Visione aveva pensato di poter mettere su famiglia.
Una famiglia felice e normale.
Era solo una questione di calcolo.
In tre periodi ecco la sintesi del plot di Visione di Tom King, un fumetto Marvel che, a differenza della disfunzionale famiglia Visione, funziona alla grande.
Tom King nel 2000 era l’apprendista di Chris Claremont e, all’età di soli 21 anni, aveva già venduto la sua prima storia alla Marvel per 300 dollari (si trattava di una storia di Black Knight). Proprio quando la sua vita professionale nell’industria dei fumetti sembrava stesse per incanalarsi sui giusti binari, Claremont lasciò la Casa delle Idee (per la seconda volta) e, complice l’11 settembre, King mollò tutto per diventare un agente dell’antiterrosimo della CIA. Ma, come insegna Rust Cohle, ‘la vita è un cerchio piatto’ ed era solo questione di tempo prima che King tornasse alla sua prima vocazione, e così la nascita del primo figlio e la pubblicazione del suo primo volume A Once Crowded Sky lo hanno riportato “a casa”. Oggi, per il mondo dei lettori di fumetti, il nome di Tom King è sbucato dal nulla ed esploso, in brevissimo tempo, in modo fragoroso inanellando un tris di lavori acclamati dalla critica: Omega Men per DC, The Sheriff of Babylon per Vertigo e, appunto, Visione per Marvel. Fumetti grazie ai quali ha completato una fulminea scalata che lo ha portato a sostituire Scott Snyder al timone di Batman.
Il plot che King ha pensato per Visione è una perla di moderno decostruzionismo supereroistico. La demolizione del mito del supereroe affonda le sue radici negli anni ’80, chi mastica fumetti lo sa bene. É quello il periodo in cui i viene portato allo scoperto lo stridente contrasto tra superesseri e modelli di società plausibili: il primo esperimento fu lo Squadrone Supremo di Mark Gruenwald, cui fecero seguito Watchmen ed Il Ritorno del Cavaliere Oscuro. Negli anni successivi il filone decostruzionista è continuato con Warren Ellis e, per restare in ambito Marvel, con altri riusciti esperimenti come l’estremizzazione degli vendicatori che ha reso celebri gli Ultimates di Mark Millar o l’irriverenza dell’X-Statix di Peter Milligan, antesignano del voyeurismo da reality e social che ci avrebbe travolti di lì a poco. Questa premessa per arrivare a Visione: un modo del tutto nuovo di fare a pezzi il mito delle super-tutine. Visione è un androide (i più pignoli di voi storceranno il naso perché è un sintezoide, ma la sostanza non cambia) e questo ha dato a King lo spunto per creare una storia dal sapore unico. La differenza, macroscopica, rispetto al passato è che qui non viene smantellata l’aura di perfezione di un uomo con dei superpoteri, qui a fallire è un intelligenza artificiale e gli slanci di egoismo di Visione, ostinato nel portare avanti il suo progetto familiare, sono decisamente dissonanti con la calma piatta fatta di pragmatismo e logica che caratterizza il suo abituale modus operandi.
Potreste giustamente obiettare che il tema della presa di coscienza da parte delle I.A. è stato sviscerato a più riprese in praticamente tutti i media, a partire da Gli Androidi Sognano Pecore Elettriche? di Dick a cui è ispirato quell’assoluto capolavoro di Blade Runner, passando per 2001 Odissea Nello Spazio, Io,Robot ed arrivando alla TV con Battlestar Galactica fino ai fumetti con Descender e via dicendo… Nessuno, però, aveva fatto quello che ha fatto King, cioè simulare un nucleo familiare sintentico contestualizzandolo nella società di oggi, ed arricchendo il tutto con un quadro di contorno rappresentato da una mitologia supereroistica ben conosciuta. A proposito: Visione è un fumetto che, in più di un’occasione, strizza l’occhio ai patiti della continuity ma che ha un’accessibilità totale anche per un casual reader Marvel.
E così Visione ha messo su famiglia: ha una moglie che recita il ruolo della casalinga disperata (Virginia) e due figli adolescenti (Viv e Vin) iscritti in una classica high school americana, lavora per il presidente degli Stati Uniti e vive in una villetta monofamiliare con garage e prato all’inglese nella cittadina di Arlington, nei sobborghi di Washington. I Visione vorrebbero essere una famiglia modello ma sono soltanto un modello di famiglia, un’imitazione inevitabilmente disfunzionale in cui King dissemina qua e là campanelli d’allarme.
Visione, ne sono certo, diventerà metro di paragone in casa Marvel per molti futuri lavori pensati fuori dai soliti schemi narrativi ed è un fumetto che, più in generale, fa riflettere sulle potenzialità del genere supereroistico. Un genere che non deve appiattirsi e diventare soltanto fumetto d’avventura e d’evasione, ma che deve offrire alcune variazioni sul tema in quel mare di rilanci e crossover finalizzati ad acchiappare il maggior numero di lettori possibile. Visione è un esperimento fortunatissimo, una voce fuori dal coro come lo era stato un paio d’anni fa l’Occhio di Falco di Fraction ed Aja e grande merito dell’eccellente riuscita della serie va anche a Gabriel Hernandez Walta, recente disegnatore del Magneto di Cullen Bunn, la cui prova su Visione è superlativa.
Visione è un gioiello di storytelling per immagini, con dei tempi narrativi cadenzati alla perfezione, spash pages posizionate in modo strategico, dialoghi asciutti e metallici come si conviene ai suoi protagonisti, ed un plot semplicemente geniale che gli consente di tramutarsi in una storia con un dietro le quinte quasi horror. Un disturbante viaggio nella vita di una famiglia di androidi che sarebbe un perfetto episodio di Black Mirror, la distopica serie TV antologica di Charlie Brooker.