Ho appena terminato la lettura dell’arco narrativo sulla testata di Batman gestito da Scott Snyder e Greg Capullo, che vede, in un dipanarsi di 11 numeri, il Pipistrello opporsi alla fantomatica Corte dei Gufi, organizzazione segreta e quasi leggendaria che parrebbe esistere da sempre, nella storia di Gotham.
Che dire?
Mi aspettavo di più; molto di più.
Sarà che molti lettori appassionati, ormai abituati alla disarmante mediocrità che caratterizza l’attuale produzione degli spillati di supereroi, abbiano gridato al capolavoro al termine della lettura, alzando non di poco le mie aspettative; sarà che io stesso ci credevo sul serio a questo prodigio annunciato, sbandierato dai media, acclamato dai fan; sarà che man mano che leggevo la run, fino al settimo/ottavo numero, lo vedevo realizzarsi concretamente, quel gioiello di cui tutti parlavano. Ma poi, di fatto, cosa abbiamo avuto realmente? Un buon prodotto, indubbiamente al di sopra della media – ormai da querela – dei mensili di eroi in calzamaglia, ma non quell’elemento rivoluzionario e imprescindibile che molti andavano professando.
Comprendo senza difficoltà lo scalpore che il ciclo della Corte dei Gufi è riuscita a creare tra i Bat-fans più accaniti; quella in questione è una splendida storia di Batman, ma presenta degli innegabili difetti su cui, a mio dire, non si può passare oltre. Ma andiamo con ordine.
Snyder è uno scrittore molto abile e completo, capace di intessere ottimamente una trama passo dopo passo, di amalgamare bene indagine psicologica e azione (elementi della medesima essenzialità in un’avventura dell’Uomo Pipistrello), di imbastire dialoghi pungenti e coinvolgenti. Inoltre, dimostra di sapersela cavare non male come sceneggiatore, fornendo agli eventi un’ottimale sezionamento in vignette, ben curate dal punto di vista della regia e del ritmo impresso alla storia, adeguato per ogni situazione.
La storia vede Batman alle prese con la Corte dei Gufi; quei gufi predatori naturali dei pipistrelli, quei gufi insidiosi, notturni, che tramano nelle tenebre, quei gufi silenziosi e letali. Tutto ciò viene rappresentato anche nella città di Gotham, dove, per una sola Batcaverna, vediamo diversi e molteplici “nidi” della Corte, la pericolosità dei disumani Artigli dei Gufi (su cui, nella run, si faranno diverse agghiaccianti scoperte), la volontà della Corte di sbranare il Pipistrello. Inoltre qui Gotham non è più semplice teatro degli eventi, ma assurge a ruolo di vero e proprio character; finora la più grande alleata di Batman, anzi, finora addirittura fusasi con l’eroe che ha giurato di difenderla (Gotham è Batman, citando il primo numero), ma che nasconde però un lato oscuro: la Corte dei Gufi. Perché la Corte rappresenta proprio il lato più sinistro e corrotto della città, è una sua personificazione, la perfetta nemesi di Bats (concretizzazione, invece, di tutto ciò che ancora c’è di buono in una metropoli marcia come Gotham), nonché la prova che il male esiste da tempo immemore e che per sempre esisterà; ma si può e si deve comunque agire per contrastarlo e non rassegnarsi mai.
Batman viene qui attaccato nell’intimità: gli Artigli dilaniano il suo passato, i parenti, la casa, la città, gli alleati di sempre, cercando di demolire il mito e il simbolo dell’Uomo Pipistrello estirpandolo alle radici. Il tutto è condito dai più che ottimi disegni di Capullo, capace di donare espressività, dinamismo e morbidezza alle figure con tratto elegante e paradossalmente adattissimo per le atmosfere del Cavaliere Oscuro.
Vi starete chiedendo: ma come, finora hai elencato solo pregi della run. Cosa c’è, quindi, che ti ha fatto storcere il naso?
La risposta è terribilmente semplice: tutto ciò che avviene (a livello di soggetto, perchè la sceneggiatura si attesta sempre su livelli superiori alla media) dall’ottavo numero in poi.
Snyder sembra rinnegare tutta la magnificenza attestatasi nei primi otto numeri, con particolare riferimento al geniale numero 5, indubbiamente il migliore dell’intero story-arc, qualitativamente lontanissimo dai cliché e dalla mediocrità degli albi dedicati ai supereroi. Sì, perché già la Bat-armatura ti fa storcere il naso, simbolo e testimone su carta degli stereotipi del fumetto mainstream dei tizi in calzamaglia, ma vabbè, dici, ci sta, possiamo passare oltre, andiamo avanti. Poi viene il turno della battaglia, il confronto con gli Artigli, che Snyder ha sapientemente costruito numero dopo numero, ecco che arriva, Batman contro gli Artigli, gli Artigli contro Batman, eccolo, eccolo, è lì, eccolo! Finito.
In un batter di ciglia vediamo terminare lo scontro tra l’Uomo Pipistrello e orde di Artigli, ma va ricordato come uno solo di loro sia stato sufficiente a impegnare Bats per diversi albi, mentre una miriade non riesce a tenergli testa nemmeno per un paio di numeri. Fai spallucce e vai avanti, rimpiangendo però i fasti dei numeri passati, così intensi, sentiti, emozionali, lontani dai cliché del genere supereroistico. Qui dello Snyder della prima parte vediamo solo i ben calibrati dialoghi e la regia ottimale, poco altro. Poi giunge il numero 10, quello che si gioca tutto sul finale, che si regge sulle ultime tavole, dove c’è un colpo di scena a dir poco sconvolgente, che può piacere e non piacere, ma è una questione prettamente soggettiva e quindi mi asterrò dal commentarla, e, infine, l’ultimo capitolo. The last stand. The final showdown, col gran nemico, il vero avversario: vista la relazione che afferma di avere col Crociato Incappucciato, m’aspetto qualcosa di scoppiettante, pirotecnico: qualcosa che, invece, non arriva.
L’ultimo numero si presenta scialbo, insipido, quasi noioso, e si riduce a una scazzottata, qualche frase fatta e a un gigantesco punto di domanda per un finale che, in realtà, non conclude nulla. Un albo in cui l’unica parte degna di nota è il dialogo finale tra Bruce Wayne e Dick Grayson, molto funzionale e decisamente intenso.
In definitiva, una saga assolutamente consigliata, ma solo per gli appassionati di Batman. E’ qualcosa che avrebbe potuto essere sul serio un gioiellino, ma che collassa sul finale, che si sgonfia come un soufflé mal cucinato, che era intelligente ma non si è applicato. Dispiace, dispiace tanto, soprattutto perché le potenzialità c’erano tutte, sia sul fronte dei testi che su quello dei disegni (un Capullo da antologia riesce a risollevare anche la scrittura un po’ loffia di Snyder degli ultimi numeri).
Ciò non toglie che si tratti di qualcosa di oggettivamente superiore alla media e che brilla di sicuro, assieme agli Ultimates di Hickman e a poche altre cose, nell’attuale mediocrità panorama supereroistico americano.