Avere tra le mani questo volume, non significa soltanto accingersi a leggere un fumetto di livello, ma vuol dire, piuttosto, addentrarsi in una delle più affascinanti opere illustrate che siano mai state ideate.
D’altro canto, non potrebbe essere diversamente quando si incontrano (per la prima volta) l’assoluto talento narrativo di Hugo Pratt e la potenza illustrativa di Milo Manara, dando vita a ciò che, senza paura di smentita, posso definire “arte universale”.
Definendo “universale” il livello artistico espresso da quest’opera, intendo sottolineare come, a prescindere da chi sia il fruitore della stessa, questi non potrà esimersi dal considerarla come arte in senso puro. Il lettore, infatti, sin dalle prime tavole (peraltro prive di dialoghi o didascalie) è rapito dalla limpidezza dei disegni e dalle tinte pastello, e rimane quasi ipnotizzato dall’evolversi degli eventi che, attraverso un montaggio rapido, ma ragionato al tempo stesso, conducono istantaneamente, lo stesso lettore, allo svolgersi della vicenda.
La storia è ambientata nell’America coloniale dell’inizio del XVII secolo, immersa in un paesaggio rurale fatto di bianche spiagge, poste ai margini di fitte foreste; un paesaggio così magnificamente illustrato da farci davvero sognare a occhi aperti.
La trama si snoda attraverso le intricate vicende dei Lewis, nucleo familiare esiliato rispetto alla comunità locale, a causa di vecchie infamie di cui, si dice, si sarebbe macchiata anni prima la madre della famiglia. I Lewis, nonostante i disonori di cui vengono accusati, conducono un’esistenza tranquilla, in un casale posto a metà tra l’insediamento dei coloni e la riserva degli indiani della tribù degli Squando.
Lo stupro della giovane Sheva e la conseguente uccisione dei suoi assalitori indiani ad opera del cacciatore Abner Lewis, fanno, però, riemergere antichi dissapori, che conducono due popoli apparentemente pacifici alla cruenta battaglia tra indiani e coloni; una lotta sanguinaria che ha realmente imperversato in quelle terre per più di mezzo secolo.
In questa cornice, Pratt non si limita a narrare gli eventi storici che conducono allo scontro tra le due popolazioni. Il suo racconto disvela soprattutto le oscenità e le brutali violenze di quel dato momento storico, che si pongono in netta contraddizione con la (dubbia) moralità delle comunità puritane dell’epoca; una contraddittorietà evidenziata maggiormente dal lampante confronto con i rigidi dogmi degli indiani nativi. Le incestuose relazioni nate all’interno della piccola comunità e le morbose passioni che travolgono i protagonisti di quest’opera, infatti, pongono l’accento sulle ipocrisie che si celano dietro l’apparente perbenismo che domina la comunità colonica e, in particolare le sue istituzioni religiose.
Non solo. Ma l’opera di Pratt e Manara è anche un confronto tra due tradizioni, tra due culture e tra due popoli che dividono la stessa terra. Un raffronto dal quale emergono, non soltanto le differenti caratteristiche sociali, culturali e religiose, ma anche inevitabilmente le discordanti vedute sul piano puramente morale ed etico.
Fondamentale è l’apporto di Manara, che, oltre alle pregevoli illustrazioni, aggiunge all’opera degli inaspettati profili di sensualità, attraverso le celebri componenti erotiche e morbose, tipiche della sua produzione, e rarissime, invece, in quella di Pratt.
VOTO 9
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