All’inizio degli anni ’90, il mercato fumettistico mainstream americano (e in seguito quello mondiale) fu scosso da un evento destinato a rimanere impresso in ogni giovane nerd dell’epoca: Rob Liefield, allora sotto contratto con la Marvel, decise di pubblicare un fumetto ideato interamente da lui, dal titolo The Executioners. Il problema è che la Marvel, allora come oggi, non permetteva agli artisti di mantenere i diritti sui personaggi che apparivano sotto il proprio marchio; e fu così che il caro Rob chiese alla Marvel di pubblicare il suo fumetto sotto l’etichetta indipendente Malibu Comics. La Marvel non accettò e fu l’inizio di una delle battaglie più accanite del mercato fumettistico moderno.
Liefeld, come tanti altri artisti, non accettava l’idea di dover rinunciare alle sue proprietà intellettuali e, dopo aver minacciato il licenziamento, si trovò a condividere il proprio disagio professionale con altri due disegnatori di punta della Casa delle Idee: Todd McFarlane e Jim Lee. Fu così che i tre artisti (che erano stati campioni di vendite negli anni immediatamente precedenti) decisero di manifestare ancora più apertamente il problema ai vertici della Marvel e, quando la Casa delle Idee si rifiutò di ascoltare le loro istanze, il risultato che ne scaturì furono le contestuali dimissioni da parte dei tre.
Non si trattava di dimissioni qualunque. Liefeld, McFarlane e Lee fino a quel momento avevano venduto milioni di copie, rispettivamente con X-Force, Spiderman e X-Men e per la Marvel fu una scelta molto dolorosa quella di dover rinunciare ad autori così quotati come loro. Una scelta che comunque non stupì, se teniamo conto del fatto che la Casa delle Idee ha sempre scelto di basare la propria politica commerciale sui personaggi piuttosto che sugli autori.
Fatto sta che, nei primi mesi del 1992, i nostri tre eroi, insieme ai colleghi Jim Valentino, Marc Silvestri ed Erik Larsen, fondano la Image Comics, una nuova casa editrice di fumetti che si poneva l’obbiettivo di diventare il terzo polo di riferimento del fumetto commerciale americano. Una casa editrice assai diversa dalla Marvel e dalla DC Comics, perché creata e diretta dagli stessi artisti che ne avrebbero poi tratto maggiore profitto in termini di royalties. Per fare questo, però, era necessario creare un universo narrativo accattivante con personaggi di enorme impatto mediatico.
Tra questi, quello che più si impose sia a livello artistico, che di vendite, fu decisamente Spawn, un fumetto creato da Todd McFarlane che divenne ben presto il simbolo di questa controversa fase della storia editoriale statunitense. Il successo di Spawn fu talmente devastante che permise a McFarlane di affidare le storie del personaggio anche a grandissimi nomi come Frank Miller, Neil Gaiman e soprattutto il Bardo di Northampton, Alan Moore.
Si tratta di un Alan Moore assai diverso rispetto a quello conosciuto fino a quel momento. La politica commerciale della Image prevedeva di anteporre la forma alla sostanza e, sebbene il Bardo fosse un artista di tutt’altre idee, si calò di buon grado nella parte, dando vita ad una preziosa parentesi del fumetto commerciale dell’epoca.
Tanto nel capitolo #8 di Spawn, che nella miniserie Violator, troviamo un Moore giovane e spensierato che diverte e si diverte, senza rinunciare al suo humor nero e a qualche frecciatina qua e là disseminata fra e sulle righe. Come non citare, ad esempio, l’Ammonitore, colorata parodia del Punitore della Marvel, pieno zeppo di frasi a effetto oltre che di becera retorica americana.
Dopo averci mostrato l’Inferno nel quale ha vissuto per anni Al Simmons, Moore ci racconta una spassosa avventura di Violator (anche noto sulla terra col soprannome di Clown), uno dei terribili cinque Fratelli Flebiaci, demoni custodi dell’Ottava Sfera degli inferi. Violator è stato confinato sulla terra dal suo datore di lavoro (l’antico demone Malebolgia) che, come se non bastasse, lo ha anche privato dei suoi immensi poteri. Ma non è tutto. Infatti il “povero” protagonista è inseguito dalla mafia locale e dai suoi quattro cattivissimi e stupidi fratelli, decisi ad eliminare ad ogni costo il fratello caduto in disgrazia.
I disegni sono un altro motivo di interesse non da poco. La storia tratta da Spawn #8, come detto, vede le matite di Todd McFaralne, padre di Spawn e co-fondatore della Image. Il suo stile di disegno, moderno e di enorme impatto, ha tracciato un solco seguito poi da tanti altri artisti. La miniserie Violator, invece è disegnata da Bart Sears e da Greg Capullo, con quest’ultimo, in particolare, che adotta un tratto assai simile a quello di McFarlane, proprio perché chiamato ad alternarsi con lui anche sulla testata principale della Image. Si tratta di uno stile appariscente e colorato, più attento al risultato che non al rispetto delle proporzioni e dell’anatomia; e con un’originale e innovativa costruzione delle tavole. Se non conoscete il genere, consiglio vivamente di dargli un’occhiata e di immergervi con prepotenza nel singolare mondo a fumetti degli anni ’90.
Panini Comics ristampa oggi in un unico volume, al prezzo di € 13,00, tutte le storie di Moore per la testata Image, accorpando la miniserie Violator a Spawn #8. Oltre ad essere un fumetto spassoso e ben scritto, si tratta di un vero e proprio gioiello della letteratura a fumetti dell’epoca, nato dalla collaborazione di un ambizioso McFarlane e di un sempre grande Alan Moore.
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