Bentornati all’appuntamento settimanale con All New, All Different Thank God Is Wednesday! Meglio non perdere troppo tempo, ho da presentarvi Antoine Wolfe. Vi avevo promesso sinteticità ma per lui non sono riuscito a trattenermi. Cominciamo!
By Ales Kot & Matt Taylor
(Image Comics)
Astro nascente del mondo fumettistico, Ales Kot è stato in grado negli ultimi anni di sfornare un capolavoro dopo l’altro. Da Bucky Barnes a Zero, passando per Change, uno dei suoi primi lavori Image, la sua fenomenale run su Secret Avengers e le altre sue due serie attualmente in corso, Material e The Surface, l’autore ha sempre dimostrato di esser talmente abile con la penna da volersi spingere sempre oltre, cercando nuove soluzioni narrative e sperimentando costantemente con la struttura delle sue storie.
Ma questa volta Ales non si è solo gettato in una nuova splendida avventura e, come al solito, dalle premesse totalmente diverse da qualsiasi altra sua opera. Ales ha salvato tutti coloro, me compreso, che avevano necessariamente bisogno di riprendersi da due anni di pubblicazione disgustosa targata John Constantine.
Antoine Wolfe è un detective del paranormale di Los Angeles, immortale per motivazioni ancora ignote. Un anti-eroe ingabbiato (letteralmente) da fantasmi del passato, pronto ad affrontare ciò che gli viene scagliato addosso, senza però cadere nell’aggressività e nell’impulsività. Un uomo, inoltre, dotato di abilità particolari. Quella che può sembrare la sommaria descrizione di un archetipo stereotipato, viene completamente demolita nel corso della issue: Wolfe acquisisce costantemente nuovi livelli di caratterizzazione, risultando un protagonista stratificato, sfaccettato ed incredibilmente profondo nei suoi atteggiamenti e dialoghi.
Padrone del meccanismo “Show, Don’Tell”, Ales Kot mostra tramite discorsi, azioni ed interazioni la complessa personalità del protagonista, eludendo totalmente ogni comportamento/reazione trito e ritrito, elevando qualitativamente Wolfe evitandone la caduta nell’impersonalità.
L’oversized-issue di ben 64 pagine, oltre a presentarci Antoine, introduce il lettore in un’atmosfera unica ed inimitabile in cui si mescolano alla perfezione elementi noir, hard-boiled, procedural crime-drama ed urban fantasy. La forza del setting è però dettata dalla magica mano di Kot, dal suo fenomenale storytelling.
La narrazione ed il worldbuilding dell’autore non prendono minimamente in considerazione l’ignoranza del lettore: il disinteresse verso il pubblico delle interazioni fra i personaggi, la terminologia e gli assunti su cui si basano i loro discorsi e la presenza del sovrannaturale come una costante scontata del mondo di Wolf, rendono la lettura stessa un’affascinante indagine alla scoperta di questa intrigante Los Angeles. L’equilibrio con cui questo rapporto lettura-lettore viene gestito è talmente magistrale da rendere l’esperienza magnifica ed appagante.
Eccezionale l’artwork di Matt Taylor, crudo e poco appariscente, coerente con l’impostazione naturale dello storytelling impostato da Kot. L’atmosfera è claustrofobica grazie alle angolazioni utilizzate dall’illustratore e la rappresentazione dei personaggi più particolari di questa issue è semplice ma completa. La colorazione di Lee Loughridge è anch’essa perfetta, impostata su eterei toni seppia durante le ore diurne e su un nero pece nei momenti notturni. La palette è incredibilmente varia, perfettamente adatta al tono di Wolf #1.
Un mese di attesa per il prossimo numero è troppo, davvero troppo. Un nuovo capolavoro è stato sfornato, una nuova vita per gli amanti del defunto e compianto Hellblazer può cominciare. Leggete. Godete.
By David F. Walker & Ivan Reis
(DC Comics)
Reinventato come membro fondatore della Justice League New52, Victor Stone aka Cyborg trova finalmente spazio per se stesso grazie al rilancio DC YOU. Dopo il curioso ma poco originale Sneak Peek, David Walker & Ivan Reis realizzano una buona issue di debutto in cui vengono introdotti nuovi villain, una nuova trasformazione-evoluzione di Victor Stone e un discreto approfondimento di caratterizzazione sui protagonisti.
Un’apertura standard: presentazione dei personaggi, moderata attenzione alle loro interazioni, un focus particolare sui pensieri di Cyborg attraverso monologhi interiori e lo spunto iniziale per questo primo story-arc con l’introduzione di una razza di Tecnoalieni, indubbiamente legati a Victor. La narrazione è di qualità ma la ridondanza delle tematiche e la sovraesposizione dei concetti cardine della issue rendono la lettura spesso fiacca, nonostante Cyborg #1 abbia in sé un notevole potenziale. Anche il sostanzioso discernimento della personalità di Victor Stone, espletata principalmente nei suoi dialoghi e meno nelle sue azioni, è spesso quasi pleonastico.
Apprezzabile è però il grado di empatia trasmesso dal protagonista, immediatamente capace di creare un legame con il lettore. D’altra parte l’artwork di Ivan Reis, perfetto per le tavole sui Technosapiens, si dimostra poco adatto ad una serie così character driven, risultando freddo e poco immersivo.
Cyborg #1 non brilla per originalità e non offre nessun aggancio clamoroso per la lettura del numero successivo. Merita una possibilità per la buona caratterizzazione dei personaggi, soprattutto del protagonista, ma non offre nulla di particolare. È ancora presto per dirlo ma potrebbe esser un’occasione sprecata.
By Brian Michael Bendis & Andrea Sorrentino
(Marvel)
Non basta una issue di debutto stellare per rendere grande una serie. Old Man Logan perde quel mood aspro che aveva caratterizzato il primo numero e la storia originale, per intraprendere un viaggio approssimativo e superficiale tra i Reami del Battleworld.
Logan è oramai un semplice espediente narrativo per portare gli occhi del lettore ad ammirare le meravigliose illustrazioni di Andrea Sorrentino, dal Dominio di Technopolis sino all’inquietante pagina finale nelle Deadlands, passando per la cinematografica battaglia nell’Era Di Apocalisse.
Nonostante la buona qualità dei dialoghi e l’ottima caratterizzazione del protagonista, Old Man Logan #3 resta un confuso ammasso di eventi narrati con pochissima attenzione, in grado di ledere anche alle interessanti speculazioni nate dagli intenti di Wolverine. Solo il già citato artwork di Sorrentino mantiene la issue sulla soglia della sufficienza. Una serie con potenziale enorme, ridotta ad un superficiale viaggio nel Battleworld.
By Sam Humphries & Alti Firmansyah
(Marvel Comics)
Alla domanda “E se la storia fra Kitty Pride e Peter Quill fosse un film Disney?” rispondono Sam Humphries e Alti Firmansyah con quest’ottimo Tie-In di Secret Wars su Star-Lord, uno fra i pochissimi superstiti dell’Universo 616. L’ex-membro dei Guardiani Della Galassia è il Crooner della Quiet Room, parte di una Jazz Band che intrattiene i clienti con cover lounge dei maggiori classici musicali Disney. Conosciuto sotto il falso nome di Stevie Roger, la vita al riparo da Doom del nostro Peter viene sconvolta dall’arrivo di una versione alternativa di Kitty Pride.
Lo script di Humphries è frizzante, energetico e divertente, totalmente avulso dalla quasi perenne atmosfera distopica che aleggia sui Tie-In di Secret Wars. Il ritmo e l’ironia che permeano Star-Lord & Kitty Pride #1 rendono la lettura incredibilmente piacevole, il tutto coadiuvato dal meraviglioso comparto grafico di Firmansyah. L’espressività e il minimalismo delle sue matite è un chiaro richiamo al tratto tipicamente Disney, perfettamente coerente con l’affascinante atmosfera della issue.
Per tutti coloro che della loro infanzia ricordano più i Cartoni Animati Disney che i parenti con cui l’hanno trascorsa, Star-Lord & Kitty Pride è il fumetto perfetto. Complimenti ad Humphries e Firmansyah.
By Keith Giffen, J.M. DeMatteis & Howard Porter
(DC Comics)
La Justice League più divertente dello spaziotempo non delude e coinvolge il lettore grazie ad un’enorme dose di sarcasmo, caratterizzazione splendida e fitti dialoghi di qualità elevatissima. Nonostante JL3001 #2 sia fondamentalmente una issue di preparazione, il peso di questo ruolo non lede minimamente alla lettura e persino il “recap” iniziale per i nuovi lettori è fantastico. L’introduzione di Guy Gardner in versione femminile aggiunge quel tocco di assurdo alla serie e l’arrivo di Supergirl chiude alla perfezione la storyline riguardante Starro, mantenendo ancora costante l’obiettivo di Ariel/Lois Lane.
Howard Porter, l’illustre disegnatore della meravigliosa JLA di Morrison, dovrebbe disegnare qualsiasi, e dico QUALSIASI, fumetto di QUALSIASI Justice League “tradizionale”. Cacciate Fabok, fategli ridisegnare le issue di Jim Lee, fatelo lavorare per l’amor di Darkseid. Magnifico in tutto, dal character designing alle espressioni facciali, tutto grandioso.
Per i negligenti volenterosi, recuperate Justice League 3000. Per i più pigri, leggete attentamente le divertenti F.A.Q. scritte e disegnate dal team creativo al termine di questo splendido Justice League 3001 #2. Tanto il risultato sarà lo stesso, correrete a recuperare la precedente serie.
By Lee Bermejo & Jorge Corona
(DC Comics)
Nemmeno la seconda issue della serie targata Bermejo/Corona riesce a convincere. Leggere We Are Robin #2 è come partecipare ad un Instance di World Of Warcraft, senza la minima idea delle persone che hai attorno e senza nemmeno il minimo interesse per scoprirlo. La grande quantità di personaggi è uniformemente superficiale nella caratterizzazione, senza nessun particolare tratto distintivo. Archetipi stereotipati senza nessun fascino, completamente anonimi. Duke Thomas continua a riempire molti dei pannelli con i suoi monologhi interiori, questa volta di qualità nettamente superiore rispetto al precedente numero.
Il tratto caricaturale di Jorge Corona definisce alla perfezione l’impronta teen della testata e la caratterizzazione estetica prettamente adolescenziale dei personaggi è di ottima qualità. Permane il problema degli sfondi dal layout spoglio, privo di dettagli e spesso completamente assente. Nonostante l’ulteriore alone di mistero sul fantomatico The Nest e sulle elucubrazioni dei Robins sul Pipistrello, We Are Robin #2 non migliora l’impressione mediocre della prima issue.
By Mark Russel & Ben Caldwell
(DC Comics)
Tutto il catalogo DC You dovrebbe inchinarsi di fronte a Préz, la miglior testata attualmente in pubblicazione in quel di Burbank. Lo stravagante setting, molto vicino a quello di Transmetropolitan, lo humour cinico, l’intensità e l’intelligenza della satira socio-politica, sono solo alcuni tra gli elementi che rendono questa testata un capolavoro.
Tocca agli stati decidere chi sarà il nuovo presidente e la corsa all’acquisto del voto è tanto assurda quanto realistica, oltre ad esser tremendamente divertente. Eccellenti le caratterizzazioni e i dialoghi: gran parte di Préz #2 mesce alla perfezione una profonda analisi comportamentale dei personaggi, principalmente politici, e una forte satira nei confronti proprio di questi ultimi.
Ammirevole è l’equilibrio con cui la comicità è mescolata con una forte intensità, sintomo di un talento ragguardevole: Il padre di Beth è protagonista di un meraviglioso discorso incredibilmente toccante, coerente con quelli che saranno successivamente gli eventi della issue. Niente è lasciato al caso, nessun vuoto.
Ben Caldwell ed il suo look cartoonesco continuano ad esser perfetti: il character designing macchiettistico e farsesco mantiene la propria unicità in ognuno dei personaggi, voci e figure che mantengono una forte individualità, coadiuvata da un range di espressioni facciali ed emotività sempre incredibilmente vario.
Come già accennato nella recensione del debutto, sembra quasi impossibile che la DC stia pubblicando una testata del genere. Leggete Préz, non ve ne pentirete.
Per questa settimana è tutto, Hasta La Vista!
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