Dylan Dog: Cronache dal Pianeta dei Morti – Ed. Bao Publishing

Un balzo temporale di circa vent’anni ci presenta una Londra brutalizzata dai c.d. ritornanti. Il concetto di morte che conoscevamo è venuto meno e, a causa del divagarsi di un’infezione incontrollabile, i morti hanno iniziato a tornare in vita. Questo il punto di partenza della trilogia raccolta nel volume Cronache dal Pianeta dei Morti, sceneggiato da Alessandro Bilotta ed edito da Bao Publishing.

Una trilogia di racconti splendidamente sceneggiata, ma anche assai singolare nella sua composizione temporale. Il primo dei tre racconti rappresenta, infatti, l’epilogo di una vicenda che viene narrata a ritroso, mentre l’ultimo capitolo costituisce un prologo/spiegazione dei successivi avvenimenti. Pur non seguendo l’ordine cronologico degli eventi, la raccolta Cronache dal Pianeta dei Morti rispetta invece quello di pubblicazione. Leggendo i racconti è facile notare come l’intera vicenda sia stata pensata in modo da essere narrata proprio al contrario.

Le tre storie, precedentemente pubblicate in diversi frangenti da Sergio Bonelli Editore (tra Color Fest e Gigante), ci mostrano un universo narrativo alternativo, creato dallo stesso Bilotta. Una realtà in cui è venuto meno il naturale ordine delle cose e nella quale Dylan Dog appare smarrito e incapace di trovare la sua collocazione. Nel primo racconto, intitolato Il Pianeta dei Morti (tratto dal Dylan Dog Color Fest 4) e illustrato in modo impeccabile da Carmine di Giandomenico, troviamo l’ormai ex Indagatore dell’Incubo nel ruolo di ispettore, al posto del suo defunto amico Bloch. Un Dylan smarrito e abbattuto che prova a superare paure, dolori e sensi di colpa, tentando di trovare (ammesso che ci sia) il suo posto in questo grigio e triste nuovo mondo.

 

La seconda storia, dal titolo Il Tramonto dei Vivi Morenti (illustrata stavolta dall’ottima Daniela Vetro), racconta la fase subito precedente rispetto al Pianeta dei Morti, approfondendo i risvolti introspettivi e psicologici del protagonista, colpevole di aver causato la diffusione del virus che ha generato l’epidemia, rifiutandosi di uccidere la persona che ha dato origine a tutto: il paziente zero.

Ed è infatti il terzo racconto, dal titolo Addio Groucho (tratto dal Color Fest 10), che svelerà al lettore la genesi dell’epidemia e le responsbilità di Dylan rispetto all’apocalisse che ne seguirà. La storia è disegnata, e soprattutto splendidamente colorata, da Paolo Martinello che contribusce in modo decisivo a definire atmosfera e tempi del racconto.

Come avrete capito, il livello grafico delle tre storie è davvero alto ma, nonostante ciò, quello che mi ha davvero esaltato è la sceneggiatura abile e raffinata. Pur raccontando un Dylan del futuro, Bilotta riporta il personaggio ai suoi albori, attraverso un tipo di narrazione certamente fedele alla tradizione e a quegli elementi di esistenzialismo e introspezione che hanno fatto la fortuna di Dylan Dog a cavallo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90.

Il ritmo del racconto si mantiene veloce e coinvolgente sin dall’inizio (che poi è la fine) e viene accomapagnato da dialoghi intensi e commoventi che aiutano a caratterizzare perfettamente i personaggi principali. Come spesso accade nelle storie di DD, il lettore scopre che il vero orrore non è rappresentato dalle creature soprannaturali che popolano le avventure dell’Old Boy, quanto piuttosto da tutti gli elementi apparentemente normali che fanno da cornice al racconto stesso. La brutalità che permea la ferocia con cui i sopravvissuti uccidono i ritornanti, ad esempio, oppure la triste solitudine di un vecchio e solo ex Ispettore Bloch, o ancora l’innaturale e inquietante accanimento dell’essere umano nei confronti di una vita naturalmente destinata a concludersi. Sentimenti spiccatamente umani, spesso molto più inquietanti rispetto a semplici fantasmi o lupi mannari.

Il volume, pubblicato da Bao, si aggiunge ad altre precedenti pubblicazioni di origine bonelliana ad opera della casa editrice milanese. Un solco tracciato dall’ottima edizione di Mater Morbi a firma di Roberto Recchioni che ha dato il via ad un eccellente sodalizio che unisce storie eccellenti ad una prestigiosa e impeccabile veste editoriale.

Una nota conclusiva lo merita l’omaggio a The Walking Dead di pagina 154, dove il grassoccio titolare di una videoteca indossa una t-shirt del celebre comic di Kirkman. Una simpatica risposta a chi confonde il citazionismo con il plagio. Chapeau.

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