“A Good Death? There’s No Such Thing…”
Un’epopea durata trent’anni. Era il marzo del 1986 quando Frank Miller si apprestava a lasciare indelebilmente il segno nella storia del fumetto con Il Ritorno Del Cavaliere Oscuro, una delle più grandi storie sul Crociato Incappucciato mai pubblicate. Ambientato vent’anni in quel futuro passato, DK rivoluzionò il modo di narrare Batman portandolo all’estremo e presentando una delle riflessioni più toccanti ed intense sul ruolo del vigilante gothamita. Un epico e simbolico ritorno per un personaggio rinnovato e diverso.
Passarono ben quindici anni prima di The Dark Knight Strikes Again, controverso sequel interpretato dal pubblico come la reazione milleriana all’11 Settembre. Sebbene non apprezzato quanto il precedente capitolo, DK2 è stato un folle e profondo viaggio nella contorta mente dell’autore e nelle sue idee sulla Justice League e sul supereroismo in generale. Un insight sull’evoluzione della mente batmaniana incredibilmente shockante.
E dopo quell’enigmatico All Star Batman & Robin The Boy Wonder, pubblicato quattro anni dopo DK2, Frank Miller torna sul Crociato Incappucciato per espandere ulteriormente il Mythos dell’Uomo Pipistrello. The Dark Knight 3: The Master Race parte immediatamente con un radicale cambiamento: ad accompagnare il leggendario scrittore ci sono l’italo-americano Brian Azzarello e le matite di Andy Kubert, oltre al sempreverde Klaus Janson.
Il mondo di DK3 si differenzia da quello dei suoi predecessori: il mood sporco e ruvido di DK1 e la schizofrenia di DK2 vengono in parte abbandonate per la creazione di un setting apparentemente più pulito, più moderno. Ambientato circa tre anni dopo The Dark Knight Strikes Again, l’ambiente in cui si svolge The Master Race è pervaso da smartphones e smart-media, specchio dell’epoca di costante connessione in cui viviamo. Il tocco di Azzarello si fa sentire: una narrazione meno dipendente dall’ambiente e dalle riflessioni dei personaggi, molto più votata a farsi guidare dagli eventi e dal plot impostato dal dinamico duo di scrittori.
DK3 #1 alterna omaggi al capolavoro del 1986, strizzatine d’occhio ai fan di lunga data, e timide dichiarazioni d’indipendenza che rendono incerta la vera natura di questo debutto. La dicotomia tra passato e presente è generalmente ben gestita da Azzarello, confermando la “Brian’s Version” dichiarata ultimamente da Frank Miller. Nonostante la caratterizzazione di Batman come una forza della natura, pericolosa e con un rigido ed infrangibile codice etico sia prettamente milleriana, l’azione street-level ed il mood noir sono palesemente opera dello scrittore italo-americano. L’equilibrio spesso vacilla, presentandosi al suo peggio come un semplice tributo a TDKR, ma sono soltanto brevi istanti in una issue di ottima qualità seppur non particolarmente solida.
Indipendentemente dal Cavaliere Oscuro, nascosto mattatore di questo primo capitolo, il cast di supporto della issue è ben caratterizzato e in grado di aprire le porte a numerosi subplot piuttosto interessanti: a partire dal Capitano Yindel alle prese con il ritorno di Batman, passando per la splendida Wonder Woman nel suo ruolo di madre e terminando con la teen-ager Lara Zor-El, impegnata nel disperato tentativo di riallacciare i rapporti con suo padre, Superman, intrappolato misteriosamente nella Fortezza Della Solitudine.
Per quanto gradevole e soddisfacente, il ritorno dell’epopea Milleriana è piagato dal male supremo del comics moderno: la decompressione. Se paragonato con i due precedenti best-seller, The Master Race soffre del formato da 28 pagine con una conseguente narrazione eccessivamente diluita se paragonata alla densità e alla compattezza dello storytelling a cui siamo abituati per questa saga. Niente di debilitante, la godibilità dell’opera fortunatamente non è intaccata, grazie anche ad un colpo di scena finale decisamente azzeccato.
L’artwork di Andy Kubert, Klaus Janson e Brad Anderson è tecnicamente ineccepibile, in grado di rievocare egregiamente il tratto di The Dark Knight Returns e di dare il meglio di sé nelle sequenze d’azione. Stellare il combattimento tra Wonder Woman ed un possente Minotauro, forse il picco artistico più alto raggiunto dalla issue. Nonostante questa qualità, è evidente la mancanza di quella profondità e di quell’eccesso tipicamente milleriano che ha caratterizzato i due precedenti lavori.
Frank Miller torna ai disegni nell’ottima backstory sul personaggio di Atom. Protagonista delle pagine più intense di tutto questo The Master Race #1, Ray Palmer attua una profonda riflessione sulla Justice League, sul ruolo degli eroi oramai scomparsi dalle scene e sulle personalità quasi divine che hanno lasciato le loro impronte sul mondo, paragonate successivamente ai semplici uomini in maschera. Scene emblematiche per l’intero DK-Universe ed un gran bel dito medio a tutti coloro che credevano morte e sepolte le capacità artistiche di Frank Miller, artefice di alcune tra migliori pagine della sua carriera.
Lontano dall’essere un’opera rivoluzionaria quanto i suo predecessori, The Dark Knight 3 The Master Race #1 è un debutto che mantiene egregiamente il peso dell’hype che gravava sulle spalle. Nonostante un netto cambio di rotta, il team creativo riesce a non deludere adattando quasi perfettamente l’universo di TDKR ai tempi moderni.