Ancor più di Age of Ultron, il vero successo del mese di aprile in casa Marvel è la serie TV Daredevil.
– Ma che dici? Age of Ultron è la seconda apertura ai botteghini nella storia del cinema! –
Certo, Age of Ultron sta macinando dollaroni, è innegabile. Ma parliamo di un popcorn movie 100% pugnazzi (come ho avuto modo di dire qui), Daredevil invece ha tanta, tantissima qualità. Un picco che i prodotti Marvel Studios non avevano ancora raggiunto.
La cosa che salta subito all’occhio è la profonda differenza di toni rispetto a quanto finora offerto dal Marvel Cinematic Universe (una sorta di etichetta Marvel Knights in versione MCU). Un serie matura con risse realistiche, ferite lacerocontuse, fratture scomposte e punti di sutura. In due parole: FINALMENTE SANGUE! Questo rating per pubblico adulto è stato reso possibile dalla trasmissione in streaming su Netflix (sempre sia lodato), al contrario di serie come Agents of S.H.I.E.L.D. che, andando in onda sulla ABC (l’equivalente di una prima serata su Canale 5), devono avere un grado di violenza pari a quello di Ti Voglio Bene Denver. Per questo il “carismatico” Coulson ed i 4 ebeti che si porta dietro usano le pistole congelanti, armi equiparabili ad un Super Liquidator e più adatte ad un bambino di 5 anni che ad un agente dello S.H.I.E.L.D.
Ma, naturalmente, la bontà di Daredevil non è data solo dalle botte. Siamo di fronte ad una serie tecnicamente superlativa, a partire dalla sigla (un po’ in stile Hannibal) per passare alle straordinarie location di una cupa New York illuminata da opprimenti luci verdi. Il tutto senza dimenticare registi sempre all’altezza che ci hanno regalato perle come questa scazzottata in piano sequenza nell’episodio 2:
Una serie che eccelle nel comparto tecnico ed anche nel rispetto del personaggio. Steven S. DeKnight, showrunner di Daredevil, ha calato alla perfezione il cornetto dei fumetti Marvel in un nuovo media come la televisione con una straordinaria attenzione al materiale sorgente per caratterizzazione dei protagonisti e tematiche affrontate. Senza dimenticare le decine di easter eggs che strizzano l’occhio al lettore di fumetti, come Turk che viene perennemente malmenato, Melvin Potter, Leland Owlsley, etc. (se volete approfondire l’argomento, gli easter eggs li trovate qui).
Dunque realizzazione tecnica, sceneggiature ed atmosfere al top, ma tutto questo sarebbe stato vanificato senza un cast di prim’ordine con un centravanti di sfondamento come Vincent D’Onofrio nei panni di Wilson Fisk/Kingpin.
Vi ricordate (spero per voi di no) il ridicolo Kingpin interpretato da Michael Clark Duncan nel Daredevil con Ben Affleck?
Ecco, quello rientrava nella categoria “cose da non fare”.
D’Onofrio, invece, fa decollare una serie già ottima portandola all’eccellenza. Perché avere un villain interpretato in modo magistrale è essenziale per la riuscita di ogni buon serial (o film) e qui, davvero, siamo a livelli stratosferici: il Kingpin di Vincent D’Onofrio è un personaggio estremamente complesso, un uomo vittima del suo passato, brutale e fragile al tempo stesso. Chapeau.
Ma in termini di casting è tutto azzeccatisimo: Vanessa, la compagna di Fisk è da 10 e lode, così come Foggy, Karen, Ben Urich, Wesley e l’immancabile turbopatata (elemento imprescindibile di ogni serial ben riuscito): Rosario Dawson. Grazie Netflix.
Su Charlie Cox devo ammettere di aver avuto più di una perplessità. Non mi diceva granché in Boardwalk Empire ed invece mi sono dovuto ricredere: il suo Matt Murdock/Devil è da applausi. Questo Devil televisivo è un personaggio che non sempre la spunta e che, anzi, spesso ci lascia quasi le penne. E qui c’è tutta l’epica della lotta dell’eroe che deve, con fatica, superare i suoi limiti per combattere la sua nemesi.
Insomma, funziona tutto alla grande ma un difetto c’è… ed è pure bello grosso! Sto parlando del terrificante Momento Dawson ®. Ma tutto sommato possiamo perdonarlo. Voi che dite?
Sì, possiamo perdonarlo perché Daredevil è un prodotto straordinario che annichilisce letteralmente qualunque altro serial ispirato a fumetti di stampo supereroistico.
La serie Marvel-Netflix mortifica programmi come Arrow, un serial dichiaratamente ed orgogliosamente mediocre per realizzazione tecnica e recitazione, e ridimensiona notevolmente anche il pur divertente e fresco The Flash. Daredevil è parecchie spanne sopra gli altri prodotti del genere e, dall’alto dei tetti di Hell’s Kitchen, guarda laggiù in basso dove, vicino ai cassonetti, si annidano assieme ad Oliver Queen, il detective Gordon della soporifera Gotham e Coulson, il direttore dello S.H.I.E.L.D. carismatico come una lampadina fulminata.
Va detto che anche il “formato” in cui Daredevil è stato pensato è azzeccatissimo: 13 episodi da 60 minuti ciascuno (contro i 40-50 minuti canonici dei serial made in USA) rilasciati su Netflix in un unico blocco. Come avevano preannunciato i produttori, la prima stagione di Daredevil è come un lungo film di 13 ore ed è la miglior trasposizione possibile per un fumetto seriale supereroistico. Spesso in un film di 120 minuti non c’è lo spazio per approfondire al meglio la genesi dell’eroe e, al tempo stesso, mettergli davanti un avversario credibile. Inoltre non ci sono puntate filler (elemento tipico dei serial da 20-22 episodi a stagione) né passaggi a vuoto.
Un aspetto, questo, che fa ben sperare sulle prossime produzioni Marvel-Netlfix: AKA Jessica Jones, Luke Cage, Iron Fist ed il crossover televisivo I Difensori. Incrociando le dita per vedere altri eroi più crudi come il Punitore o Moon Knight sottoposti alla “cura Netflix”.
Insomma Daredevil rappresenta il nuovo gold standard della serializzazione televisiva dei supereroi per interpretazione, realizzazione tecnica, formato e rispetto del materiale originale. Una vera svolta per il genere supereroistico in televisione e, probabilmente, la miglior trasposizione in assoluto di un eroe a fumetti dalla carta allo schermo.
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1 commento su “TWR la (psico)analisi di Daredevil: tutto il resto è noia”
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