Viaggio a Twin Peaks cap.1

di Angelo Scuderi

Noi, pubblico, siamo il figliol prodigo di un padre morto. Siamo i figli che hanno tradito Twin Peaks e speriamo di ricevere il perdono dalla serie. Purtroppo Twin Peaks è morto quando è stata rivelata l’identità dell’assassino di Laura Palmer ed adesso non c’è possibilità di tornare indietro, se non col rischio di cancellare l’intera storia, proprio come succede quando un ostinato Agente Cooper salva Laura Palmer nella foresta alla fine della terza stagione.
Le tende della loggia sono già chiuse da tempo e vederle ancora una volta svolazzare al vento non è altro che rivolgere lo sguardo altrove, per non accettare la cruda realtà.
Quando Twin Peaks fu presentato al pubblico a cavallo fra il 1989 ed il 1990, la febbre maniacale della televisione era diventata una domanda epidemica: “Chi ha ucciso Laura Palmer?”.
Trent’anni dopo, possiamo chiederci se quella fosse la domanda giusta da porre, perché sentiamo nell’aria che soffia fra gli alberi e nella luce che scorre di palo in palo, che Twin Peaks cela un mistero più grande, così misterioso da non poter nemmeno sapere quale sia la sua formulazione, ma con la sola consolazione di poter intuire la sua presenza.
Come si può parlare del mistero del mistero stesso? E’ un mistero. Eppure, a parere di molti, fra le altre cose, Twin Peaks sarebbe il codice di qualcosa di più grande dell’identità dell’assassino di Laura.
In questa serie di articoli vorrei essenzialmente comprendere chi o cosa è JUDY, la misteriosa creatura alla quale ci si rivolge spesso come fondamentale per la comprensione della storia e svelare infine il vero mistero di Twin Peaks.
Il modo migliore per farlo? La serialità, il cliffhanger, la suspance, che vorrei riportare in vita, almeno in questo tentativo finale di tradire le intenzioni di David Lynch. Di cosa sto parlando, vi chiederete. Immergetevi in questo mistero e, fidatevi, non ve ne pentirete.

Cosa succede quando accendiamo un televisore di una volta?
«Sia la luce!» scrissero una volta da qualche parte; ed è proprio così che si apre la sigla del telefilm nella sua terza stagione, quella del 2017, poco più di 25 anni dopo l’ultima messa in onda del film prequel Fire Walk with Me. Allo stesso modo, è con uno statico televisivo, un rumore di luce ronzante e la scritta Frost/Lynch production che si chiudeva ogni puntata nella serie originale (tranne una in realtà, ma ne parleremo).

Nella sigla del 2017, una lampadina che si accende ronzante su uno sfondo in bianco e nero presenta la casa di produzione Rancho Rosa. E’ il via dell’azione, comincia lo spettacolo, il fascio di elettroni fra anodo e catodo viene riflesso sullo schermo fluorescente televisivo. La foschia si dirada e viene mostrata una sovraimpressione dell’unica e sola Laura Palmer: «She’s the one», disse la Signora Ceppo in una delle presentazioni alle puntate incluse nella versione dvd dell’opera. Intorno a Laura Palmer gira la storia, intorno a Laura Palmer gira la risoluzione e la verità.

Le alture delle foreste e le cascate gemelle nello stato di Washington vengono mosse dalle folate del vento dello spirito del tempo, lo Zeitgeist, che sigla l’interpretazione più condivisa degli eventi.
Ed ecco le tende rosse del teatro della Loggia che aprono all’azione del telefilm ed il pavimento a zig zag, come onde radio, bianche e nere, ci regalano la storia di Twin Peaks e ce la presentano, la portano dritta dritta nelle nostre case. Comincia la finzione. Fin qui preferisco presentare le tesi, per le quali proverò nei prossimi articoli a fornire delle prove.
Twin Peaks è una serie tv consapevole di esserlo. «Noi viviamo dentro un sogno» è una frase detta per la prima volta nel film nientedimeno che dallo Starman, David Bowie, e ripetuta (come se non bastasse) nel finale della terza stagione con una voce raccapricciante ed una sovraimpressione allucinata dell’agente speciale Dale Cooper, che sembra osservare la scena televisiva, di cui dovrebbe far parte.
Il fatto che la scena di Twin Peaks si svolga nei pressi di una segheria, inoltre, dovrebbe far riflettere. Nella versione italiana è più difficile rendere l’allusione, ma in quella inglese il riferimento è lampante. Immagini di tronchi tagliati vengono riprese spesso, anche e soprattutto nella sigla originale. In inglese “tagliare legna” si può dire sawing logs, i ceppi, così ricorrenti nella serie.
Proviamo a testare la tesi: a chi è abituato a vedere cartoni animati americani è sicuramente capitato di vedere che, quando un personaggio si addormenta, nella nuvoletta vicino alla sua testa si forma l’immagine di una sega che taglia un ceppo. Questo perché sawing logs in inglese è un modo per dire russare e soprattutto sognare. Il suono dovrebbe rasentare quello di un uomo che russa nella finzione analogica.
Stiamo vivendo un sogno, quindi? Perché i personaggi ripetono di vivere dentro un sogno, spesso in momenti di spannung? Qual è il sogno e soprattutto Who’s the Dreamer? Chi è il sognatore?

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