Lupin III : Il castello di Cagliostro

Parlare di un opera del maestro Miyazaki non è mai facile si sa, sopratutto quando il soggetto è stato ideato da Monkey Punch. Ma inspiegabilmente nel film Il castello di Cagliostro tutto risulta semplice e di facile interpretazione, forse perché l’autore voleva comunicarci proprio questo, una storia basata su pochi ma veri sentimenti.

Tutto ruota attorno due concetti, amore e fiducia, e le azioni  dei perosanggi sono funzione di questi due sentimenti, come detto prima, puri e semplici.

In soli 96 minuti la trama si svolge in modo lineare e vengono introdotti tutti i personaggi principali della storia: il Conte di Cagliostro l’antagonista spietatissimo, personaggio tra l’altro realmente esistito che, guarda caso, fu rinchiuso nel castello di San Leo (Rimini) dove morì nel 1795. La principessa Clarisse che rappresenta appieno i canoni già detti prima della purezza e dell’amore, un personaggio avvolto nel mistero per cui Lupin è disposto a rischiare tutto pur di trarla in salvo. Non potevano mancare i compagni di viaggio di Lupin che daranno vita a gag contraddistinte dalla consueta comicità che tutti abbiamo apprezzato nell’anime di Lupin. Mi riferisco a Jigen, Fujiko, Goemon e… sì, l’ho voluto lasciare per ultimo, l’ispettore Zenigata. In questo film infatti il nostro Zàzà raggiunge un livello di caratterizzazione mai visto e anteporrà il suo più grande desiderio, cioè quello di catturare Lupin, al senso di giustizia andando a smascherare… eh no, non ve lo posso proprio dire.

Altro elemento che rende questa pellicola un’assoluta prelibatezza per gli occhi sono la fotografia e l’ambientazione. Già dopo pochi minuti ci si immerge nella natura, con suoni che richiamano la pace e la purezza (eheh Miyazaki) e ci si lascia trasportare nelle immagine suggestive con fiumi e mura ricreati alla perfezione. Vedi l’acquedotto che rappresenta l’unica via d’accesso al castello di Cagliostro, praticamente identico all’acquedotto romano di 2000 anni che si trova tutt’ora a Segovia (Spagna) o il castello stesso che come detto richiama fortemente il castello del comune di San Leo. Insomma a questo film non sembra mancare proprio niente, anche per l’italiota più puntiglioso infatti viene garantita una direzione del doppiaggio superlativa (edizione televisiva ’84)! Una versione in cui venne introdotta la risata tipica di Lupin (sfido chiunque a dire che non se la ricorda!) ma non solo, Si può infatti anche notare lo sforzo di traduzione e riproduzione degli accenti in una scena dove sono riunite le maggiori potenze mondiali, originalissime e divertenti. Tutti questi che potrebbero sembrare dettagli ininfluenti, rendono invece quest’opera una pietra miliare che deve essere vista e rivista, proprio perché suscitare tante emozioni: si ride, si soffre, ci si stupisce e ci si “innamora” assecondando l’obiettivo dell’autore.

Il dialogo finale tra Clarisse e Lupin rappresenta il sunto perfetto del messaggio che voglio far passare, un turbinio di emozioni che ci insegnano qualcosa, che descrivono la maturità che mai prima d’ora aveva raggiunto il personaggio di Lupin. Citando l’ispettore Zenigata, che alla cattura di ladri ha dedicato la sua esistenza, dopo la visione in un certo senso vi sentirete derubati. Questo film… VI AVRA’ RUBATO IL CUORE.

 

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