Adattare per il cinema o la televisione un’opera nota ed amata dal pubblico è sempre un grosso rischio. E questo è anche il caso di American Gods, celeberrimo e stracelebrato romanzo di Neil Gaiman che ha venduto centinaia di migliaia di copie in tutto il mondo ed ha ricevuto i tre più importanti riconoscimenti della letteratura fantasy: il premio Nebula, il premio Hugo ed il premio Bram Stoker.
Nonostante la fisiologica adattamentofobia, stavolta nell’internerd circolavano parecchie good vibrations sulla serie TV di American Gods, prima di tutto per i nomi coinvolti: intanto lo stesso Neil Gaiman nei panni di produttore esecutivo e poi, a fare da showrunner, Bryan Fuller il papà di quel visionario capolavoro grondante sangue di Hannibal, una serie televisiva che, se ve la siete persa, beh peggio per voi. Ad affiancare Fuller c’è un altro nome pesante quello di Michael Green, uno che in questo 2017 ha già fatto centro con la sceneggiatura dell’eccellente Logan di James Mangold ed ha scritto altri due film in uscita per cui tutti incrociamo le dita: Alien Covenant e Blade Runner 2049. Questa premessa per dire che le fondamenta su cui si basa American Gods sono solide come quelle di un grattacielo giapponese.
Perciò, quando il primo maggio 2017 ti svegli di buon mattino sei già contento perché, nonostante sia lunedì, non si lavora. Poi accendi la TV e su Amazon Prime Video trovi in contemporanea con gli USA il primo episodio di American Gods già doppiato, allora vuol dire che davvero il mattino ha l’oro in bocca.
A maggior ragione appena ti rendi conto che American Gods è ESATTAMENTE quello che ti saresti potuto aspettare. É come vedere scena per scena il romanzo prendere vita in TV unendo la delicatezza onirica di Neil Gaiman all’estetica raffinata e cruenta di Bryan Fuller. Un cocktail perfettamente bilanciato fatto di purissimo Gaiman agitato, non mescolato con schizzi di sangue rosso vivo di Fuller.
E quei momenti che Gaiman, con le sue straordinarie abilità di narratore, ha proiettato nella mente dei lettori sono stati plasmati in modo incredibilmente fedele per la TV. Vedi, su tutte, la memorabile scena con protagonista (la vagina di) Bilquis.
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Grande merito di questa verosimiglianza col materiale sorgente va attribuita anche al direttore d’orchestra dell’episodio pilota David Slade, già regista di parecchi episodi proprio di Hannibal ed attualmente al lavoro su un episodio della quarta stagione di Black Mirror, ed alle interpetazioni dei protagonisti. La piacevole sorpresa Ricky Witthle nei panni di Shadow Moon e la monumentale conferma Ian McShane: il suo mister Wednesday si impone sin da subito come l’assoluto mattatore della serie.
Insomma il viaggio per gli States di Shadow e Wednesday è iniziato nel migliore dei modi e, mettetevi comodi, perché potrebbe rivelarsi parecchio lungo. Gaiman, infatti, ha dichiarato all’Hollywood Reporter che la prima stagione da 8 episodi adatterà appena la prime 100 pagine del romanzo (che di pagine ne ha 500). Dunque, c’è materiale per almeno 5 stagioni e, come se non bastasse, ha aggiunto di avere intenzione di scrivere un sequel del romanzo nell’immediato futuro.
Ma la longevità della serie non deve spaventare: Gaiman e Fuller si prenderanno esattamente il tempo che reputeranno necessario per raccontare la storia nel migliore dei modi, di questo potete stanne certi. D’altronde Fuller, coi fatti, sta confermando che in questo momento lui e Noah Hawley (Fargo, Legion) sono i due migliori artigiani che la TV d’oltreoceano abbia a disposizione. Adattare così bene una storia di Gaiman rendendole onore non è da tutti e lui ci è riuscito. Le premesse per un cult ci sono tutte.
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