La settimana scorsa, come ogni giovedì, mi reco in fumetteria per ritirare i miei amati albi a fumetti. Appena arrivo – come sempre accade – inizio a guardare tutta la roba ordinata dagli altri clienti e – come di consueto – inizio a rosicare fortissimo per tutto ciò che non ho prenotato. Questa volta, tra gli “albi della rosicata”, spicca il primo volume di A come Ignoranza di Daw (al secolo Davide Berardi), un nuovo fumetto distribuito da Panini Comics che promette di regalare quella dose di idiozia e demenzialità di cui la mia mente ha regolarmente bisogno.
Inizio dunque la mia solita litania con il proprietario del negozio per tentare di convincerlo a darmene una copia senza averlo prima prenotato (cosa che molte volte mi riesce); ma stavolta, purtroppo, non c’è trippa per gatti: tutte le copie presenti sono state ordinate da altri clienti e a me non resta che scappare in edicola per tentare di reperire una copia non eccessivamente spiegazzata (come sempre accade per i fumetti acquistati in edicola). Purtroppo, la ricerca si rivela più complicata del previsto e A come Ignoranza sembra scomparso da tutte le edicole della città. Solo al termine di un’affannosa ricerca, entrando in una specie di tabaccaio/edicola/salumeria (giuro!!!), attaccato al muro insieme ad altri sventurati albi a fumetti, trovo l’ultima copia (ovviamente ultra-spiegazzata) dell’agognato volume. Per una volta mi è andata di culo.
Sorpreso dalle difficoltà riscontrate nel reperire A come Ignoranza, torno di corsa a casa per dargli una bella lettura. Nonostante non avessi mai letto nulla pubblicato da Daw (del quale, in realtà, erano già usciti ben sette brossurati editi da ProGlo), conoscevo già il suo singolare umorismo grazie all’ultra attività degli ultimi anni sul web. L’autore è riuscito infatti a farsi apprezzare dal grande pubblico grazie a una sfilza di divertentissime vignette dall’immediata e demenziale comicità che hanno saputo sfruttare l’effetto virale di blog e social network. Che questo tipo di umorismo “in pillole”, però, potesse funzionare anche per un intero volume cartaceo, era tutto da verificare.
E invece A come Ignoranza funziona perfettamente. Come era logico attendersi, Daw punta tutto sulle armi che gli sono più congeniali e confeziona un volume che contiene un antipasto di tutto il suo folle universo narrativo. Personaggi e storie già viste in passato, ma qui completamente ridisegnate e modernizzate, con l’aggiunta di tante strip già pubblicate in rete e un racconto autobiografico realizzato per l’occasione. Non una sola storia, quindi, ma un ventaglio di spunti – solo abbozzati – che andranno sviluppati e arricchiti nel corso della sua (speriamo lunga) produzione targata Panini.
Si va da Sbranzo, amico immaginario di Un uomo veramente poco interessante, a Brullonulla, saccente e borioso possessore di un dottorato che gli permette di fare praticamente tutto ciò che vuole; dal Misterioso papero del Giappone e dallo sfortunato ninja che ne rappresanta la nemesi naturale, fino ad arrivare all’insulso Allenatore di Pokemone, i cui sogni di gloria devono, di volta in volta, fare i conti con la dura realtà.
Una carrellata di personaggi nonsense che compongono un universo illogico e spassoso, pieno zeppo di citazioni pop/nerd e di richiami ad un certo tipo di umorismo animato certamente in enorme diffusione. Sullinternet, infatti, i paragoni si sprecano: Ortolani, Zerocalcare, fino ad arrivare al facile parallelismo con Bevilaqua e il suo A Panda Piace (anch’esso pubblicato da Panini). Confronti pertinenti, trattandosi di prodotti umoristici italiani che “funzionano”, ma che rendono solo parzialmente il tipo di prodotto offerto in questa collana. Personalmente, leggendo A come Ignoranza non ho potuto non pensare immediatamente al mitico Omino Bufo di Castelli e al suo umorismo folle e fuori dalle righe; ma anche, in qualche misura, a Happy Tree Friends, una serie animata creata anni fa con Adobe Flash nella quale dei teneri animaletti commettono e subiscono ogni tipo di atrocità (un po’ come gli Animaletti Crudi).
Insomma, come avrete capito il mio giudizio è molto positivo. Daw dimostra di essere maturo per un progetto editoriale importante come questo e di essersi ampiamente meritato l’opportunità. A come Ignoranza mi ha fatto sorridere in molte occasioni, mentre in altre mi proprio fatto scompisciare. Se lo leggesse mio padre mi direbbe “come fai a leggere una cazzata simile?!?”; e questa sarebbe per me la migliore delle garanzie che si tratta proprio di quello che cerco.
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