Spesso nei fumetti di supereroi ci è capitato di vedere i classici poliziotti che si ritrovano a fare da spettatori a epiche battaglie, oppure a rappresentare la legge, a cui però gli stessi supereroi sono spesso immuni. È d’obbligo fare l’esempio dell’Uomo Ragno, il cui lavoro non è ostacolato più di tanto dalla polizia, nonostante sia spesso considerato un ricercato a tutti gli effetti.
Brian Michael Bendis, prova a mostrarci il mondo dei supereroi, proprio dal punto di vista dei poliziotti, aggiungendo al classico fumetto noir, un’insolita tipologia di fumetto supereroistico. Sto parlando della serie a fumetti che l’ha reso famoso, ovvero Powers, di cui oggi recensisco il primo volume: Chi ha ucciso Retro Girl?.
L’intera serie racconta le vicissitudini di due agenti della omicidi, Christian Walker e la sua nuova partner Deena Pilgrim. Il loro primo caso insieme, vede come vittima l’amatissima supereroina Retro Girl, uccisa in modo del tutto inspiegabile, visti gli incredibili poteri di quest’ultima. I sospetti ricadono sui “colleghi” supereroi, anche se i risultati ottenuti dai due agenti sono piuttosto miseri. Ma i problemi dei due protagonisti vanno oltre il caso a cui lavorano. Infatti l’agente Walker nasconde qualcosa; e la sua partner ne è a conoscenza.
Il punto di forza della serie è l’atmosfera puramente noir, dove trai palazzi di un’oscura città si cela un mondo marcio e pieno di misteri. Il fumetto è comunque ambientato ai giorni nostri, quindi non mancano battute volgari e un linguaggio gergale presente in tutta la serie.
L’inserimento dei supereroi, che a prima vista può sembrare una scelta incoerente (come degli alieni nel vecchio west), si rivela particolarmente azzeccata.
Bendis con Powers ci mostra sia dei supereroi invincibili, considerati delle divinità agli occhi dei cittadini, che quelli più umani, che ancora i classici supereroi con superproblemi che spesso sono i colpevoli degli omicidi presenti nella serie. Questa mescolanza, non fa altro che fornire molti spunti per decine di storie che, in linea di massima, risultano avvincenti. Alcune più intricate di altre, ma quasi tutte rendono la lettura molto scorrevole, nonostante la ricchezza di dialoghi faccia presumere il contrario.
La presenza di Bendis si nota chiaramente dalla già citata quantità di dialoghi, dal linguaggio gergale e dai personaggi realistici sia nei comportamenti, che nella psicologia. Questi ultimi potrebbero essere meglio approfonditi nel primo volume, ma è difficile non apprezzare i contrasti inseriti da Bendis. Deena Pilgrim è una donna piuttosto bassa e magra, ma ha un carattere duro e deciso, mentre Christian Walker ha la stazza di un giocatore di football, eppure è paterno e gentile nonostante i segreti che nasconde.
Anche se in questo primo volume vediamo tracce del Bendis che conosciamo, abbiamo davanti un autore ancora inesperto, che tende a ispirarsi palesemente alle vecchie glorie di Frank Miller. Le immagini televisive che accompagnano il volume le abbiamo già viste ne Il ritorno del Cavaliere Oscuro, mentre due fondamentali pagine dell’albo omaggiano palesemente Sin City sia nello stile del disegnatore, che nella configurazione delle tavole.
La ricchezza dei dialoghi, che spesso è simbolo del monopolio dello sceneggiatore, lascia spazio anche ad una grande bellezza visiva, nonostante sia anch’essa attribuibile a Bendis che adotta una disposizione delle vignette originale e intelligente.
Un esempio lampante è rappresentato dal numero due, dove alcune scene televisive fanno da cornice alle vicende dei protagonisti, dando vita a delle tavole tanto insolite quanto belle.
Questa bellezza visiva non sembra favorita dalle doti tecniche del disegnatore. Oeming, infatti, ha un tratto troppo semplice, dovuto probabilmente al lavoro che Bendis gli ha sottoposto. Parliamo, a volte, di dieci vignette a tavola, che per un disegnatore è prova di tanto impegno. Ciò non toglie, che uno stile più dettagliato e realistico avrebbe giovato, visto che, come ogni noir che si rispetti, la bellezza del paesaggio assume carattere fondamentale.
Per concludere, mi sento di consigliare vivamente la serie Powers, non solo agli amanti dei polizieschi, ma anche a tutti coloro che vogliono assaporare un fumetto del vero Bendis. Perché il miglior Bendis è quello indipendente che non è legato a un prodotto prestabilito, ma che si diletta nella creazione di un suo mondo, dei suoi personaggi e delle sue intricate trame, e posso confermarvi che Powers è un suo riuscito esperimento.
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