Dopo il grande (e meritato) successo di Daredevil, le attese per la seconda serie Marvel/Netflix erano altissime, pur trattandosi di un serial con protagonista un’underdog del roster di personaggi Marvel come Jessica Jones, antieroina creata sulle pagine di Alias, ottima serie del 2001 di Brian Michael Bendis e Michael Gaydos (una run di cui vi ho parlato qui e di cui vi consiglio, ancora una volta, la lettura).
In rete JJ ha avuto un riscontro molto positivo, e quasi tutte le recensioni ripetono, come un mantra ipnotico, gli stessi concetti:
1. E’ come un lungo film di 13 ore.
2. E’ cupo e noir, è cupo e noir!
3. Il colore viola è uno dei punti cardine (?)
Si ok, tutto vero ma… embé?
Jessica funziona innanzitutto perché Netflix nel programmare la scaletta delle release del pacchetto Difensori (i prossimi saranno Luke Cage ed Iron Fist) ha avuto la furbizia di cambiare registro rispetto a Daredevil, inserendo nel gruppo una donna alcolizzata che fa l’investigatrice privata. Una roba che nell’universo dei TVfumetti non avevamo mai visto; un personaggio che, nonostante sia dotato di un potere – se vogliamo – banale e scontato come la superforza, non stona con le atmosfere urbane, questo perché Jessica, prima di tutto, è verosimile come donna. Krysten Ritter, rimasta impressa nella mente di molti come la fidanzata tossica di Jesse Pinkman di Breaking Bad, ci mette molto del suo e, grazie anche ad un’ottima fisicità, rende Jessica un personaggio tridimensionale che buca letteralmente lo schermo.
Di questa sua plausibilità si giova il motore che muove l’intera stagione: il rapporto tra Jessica e la sua nemesi, Kilgrave. Nelle prime puntate il villain interpretato da David Tennant è solo un’ombra, un fantasma del passato che prende via via consistenza fino ad imporsi – da metà stagione in poi – come assoluto mattatore della serie. La scelta dell’Uomo Porpora, personaggio non di primissimo piano del Marvel Universe, poteva destare qualche perplessità, ma consentirgli di dare pieno sfogo ai suoi poteri con la libertà uncensored di Netflix, ci regala momenti disturbanti di vero e proprio gore, soprattutto nelle battute finali della stagione.
Tennant, tra l’altro, la cui immagine era indissolubilmente legata a quella del decimo Doctor Who, riesce a staccarsene abilmente dando vita ad un villain ossessionato, capriccioso e decisamente spaventoso.
Anzi, col senno del post-Kilgrave, quel suo dottore sempre sorridente ed ipercinetico, aveva un che di inquietante…
(sì Dottore, hai perfettamente ragione: loro ti obbediranno)
Jessica e Kilgrave sono il nucleo centrale attorno a cui si muove un microcosmo di personaggi per lo più ben riusciti. Luke Cage interpretato da Mike Colter (già visto in The Good Wife) sembra letteralmente uscito da un albo Marvel, Patsy Walker (che ha sostituito Carol Danvers aka Captain Marvel per l’imminente debutto cinematografico di quest’ultima) riesce nel compito di umanizzare Jessica, facendo luce sulla sua vita affettiva. Interessante anche il personaggio di Jeri Hogarth, inizialmente indecifrabile ed apparentemente fuoriposto, l’avvocatessa lesbica e dalla dubbia morale che ha il volto di una (fisicamente a pezzi) Carrie Anne Moss (la Trinity di Matrix), rivela di avere un peso specifico sempre più importante di puntata in puntata. Il suo personaggio è stato sottoposto ad un gender switch, essendo ispirato al Jeryn Hogart dei fumetti, avvocato della famiglia Rand. Per chi non sapesse di cosa parlo, Danny Rand è Iron Fist, e Jeri potrebbe essere un importante ponte di collegamento proprio con la serie sul campione di K’un-Lun.
Un po’ forzato, invece, l’inserimento in scena di Will Simpson, poliziotto fessacchiotto che inizia a bombarsi di pilloloni rossi fino a perdere il controllo; anche lui ha una celebre controparte cartacea: è il villain invasato Nuke, recentemente riapparso sulle pagine de La Morte di Wolverine.
Un aspetto che mi ha fatto storcere il naso della serie è proprio questo: il fortuito incontro di un numero eccessivo di personaggi superdotati. Ok, sono ben consapevole del fatto che ci muoviamo in un universo narrativo dove i super sono all’ordine del giorno, e so bene cosa “compro” se guardo una serie Marvel. Ma, ecco, la casualità delle interazioni tra Jessica, Luke, Kilgrave e Simpson avrebbe potuto essere resa in maniera più organica visto il clima di sostanziale realismo e plausibilità. Tutto qua.
Restando in tema di adattamento del materiale sorgente, Jessica Jones si rivela, finora, il prodotto Marvel più attinente alla controparte cartacea. Soprattutto nei primi episodi ci sono situazioni ed atmosfere riprese a piene mani dal fumetto di Bendis e Gaydos che, infatti, compaiono entrambi nei credits del serial. Poi, pur distaccandosene, ne mantiene il tono noir focalizzandosi sui tre grandi protagonisti: Jessica, Kilgrave e la citta di New York.
Insomma, non si può che elogiare il lavoro della showrunner Melissa Rosenberg che è riuscita a continuare il percorso di qualità intrapreso da Stephen S.DeKnight 6 mesi fa con Daredevil. La Rosenberg, che ha lavorato alle prime stagioni di Dexter (cioè quelle buone) e, mi duole dirlo, anche a quel melenso polpettone della saga cinematografica di Twilight, lavorava all’adattamento di Jessica Jones già dal 2010. La serie inizialmente sarebbe dovuta andare in onda sulla ABC ma, grazie al dio della TV, si è deciso di dirottarla su Netflix dopo l’accordo raggiunto con Marvel. Questo ha consentito violenza senza censure (sempre sia lodata) e l’overdose di scene di sesso dei primi 3-4 episodi. Con estrema fatica eviterò di fare battute sul fatto che essendo Cage indistruttibile…
– Fermati! –
Ok, ok. Comunque sia, mentre loro ci danno dentro fino a sfondare il letto, al povero Tony, al massimo, hanno fatto dare un bacetto senza lingua a Pepper…
Un aspetto questo che, se a prima vista può sembrare solo secondario e quasi “folkloristico”, la dice invece lunga sul target a cui questi prodotti Marvel-Netflix sono orientati. Al cinema si deve andare incontro ad un ampio bacino d’utenza: film dichiaratamente per famiglie come Ant-Man di cui, per carità, apprezzo l’intrattenimento e soprattutto l’onestà intellettuale, ma anche film come Age of Ultron che dovrebbero essere epici kolossal action in cui, invece, per non turbare il bambino di turno, anche l’esplosione di un’intera città nel cielo miete solo una vittima. Che poi, sennò, Topolino si incazza…
Insomma, come Alias sembra un fumetto indie che guarda scettico gli albi coi supereroi in costume, così Jessica Jones è un serial che se ne infischia fieramente dei paletti imposti da Topolino.
Proprio per questo motivo devo dirvi che, per quanto sia innegabilmente curioso ed impaziente di vedere Civil War al cinema, i prodotti Marvel che aspetto con più trepidazione, oggi come oggi, sono le serie Netflix (ok, il film sul dottor Strange è fuori classifica… c’è Cumberbatch!). E, come dissi anche parlando di Daredevil, un altro aspetto vincente di questi serial è il formato. Non tanto perché “è come un film di 13 ore” (come vi avranno ripetuto più e più volte) ma perché il numero di episodi a stagione per un serial deve essere di 10-13 al massimo (allungare il brodo arrivando in alcuni casi fino a 22-23 puntate non fa altro che stiracchiare il ritmo della narrazione e può andar bene solo per le sit-com, capito Arrow e Flash?). Inoltre trattandosi di adattamenti di più o meno lunghe run a fumetti, questa è probabilmente la miglior trasposizione possibile per sviscerarne al meglio tematiche e background. Senza considerare un’altra encomiabile caratterisitca: la disponibilità immediata dell’intera stagione, il cui tempo di visione ottimale, a mio avviso, resta pur sempre di 5-7 giorni. Perché tu, folle binge watcher che il giorno della release online ti sei chiuso a chiave nella cameretta come fosse un vault antiatomico di Fallout con le scorte alimentari ed un pitale per non interrompere la visione e poi vanagloriarti in rete che “Io li ho già visti tutti e 13!”, ecco tu, onestamente, qualche bel problemino ce l’hai.
Ricordi quell’episodio di South Park in cui Cartman ed i ragazzi si chiudevano in cantina per salire di livello a World of Warcraft?
In chiusura mi lancio anche io nello scontatissimo e rutilante Mondo dei Paragoni e delle Classifiche che tanto piace alla rete: alla fine della fiera, per quanto Jessica Jones mi sia piaciuto, e pure tanto, preferisco comunque Daredevil. E D’Onofrio-Fisk mi ha coinvolto di più del pur meritevolissimo Tennant-Kilgrave. Scusami David…
A questo proposito va dato atto ai due serial Netflix di aver tirato fuori i migliori villains dell’universo cinematografic-televisivo Marvel: Kingpin e Kilgrave. Anche perché al cinema, se escludiamo il mellifluo e borderline Loki, ci confrontiamo con Ultron, il Calabrone, Mikey Rourke con la frusta e Ronan-mi-faccio-inculare-da-un-balletto.
Io e David vi salutiamo…
…e vi ricordiamo che se volete evitare che Kilgrave venga a casa vostra e vi inviti ad “andare a farvi fottere”, vi tocca il like alla più autorevole pagina Facebook dell’internet. La mia:
1 commento su “TWR la (psico)analisi di Jessica Jones: beve, tromba e… spacca!”
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