TWR la (psico)analisi di Infinity War: Thanos da morire

Un po’ come quelle serie TV seguitissime dal pubblico che, dopo programmazioni pluriennali, giungono finalmente al climax e, dunque, al finale di serie, i 10 anni di storie del Marvel Cinematic Universe sono arrivati all’epilogo.
“MA CHE STAI DICIENDOH! LA MARVEL FARÁ TANTISIMI ALTRI FILM! INIORANTEH!!!1!”
Certo, ci sono tanti altri film alle porte, ma quello che Infinity War doveva fare – e, onestamente, avevo il timore che invece non avrebbe fatto – era tirare le fila del più complesso ed ambizioso franchise cinematografico mai realizzato (seppur non esente da difetti, talvolta anche belli grossi) dando una sensazione di chiusura a storie che finora sono sempre state propedeutiche l’una all’altra. 

Per riuscire bene Infinity War aveva bisogno di tre ingredienti: un villain credibile, momenti di pathos ed una sana dose di epica.


– Villain, pathos, epica –

Tre elementi in cui spesso i film Marvel Studios hanno difettato, restando vuoti giocattoloni colorati con uomini in calzamaglia che si menavano. L’esempio più rappresentativo fu Age of Ultron: un villain bidimensionale al centro di un film che aveva meno pathos ed epica di una riunione di condominio. Un film in cui una città esplodeva in cielo senza che morisse on screen nemmeno il cane del vicino ed in cui un uomo che aveva creato un robot genocida aveva gli stessi sensi di colpa di uno che è andato a mangiare la pizza di martedì mentre è a dieta.

Perché ok, vedere superbotte tra supereroi è catartico e la categoria film spegni-cervello ha un suo fascino – è per questo che andiamo al cinema a vedere i Transformers di Bay o Fast & Furious che, per certi versi, è diventato più meravigliosamente eccessivo persino dei cinecomic – ma ci vuole ben ̶A̶f̶f̶l̶e̶c̶k̶ altro per fare un film generazionale, uno di quelli che venga ricordato come uno dei migliori del suo genere. Infinity War è il film Marvel Studios che meglio di tutti è riuscito a portare sullo schermo lo spirito tamarro dei fumetti di supereroi, riutilizzando nel migliore dei modi elementi della saga dell’Infinito di Starlin (lo sceneggiatore con cui l’MCU ha il maggior debito di riconoscenza, e non solo per questo film) con altri di storie più recenti come quelle di Jonathan Hickman (tutti i galoppini di Thanos, l’Ordine Nero, vengono proprio da lì).
Il risultato è che il terzo film MCU diretto dai fratelli Russo (dopo Winter Soldier e Civil War) è un maxi-crossover cinematografico così ben gestito che inzuppa nel latte pure un biscottone come il primo Avengers di Whedon.

Thanos è il villain pazzesco che avrebbe dovuto essere, ed è il vero protagonista del film. Ha delle motivazioni ed una filosofia tali da renderlo così credibile che, in certi momenti, fai il tifo per lui. Un personaggio così grosso che riesce a derubricare quasi tutti gli altri eroi su schermo al ruolo di mere comparse. Il Cap di Chris Evans, nonostante sia stato privato dello scudo (che, essendo più espressivo di lui, lo ha sempre messo in secondo piano nei precedenti film) fa tappezzeria. E con lui molti altri.


– Essere uno scudo o non essere uno scudo. Questo è il problema. – 

A salvarsi dallo strapotere scenico di Thanos, il solito Robert Downey Stark ed il Thor di Chris Hemsworth, uscito dalla cura Ragnarok come un personaggio molto più tridimensionale. Discorso a parte meritano i Guardiani della Galassia i cui dialoghi sono stati scritti dal loro papà cinematografico, James Gunn. I Guardiani sono la cosa più spensierata e divertente che l’MCU abbia da offrire e le famose “battutine ihihih”, marchio di fabbrica talvolta imbarazzante dei film Marvel, quando riguardano loro si confermano, invece, momenti di buona commedia con tempi comici perfetti.

Il film poi è una lunga sequenza di spettacolari battaglie che si spostano dallo spazio al Wakanda passando per NY, in cui le strade di tanti eroi si incrociano per la prima volta mentre altre si separano. Ma, soprattutto, Infinity War è un film che ha sia uno sviluppo imprevedibile, che il finale giustamente drammatico che avrebbe dovuto avere, in barba alla solita politica family-friendly della Disney ed al bambino seduto nella poltroncina dietro alla mia che al cinema gridava “strisce a culi! strisce a culi!”. L’attesa per il quarto film degli Avengers (uscita maggio 2019) è davvero tosta.

In chiusura una piccola riflessione: l’internerd, all’uscita di ogni film di supereroi, diventa un’arena in cui fanboy ed hater si scontrano senza mezze misure con accanimento da tifosi. Ecco, stavolta – forse vestendomi io stesso da fanboy – vi dico che se Infinity War non vi è piaciuto, allora probabilmente i film di supereroi non fanno per voi. Cos’altro si può chiedere ad un film le cui premesse sono: ‘un tiranno spaziale arriva sulla Terra per trovare delle pietre magiche grazie alle quali vuole eliminare metà degli essere viventi dell’universo dal piano dell’esistenza. A lui si opporrà un gruppo di eroi composto da un mago, un uomo con un’armatura iper-tecnologica, una divinità norrena, un procione parlante etc. etc.’? Aprite gli occhi, siete andati a vedere questo: minaccia di livello estinzione contro combriccola di uomini in tutine colorate, martelli magici ed animali parlanti.
Io detesto i cinepanettoni ed odio con tutto me stesso le commedie romantiche ed i film con Paola Cortellesi. Non vado al cinema a vederli e vivo meglio. E allora vi invito a guardarvi allo specchio e porvi la marzulliana domanda: la vita è sogno o i supereroi aiutano a vivere meglio?

Per oggi è tutto. Io vi saluto e vi aspetto su Facebook per fare 4 chiacchiere su Infinity War.

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