TWR la (psico)analisi di Solo, che non è una sola

Senza gli squilli di trombe che di solito accompagnano i film di Star Wars e con degli incassi sotto le aspettative, è arrivato in sala lo spin-off che racconta l’origin story di Han Solo. Ma se il chiacchiericcio del web sul film è un po’ sottotono, ben diversa è stata la risonanza che ha avuto nei mesi scorsi la tribolata produzione del film con mamma Disney che è andata un po’ in confusione. Ricapitoliamo cosa è successo.
Per prima cosa, mamma D. ha chiamato Lawrence Kasdan, il signore che ha scritto, tra la altre cose, L’Impero Colpisce Ancora (leggi: il miglior film della saga), e gli ha detto ‘senti Lawrence tu avresti voluto uccidere Han ne Il Ritorno dello Jedi ma Lucas ti disse di no. Noi ti abbiamo fatto scrivere Episodio VII così finalmente ti sei levato questo sfizio di ammazzare Han. Adesso vorresti raccontare le sue origini?’. Lui ha detto sì, mamma D. ha assunto pure suo figlio Jon Kasdan e fin qui tutto bene.
Poi mamma D. ha affidato la regia a Phil Lord e Chris Miller, che sono i due tizi che hanno diretto The LEGO Movie e, soprattutto, quei due piccoli capolavori dei film di Jump Street. Quindi due signori con un DNA palesemente comedy a cui, inoltre, piaceva far improvvisare agli attori sul set. Una roba tipo ‘la sceneggiatura? Chissene’. Mamma D. non era contenta.

Nel frattempo sono venute fuori delle perplessità sulle capacità recitative di Alden Ehrenreich, il tipo il cui cognome sembra l’onomatopea di un colpo di tosse con scatarrata che è stato scelto per interpretare il giovane Han. All’attivo il ragazzo aveva un solo ruolo di rilievo in Ave, Cesare! dei Coen, film in cui, guarda tu il destino, vestiva i panni di un aspirante attore che non sapeva recitare.


– sono qui i provini per il film su Han Solo?- 

Insomma, a mamma D. la situazione stava sfuggendo di mano e così è andata da Lord e Miller a cercare di rimetterli in carreggiata. Ma loro non l’hanno presa bene…

E così i due sono stati silurati e sostituiti a tempo record da un tipo preciso ed affidabile che mettesse su pellicola la sceneggiatura così com’era scritta sul copione: Ron Howard.

Questa necessaria premessa per dire che un film con una gestazione così tribolata avrebbe potuto facilmente avere grossi problemi di crisi d’identità. E invece no, Solo: A Star Wars Story è un bel film d’avventura, con parecchie apprezzabili scelte narrative. Il punto di maggior interesse del film, infatti, è proprio legato alle location ed alle situazioni che i due Kasdan hanno pensato per questo nuovo angolo della galassia di Star Wars in cui ci sono parecchi easter egg che rimandano anche all’expanded universe extra filmico della saga. Predoni à la Mad Max, assalti al treno, nuove organizzazioni criminali e miniere di schiavisti fanno da sfondo all’ascesa di questo inedito Han. Ma sta proprio qui il più grosso – ma tuttavia inevitabile – equivoco del film: quel giovanotto che, nel tentativo di diventare un pilota, diventa amico di un gigantesco wookie, si fa una gran fatica a percepirlo ed identificarlo come Han Solo. O meglio: neanche per un secondo vi sembrerà quello stesso personaggio lì che conoscete da 20-40 anni (la forbice dipende da quanto siete vecchi). Non è solo colpa della fisicità o delle doti attoriali di Ehrenreich (salute!) ma, semplicemente, nessuno può reinterpretare Han, così come nessuno potrebbe reinterpretare Indiana Jones, senza essere messo a confronto con Harrison Ford e perdere 6-0 6-1.

Finora nell’universo filmico di Star Wars non abbiamo assistito ad alcun recast di livello. L’Obi Wan di Ewan McGregor presentava un personaggio 50 anni più giovane, mentre per casi in cui l’età anagrafica doveva “combaciare” si è preferita la CGI (vedi Leia e Tarkin in Rogue One). Ovviamente non c’era una soluzione a questo problema ed era un aspetto che i tipi di Lucasfilm e mamma D. dovevano mettere in conto nel momento in cui hanno messo in cantiere il film. Ma, per quanto abbia apprezzato davvero tanto Solo: A Star Wars Story, ho un po’ come la vaga sensazione di aver assistito ad un what if, ad un reboot o alla storia del cugino di terzo grado Han.

Discorso diametralmente opposto per Lando. Donald Glover è un artista grossissimo, forse nel punto più alto della sua carriera: dopo essere stato lanciato da Community, oggi Atlanta, la serie che scrive ed interpreta, è una delle comedy più apprezzate del panorama televisivo attuale. Senza dimenticare che il suo alter ego rap Childish Gambino sta avendo un impressionante picco di popolarità internazionale con il singolo This Is America. É uno che ha dimostrato di saper fare quasi di tutto nel mondo dell’intrattenimento e la sua versione di Lando Calrissian funziona dannatamente bene (non me ne vorrà Billy Dee Williams, a lui comunque gli si vuol sempre un gran bene bene).

A proposito di buone interpretazioni, merita due parole anche Woody Harrelson (nel film è Tobias Beckett, il mentore di Han), un attore che, soprattutto ultimamente, si mangia letteralmente la scena in ogni sua apparizione.

Quindi: bella storia, un protagonista appena sufficiente circondato da un ottimo cast e, last but not least, una regia efficace e pulita. Il lavoro di Ron Howard, che ha raccolto parecchie tirate d’orecchio dalla critica (a mio modo di vedere immotivate), ha dato vita ad un film equilibrato che mantiene un discreto ritmo per tutte le sue due ore di durata. Un buonissimo spin-off che magari non convince quanto Rogue One (che, furbescamente, aveva un cast di protagonisti 100 % inedito) per il difetto di cui sopra: quel giovanotto lì non è il buon vecchio Solo ma è solo Alden Ehrenreich (salute!). E non potrete non notarlo.

Dopo l’immancabile link alla mia pagina Facebook (fateci un salto), qualche considerazione in ordine sparso sul film (stavolta CON SPOILER).

Il vestito da schiavista che indossa Beckett sul pianeta miniera è lo stesso che Lando usa per camuffarsi nel palazzo di Jabba ne Il Ritorno dello Jedi.

K2-SO >>>>>>> L3

Dryden Vos ha litigato con il gatto?

La. Fottuta. Rotta. Di. Kessel. In. Meno. Di. 12. Parsec.

Il colpo di scena di Darth Maul è da applausi. Se vi state chiedendo come faccia ad essere lì, allora forse dovete dare un’occhiata a The Clone Wars (una serie che, a dispetto di una grafica forse troppo cartoonesca, ha i suoi gran bei momenti).

Han spara per primo per la prima volta.

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