Oggi il franchise Fast & Furious è uno tra i più redditizi e inaffondabili marchi di Hollywood ma è opportuno fare un passo indietro e, per capire il successo di Fast 8, domandiamoci: come siamo arrivati a questo punto? Come siamo arrivati a Vin Diesel e The Rock inseguiti da un sottomarino nucleare teleguidato da Charlize Theron?
É il 2001 quando arriva i primo Fast & Furious, che in pratica è Point Break con gente che invece di andare sul surf corre in macchina: Paul Walker è Keanu Reeves e Vin Diesel è Patrick Swayze. Una roba trita e ritrita condita da auto rombanti, culi ondeggianti e musiche grezze. Il risultato, va ammesso, ha una sua dignità.
Il secondo film, 2 Fast & 2 Furious è invece uno tra i sequel più insignificanti della storia del cinema. Talmente insulso che, nonostante ci sia Eva Mendes, non ne viene mostrata neanche 1/4 di chiappa.
Non parliamo poi del terzo, Tokyo Drift, uno spin-off in cui un ragazzetto che crea troppi problemi a scuola, per rigar dritto viene spedito a vivere col padre… in Giappone (!!!). Il protagonista è un tale Lucas Black, sedicente attore con il carisma di uno che fa le televendite delle panche per addominali sulle TV locali. Il risultato è spazzatura, di quella brutta.
– I soldi del biglietto. Ridammeli. –
Ma in questo film c’è una cosa buona: il regista. Justin Lin da Taiwan, gran maestro nel girare adrenaliniche corse in auto, che dirigerà anche i successivi 3 film.
A questo punto il franchise pare caduto in disgrazia e l’unica strada per un ulteriore sequel può apparentemente essere un direct-to-video, cioè uno di quei film distribuiti solo per l’home video senza passare dalle sale cinematografiche. E INVECE NO. Succede infatti che Fast 4, inaspettatamente, sia un action movie degno di tal nome in cui ti rimettono assieme il cast del primo film più Gal Gadot ad aumentare il Fattore P (di Patata).
– Fattore P –
Nel successivo ci infilano i comprimari di F&F2 (Tej e Ramon Pierce interpretati rispettivamente da Ludacris e Tyreese Gibson) e pure un giappo di Tokyo Drift (Han). Se ne vanno tutti in Brasile inseguiti da The Rock e quella patata di Elsa Pataky e succede la magia: ecco gli Avengers delle corse in auto, tenuti insieme da un uomo, Dominic Toretto (Vin Diesel), uno che non fa altro che parlare di famiglia ma pensa solo a due cose: correre in auto e ficcare. Fast 5 è il punto di svolta, un heist movie che osa oltre l’inverosimile aprendo una nuova fontiera per il franchise.
Potenzialità che vengono ulteriormente amplificate in Fast 6, un film che non può non essere ritenuto U.N. C.A.P.O.L.A.V.O.R.O. T.O.T.A.L.E. La semplice ricetta Corona ghiacciata, corsa in auto e culi è sorpassata. Ormai non ci sono più limiti all’Ignoranza™. Guardare la scena con l’inseguimento del carro armato sul viadotto equivale a farsi iniettare la famosa dose di adrenalina nel cuore da Vincent Vega, per non parlare dell’assalto all’aereo cargo che chiude il film.
Applausi, scroscianti ed interminabili applausi.
Arriviamo a Fast 7, qui Justin Lin cede il testimone a James Wan. E, se in un motore che romba già a pieni giri, ci metti dentro Jason Statham e Kurt Russell e lanci delle auto sportive prima col paracadute e poi le fai volare tra un grattacielo e l’altro, vuol dire che non hai più limiti. Hai vinto e con arroganza continui a vincere.
Questa lunga e doverosa premessa conferma che il cinema è proprio strano se ad Hollywood sono riusciti a creare un franchise iper-redditizio pur partendo da un film tutto sommato banale con due sequel indegni.
In pratica Fast & Furious è la conferma che dalla merda nascono i fiori.
E così, sull’onda lunga del successo, arriva Fast 8 (anche noto come The Fate of The Furious) e, con l’ingresso in scena di Charlize Theron sottoposta ad un evidente trattamento stira & ammira in un ruolo che sa molto di cattivone da film di 007, il precendete villain Jason Statham entra a far parte del team (anzi della “famiglia”) per bilanciare il misterioso tradimento di Toretto.
– super amici –
Ci sono pugni & corse in auto, bicipiti & canottiere, sparatorie in cielo e in terra… è come andare a strafograsi di hamburger di quelli buoni, birra artigianale e patatine tagliate al coltello: è una scorpacciata di quelle che vi fanno gridare di gioa.
Volendo trovare un pelo nell’uovo, i registi dei precedenti film (Justin Lin in Fast 3, 4, 5, 6 e James Wan in Fast 7) avevano fatto un lavoro decisamente più pulito nelle sequenze più rappresentative dei rispettivi film, mentre Felix Gary Gray, già regista di The Italian Job al debutto nel franchise di F&F, ha spezzettato troppo i momenti più adrenalinici del film con frequenti primi piani dei protagonisti alla guida e repentini cambi di camera.
– incidenti un tanto al chilo –
Fast & Furious 8 è esattamente quello che ci si aspettava: il motore sfrontato ed ignorante di un b-movie, la carrozzeria ultrapatinata di un blockbuster hollywoodiano ed alcuni dei più iconici attori del panorama action al volante. Il risultato sono due ore e un quarto di adrenalina, divertimento, corse in auto e situazioni ben oltre il limite del surreale e quando The Rock devia un siluro con la sola forza del suo braccio sinistro, da quel momento in poi la vostra qualità della vita non può che migliorare. Fast 8 è uno di quei film che fa bene all’anima.
– The Rock fa bene all’anima –
E se vedere una Lamborghini arancione fluo sfrecciare su un lago ghiacciato inseguita da un sottomarino nucleare non vi fa venire un’erezione… beh, è un problema vostro. L’unica domanda che mi pongo è: cosa potranno inventarsi adesso? Toretto affonderà una portaerei con la sua Dodge Charger o si butterà in un buco nero supermassivo per salvare il multiverso? Lo scopriremo tra due anni con Fast and Furious 9.
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4 commenti su “TWR la (psico)analisi di Fast & Furious 8 e la parabola dell'Ignoranza™”
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