Un paio di anni fa, guardando South Park, mi sono imbattuto in un geniale episodio che mi colpì particolarmente.
Nella ridente cittadina del Colorado, gli abitanti sono preoccupati a causa della imminente messa in onda di un episodio de I Griffin nel quale dovrebbe apparire Maometto. Impauriti dalle sicure ritorsioni terroristiche, i cittadini decidono di mettere la testa sotto la sabbia in modo da dimostrare, agli occhi del mondo islamico, la loro estraneità rispetto ad un gesto così offensivo.
Naturalmente, nel pieno spirito dissacrante di South Park (e perché no, anche dei Griffin), al termine dell’episodio appariva davvero Maometto; in modo assolutamente naturale e non offensivo, certo, ma in ogni caso si vedeva.
Qualche tempo dopo, ho saputo che a seguito della messa in onda dell’episodio negli Stati Uniti, un gruppo di estremisti islamici denominati Revolution Muslim ha espressamente minacciato ritorsioni nel caso in cui l’episodio fosse stato nuovamente mandato in onda senza censura; con il risultato che la puntata venne censurata e Maometto sotituito con un grosso orsacchiotto.
Una sconfitta non solo per South Park e i suoi autori, ma anche per tutto il mondo occidentale libero.
Questa mattina tre invasati urlanti, vestiti di nero e armati di kalashnikov, sono entrati nella sede della rivista satirica Charlie Hebdo e hanno ucciso 12 persone e feritone altrettante. Vignettisti e giornalisti colpevoli di aver pubblicato delle immagini satiriche raffiguranti il Profeta Maometto. La redazione di Charlie Hebdo era già stata duramente colpita nel 2011, quando fu bersaglio di un lancio di molotov e del conseguente incendio che la distrusse. Erano stati avvisati e sono andati avanti. Fino alla fine, fino alla mattina dell’altro ieri, quando dal profilo Twitter di Charlie Hebdo è stata postata una vignetta sul neo-leader dell’autoproclamato Stato Islamico, Abu Bakr al-Baghdadi.
Meilleurs vœux, au fait. pic.twitter.com/a2JOhqJZJM
— Charlie Hebdo (@Charlie_Hebdo_) 7 Gennaio 2015
Il motivo alla base di ciò che è accaduto oggi è semplice: i giornalisti e gli artisti di Charlie Hebdo non hanno voluto ficcare la testa sotto la sabbia come gli abitanti di South Park. Hanno continuato a lottare per far valere la libertà di espressione a prescindere da quale sia l’interlocutore sulla quale la si eserciti. Una sfida non facile, che hanno consapevolmente pagato con la vita.
Dopo la sconcertante notizia, il mondo del fumetto, dell’informazione e dell’arte in generale ha immediatamente riversato sulla rete tutto il proprio sdegno e la propria rabbia per un gesto che inorridisce, ma che purtoppo non stupisce. Tanti gli autori, i giornalisti, i disegnatori da tutto il mondo che hanno voluto condannare l’incomprensibile follia e l’ignobile tentativo di porre un bavaglio alla nostra libertà di espressione.
E a noi, semplici utenti dei social network, amministratori di blog, siti di informazione (o pseudo tali), di fanpage o gruppi di discussione, non resta altro che condividere sugli spazi a nostra disposizione le vignette di artisti come Georges Wolinski, Cabu (Jean Cabut) e Tignous (Bernard Verlhac). A prescindere che ci piacciano o meno, al di là del buon gusto o di come la si pensi, ma solo per dimostrare a questi assassini della libertà che siamo tutti dalla parte di Charlie Hebdo, perché siamo tutti dalla parte della libertà e della verità.
#JesuisCharlie