a se una schiera di seguaci che eseguano ogni suo ordine. Il suo fine ultimo é realizzare un complesso piano criminale che faccia soccombere Hardy regalandosi rinnovata popolarità.
Ma quello che manca a Purefoy é proprio il carisma: da l’idea di non poter vendere aspirapolveri porta a porta, figuriamoci di creare una setta di ubbidienti assassini seriali.
Altre note negative: la suddetta Emma (Valorie Curry), Jacob e Paul (Nico Tortorella e Adan Canto) i due killer bisessuali che sembrano usciti da una pubblicita di Abercrombie, Mike (Shawn Ashmore) insipido agente dell’FBI ed infine il peggiore di tutti: il bambino!
Siamo stati abitutati a vedere piccoli attori prodigio sul piccolo/grande schermo. Come dimenticare, ad esempio, il piccolo Haley Joel Osment de Il Sesto Senso o la piccola Keshia Knight Pulliam, la bimba de I Robinson? Quelli non li dimenticherete mai, questo neanche vi ricorederete che esiste. Il figlio di Joe Carrol, interpretato da Kyle Catlett, é il peggior attore minorenne mai visto in una serie TV. 

E qui viene a cadere il terzo ipotetico punto di forza di The Following: la recitazione.

I primi due episodi si sono distinti oltre che per una buona regia e sceneggiatura anche per una colonna sonora dark-rock eccellente: Marylin Manson, Deftones, Sepultura (anche se la loro cover di Angel dei Massive Attack é inferiore all’originale). Ok, avanti così allora! 
E invece no.
Dal quinto episodio in poi, di memorabile ricordo solo If I Had A Heart dei Fever Ray.

E qui viene a cadere il quarto ipotetico punto di forza di The Following: la colonna sonora.

In conclusione The Following si rivela un giallo ben confezionato (almeno nei primi 3 episodi) che manca però dell’elemento cardine:  la tensione. Non c’è progettualità né tantomeno un’attenta e coerente concatenzazione di eventi, indispensabile in ogni buon thriller che si rispetti. Insomma, si ha sempre la sensazione che gli sceneggiatori navighino a vista senza avere le idee chiare su dove andare a parare.

Espedienti come il sopracitato Roderick banalizzano ogni ipotetico colpo di scena ed il rinnovo per una seconda stagione di altri 15 episodi (oltre a costringere Kevin Bacon a star fuori dal sarcofago per altri 12 mesi) di certo non gioverà alla qualità complessiva del prodotto.

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