Outcast 2: Ricordo quando mi amava

Nel secondo numero di Oucast, Robert Kirkman comincia a delineare una lenta presentazione del protagonista, Kyle Barnes.
Di Kyle, nel primo numero, ci fu detto ben poco: aveva una compagna e una figlia (anche se ora si trova completamente solo), ha una sorella adottiva, Megan, una madre in coma e conosce un reverendo di nome Anderson.
Ok, leggendo queste righe sicuramente direte (giustamente) che mi sto contraddicendo. In fin dei conti di Kyle non sappiamo poi così poco. In realtà, però, conosciamo solo sprazzi del suo oscuro e tormentato passato ma siamo ancora in superficie.

Kirkman, da bravo storyteller, ci lascia con mille domande, ogni tanto introduce un nuovo spunto, ci da una spiegazione parziale ma, al tempo stesso, apre un altra piccola porta su un nuovo mistero… non è nelle corde di Kirkman entrare nella vita dei personaggi in maniera stravolgente, ci vuole tempo e pian piano lo sceneggiatore cin introduce nelle pieghe della storia.

Questo secondo numero, si apre un po’ come il primo, con una persona posseduta e che necessita dell’aiuto di Kyle e del reverendo, ma questa volta, a differenza del primo numero, non è un espediente per mostrarci le capacità del protagonista, ma uno starting point per sviluppare un nuovo filone narrativo.

Chiamiamolo un numero di conoscenza: Kyle, personaggio che sembrava impenetrabile nel primo albo, sta cercando in qualche modo di riaprirsi al mondo da cui è fuggito (il titolo “Ricordo quando mia amava” è, in tal senso, indicativo), scopriamo che il reverendo non è uno stinco di santo (scusate la metafora… ma c’è qualche personaggio di Kirkman immune da colpe?), e scopriamo che, oltre alle possessioni demoniache, ci sono molti segreti nascosti, ma non è ancora il momento di conoscerli.

Vediamo quindi cosa ci regalerà la terza uscita del bimestrale Saldapress. A mio avviso, visto il crescendo di questi primi due albi, sarà il numero fondamentale da cui cominciare a capire bene che direzione prenderanno le vicende di Kyle.

Nota sull’edizione:il bianco e nero, come già detto da altri, rende bene nonostante sia un adattamento della versione a colori. Certo, è strana l’idea di aver pubblicato prima una versione meno nobile ed economica e poi la versione a colori originale ma, come detto in precedenza, è un formato che funziona.

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