Devil di Ann Nocenti – Typhoid Mary – Panini Comics

Daredevil è certamente una testata supereroistica atipica, specie rispetto alle altre testate regolari di casa Marvel. La trasformazione del personaggio operata da Frank Miller a cavallo tra la fine degli anni ’70 e la prima metà degli anni ’80, ha ridefinito in modo talmente profondo la figura di Matt/Devil, da influenzarne inevitabilmente tutta la produzione successiva. Daredevil: Born Again (qui la recensione) ha costituito senza dubbio il momento più sublime della caratterizzazione operata da Miller nel corso della sua doppia permanenza alla guida della testata; ed ha segnato un nuovo metro di paragone per qualsiasi sceneggiatore che si sarebbe cimentato col Diavolo Rosso di lì in avanti.

Nessuno a quei tempi si sarebbe aspettato che a raccogliere il testimone potesse essere una scrittrice poco conosciuta come Ann Nocenti (fino a quel momento distintasi soprattutto come editor sulle testate New Mutants e Uncanny X-Men); e soprattutto nessuno si sarebbe immaginato che la lunga run della Nocenti sarebbe diventata celebre fino quasi ad eguagliare quella del suo ben più illustre predecessore. Si, perché le due gestioni – quella di Miller e quella di Ann Nocenti – sebbene assai diverse sotto l’aspetto espressivo e narrativo, hanno palesemente in comune il carico introspettivo e il conseguente impatto emotivo sul lettore. Miller con uno stile più aspro e carico di sentimento; mentre la Nocenti con una prosa più raffinata ed elegante e con un sottotesto impegnato soprattutto sotto il profilo sociale.

Le atmosfere dalle quali prende vita la storia della Nocenti sono le stesse fredde e deprimenti alle quali ci aveva abituato Miller. La grande mela, e in particolare Hell’s Kitchen, si presenta inquinata – quasi infettata – dall’ombra incombente dell’industrializzazione, a discapito del benessere e della salute dei propri abitanti. Tra le strade regna la sporcizia e dilagano le malattie; situazione in buona parte imposta da Kingpin, re del crimine di New York che trae guadagno e giovamento dalla mortificazione dell’essere umano. Anche Matt Murdock si trova a fare i conti con le conseguenze del degrado ambientale e con l’incidenza del progresso tecnologico e industriale nella vita delle persone. L’avvocato di Hell’s Kitchen assite il giovane Tyrone, divenuto cieco – proprio come lui – a causa dell’effetto degli scarti industriali. La vicinanza col ragazzo, gli inutili tentativi di infondergli forza e coraggio, fanno emergere tutte le paure e le debolezze di Matt, che rivive, attraverso la storia di Tyrone tutte le sofferenze passate e i fallimenti. Oltre alla frustazione dovuta all’impossibilità di aiutare il suo assistito, Matt sembra in qualche modo deluso dall’inefficienza del sistema e dalla fallibilità della giustizia. In lui si ripropone nuovamente il dissidio interiore tra diritto scritto e morale, tra giustizia e equità.

In questa delicata situazione psicologica e ambientale, fa il suo ingresso nella vita di Matt, Typhoid Mary. Un personaggio complesso che racchude in sé svariate e differenti sfaccettature della natura femminile. Mary è schizofrenica. In lei convivono due diverse personalità che si alternano nella dolce e indifesa Mary e nella letale e perversa Typhoid. Mary è del tutto inconsapevole della propria malattia e della presenza di Typhoid nella sua testa, mentre quest’ultima sembra avere maggiore controllo sull’altra metà. Kingpin ritiene che la doppia natura di Typhoid Mary possa essere la chiave per scardinare le difese del Diavolo Rosso; e così ingaggia l’assassina psicopatica affinché demolisca l’animo del custode di Hell’s Kitchen, facendolo prima innamorare della parte gentile, poi finendolo con il suo lato malavagio.

La storia narrata da Ann Nocenti mette in luce debolezze e contraddizioni dell’animo di Matt, evidenziandone i profili più fragili e strettamente umani. Come accaduto per il Devil di Miller, anche qui la figura di Matt appare quanto mai distante dal tipico modello supereroistico. Il Diavolo Rosso è un vigilante di quartiere, lontano dalle luci dei riflettori, ma capace di trattare con la sua gente come nessun Vendicatore sarebbe in grado di fare. Anche la presenza di Johnny Storm dei Fantastici Quattro all’interno di uno degli episodi della saga, sottolinea l’enorme diversità tra i comuni supereroi e il Diavolo Custode, quest’ultimo certamente meno brillante nelle apparenze, ma senza dubbio molto più effiace tra le strade degradate del proprio quartiere. D’altro canto, è proprio questa la strada tracciata dalle run di Miller su Daredevil: le vicende dell’uomo Matt vengono anteposte alle avventure dell’eroe Devil. L’uno è necessario perché l’altro possa esistere. Se crolla uno, verrà meno anche l’altro.

Ed è proprio sul tema della doppia personalità – tanto quella di Matt, quanto di Mary – che l’autrice insiste profondamente. L’apparente solida moralità dell’avvocato, cela in realtà la debolezza e il disagio di un qualsiasi normale essere umano; e vacilla, infatti, di fronte alle sfacciate capacità seduttive della sua perfida controparte, così come davanti ai fallimenti sul piano personale e professionale. D’altro canto, è proprio questo spiccato lato umano di Daredevil ad affascinare maggiormente i suoi lettori. L’imperfezione e la fallibilità dell’eroe lo rendono ai nostri occhi più plausibile, quasi verosimile. Devil è uomo, innanzitutto nello spirito, e come tale può sbagliare, perdere, essere sconfitto e soprattutto può morire.

Ma c’è tanto, tanto altro, nel racconto di Ann Nocenti. Come detto, in ogni pagina, in ogni vignetta, si può trovare una palese denuncia sociale contro il progresso che sopprime il benessere; contro il potere e il denaro di pochi che schiacciano la vita di molti. Non solo. L’autrice si sofferma anche sulla natura umana – in particolare su quella femminile – descrivendone gli aspetti più profondi, disturbati e disturbanti, come solo la penna di una donna sarebbe in grado di fare. Il tutto splendidamente illustrato da un John Romita Jr. che, proprio da quel momento in poi, ha iniziato ad affinare con sempre maggior cura il proprio stile personale, distanziandosi dai modelli cui si era – giocoforza – dovuto allineare fino ad allora. Nonostante abbia apprezzato il tratto essenziale e pulito utilizzato da Romita Jr. in questa saga, non posso non evidenaziare come i veri punti di forza siano però prosa e narrazione. L’elevato ritmo narrativo, l’ottima caratterizzazione di alcuni personaggi, il lessico, quasi poetico utilizzato per lunghi tratti, rendono questa storia una delle più intense e coinvolgenti della lunga storia editoriale del Diavolo Rosso.  

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