Erano tanti i titoli che concorrevano alla candidatura, dopo la scrematura finale sono diventati cinque. Tanti i titoli che non ho potuto visionare, ma quelli che hanno passato la dogana sono tutti papabili… più o meno. Andiamo dunque ad analizzarli insieme in piccole sintesi.
I Croods
Oltre al leggero deficit di doppiaggio della protagonista Hip, ciò che mi ha colpito prima di ogni altra cosa è stata la dinamica dei personaggi: movimenti, espressioni del viso, reazioni. Tutto ciò che, insomma, concerne l’espressività dei personaggi l’ho trovato eccellente! E questo è un grande vantaggio poiché l’animazione (almeno quella di un certo genere) trae grandissima forza dalla dinamicità che riesce ad esprimere. Esempio eccelso ne sono tutti gli animali del bestiario Disney (Topolino, Paperino, Pippo ecc.), che anche stando fermi esprimevano sempre energia pulsante; specialmente quando si utilizzava ancora la matita. Oggi giorno con il digitale i personaggi diventano molto più statici ed anche laddove vi è un personaggio estremamente mobile sulla scena, non riesce a esprimere ciò che, ad esempio, Oliver Johnston ha fatto nel film d’animazione La spada nella roccia! Dunque, in breve, fate caso a questo particolare che non è assolutamente irrilevante!
La storia è molto bella, i membri della famiglia dei Croods sono tutti ben caratterizzati e nonostante il film sia composto in larga parte da gag comiche, alla fine lascia nello spettatore qualcosa di più.
La DreamWorks, che iniziò il filone dell’antifiaba, qui crea una vera e propria favola ambientata a cavallo tra la fine dell’era dell’Uomo delle Caverne e l’inizio di quella dell’Homo Sapiens, impersonificato da un ragazzino che, spinto da sogni utopici, vuole seguire la luce (il Sole). Il contrasto fra la famiglia dei Croods, che vive in un’angusta caverna, al buio, terrorizzata dalle nuove scoperte, e Guy (il ragazzo sognatore) che ama inseguire la luce e ragionare anziché utilizzare la forza bruta (come prediligono i membri della famiglia Croods), porta inevitabilmente a pensare al mito della Caverna di Platone e qui i ragionamenti ci porterebbero a dilungare il discorso.
La luce è ciò che si deve seguire; la luce dell’Illuminismo, ma con un pizzico di fantasia. Perché è sempre stata questa la caratteristica dei più grandi luminari matematici del passato: fondere il sapere intellettuale con quello spirituale. Così fa Guy che lentamente fa uscire dal buio della caverna Hip ed i suoi parenti, per spingerli ad affrontare bellissime avventure che non si concluderanno con la fine del film; poiché il loro viaggiare, il loro seguire la luce, non può fermarsi, ma perpetuerà all’infinito così come quando si rincorre un utopia. Si sa già che essa è inafferrabile eppure serve a farci camminare, ad andare avanti.
Si potrebbe scrivere ancora tanto (per esempio dei due tipi di favole, quelle raccontate dal padre della famiglia di cavernicoli e quelle raccontate da Guy, le prime sempre molto semplici lineari e che concludevano sempre con la morte del protagonista per aver infranto un tabù, mentre le seconde si aprono alle sottotrame, ai colpi di scena ed a finali entusiasmanti) su questo film, ma bisogna correre ad analizzare gli altri in concorso!
Voto: 8
Frozen – Il regno di ghiaccio
Il grande colossal della Disney, la punta di diamante su cui l’azienda ha fatto una grande pubblicità (dai social-network, Facebook, YouTube ecc., alla pubblicità della FIAT che congela i prezzi), ma è anche un film d’animazione che sfrutta ciò per cui la Disney è diventata una major capace di comprarsi i MarvelStudios e la LucasFilm (per esempio) e di estendere così tanto la propria influenza da essere presente in ogni casa. Sto parlando del musical!
Il rapporto con la musica è sempre stato presente nella Disney (Silly Simphonies) e dopo alcuni anni di astinenza da quel genere, torna alla ribalza! Il risultato? Difficile concretizzarlo in poche parole: Frozen è tratto da una bellissima favola di Andersen La regina delle nevi ed il riadattamento Disney (molto, ma molto riadattato) è un buon soggetto per sviluppare una storia su questa glaciale regina in termini più moderni. Purtroppo, il risultato finale non è stato dei migliori (complice anche un pessimo doppiaggio italiano).
Elsa: la regina delle nevi, ha un ruolo misero, rispetto a quello che avrebbe dovuto avere; e quando sembra che finalmente si ponga come antagonista principale (durante la canzone Let it go), pronta a far sentire la sua voce, ecco che, invece, la si ritrova più debole di prima proprio quando – con paura, ma una grande maestosità – si appresta a diventare regina. Compare sullo schermo poche volte e dà poca incisività al film, se non fosse stato per la canzone (candidata all’oscar) e per il suo design carismatico.
Anna: sorella di Elsa, vera protagonista del film. Incarna il nuovo stile delle principesse (da Rapunzel in poi), ovvero, non avere niente che ti faccia pensare a lei come una principessa. E’ estremamente ingenua (troppo), così tanto da diventare odiosa (complice una sceneggiatura scarsa ed una doppiatrice penosa). E’ così collocata male che anche la sua canzone più importante (quella con Hans, il principe) è pressoché inutile, dal momento che si rivelerà un falso amore, quasi come se la Disney volesse far parodia dei gloriosi duetti fra principe e principessa (ripenso a “Non ho che un canto” di Biancaneve, “So chi sei” de La bella addormentata nel bosco oppure la celeberrima “Il mondo è mio” di Aladdin) che segnavano l’amore eterno fra i due. Qui un imbarazzante canzone segna una relazione fasulla.
Tuttavia, il soggetto di Frozen, come dicevo, è buono ed Anna si conquista il suo momento di gloria nel finale, la parte più convincente di tutto il film.
Infine arriva… Olaf! Il personaggio comico, anch’esso gestito malissimo, penso la peggiore spalla comica di tutto l’universo Disney.
Il pregio di Frozen, come accennato, sta nel finale, dove l’amore fraterno trionfa. Il gesto d’amore che avrebbe salvato Anna da morte certa non era il bacio del suo vero amore, ma il suo sacrificarsi per la sorella. Non esistono storie d’amore, non esiste alcun principe, come in Ribelle si metteva in risalto l’amore fra madre e figlia, qui si mette in risalto quello fra fratelli e (nel caso di Frozen) sorelle. Ma è veramente troppo poco per un film Disney, per un marchio che ha alle spalle un repertorio di qualità incalcolabile, troppo poco per vincere, a mio parere, un oscar.
Notizia curiosa: La regina delle nevi doveva essere realizzata nel ’40 dalla Disney, ma i successori che detenevano i diritti sulla favola di Andersen non li hanno concessi… peccato, oggi staremo parlando di uno dei più bei capolavori Disney. In quel tempo, con lo staff di Fantasia e Walt in vita, si sarebbe dato vita ad un Classico Disney indimenticabile.
Voto: 5½
Monsters University
Walt Disney impediva ai suoi collaboratori di ideare sequel, perché una favola inizia con “C’era una volta..” e termina con “..vissero tutti felici e contenti”. E, in questa dimensione incalcolabile, in questo tempo protetto, lontano e vicino al nostro presente, dovevano rimanere i Classici Disney, perché Walt raccontava favole. Ma le sue parole furono poco rispettate e, non appena morto, i sequel vennero prodotti in serie deturpando un patrimonio di film d’animazione.
Ma qui non parliamo di Disney, bensì di Disney – PIXAR, questa fantastica collaborazione che si avviò ai tempi di Toy Story e che continua ancor oggi! Eppure sono stati ben attenti a non fare un sequel di Monsters e Co., che magari avrebbe visto le avventure di una Bu grande tornare nel mondo dei mostri… un idea raccapricciante, ma hanno puntato sul prequel! Come si sono conosciuti Mike e Sulley? Come sono diventati quello che sono? Domande a cui è bello poter rispondere e poter affermare che, ancora una volta, la Disney – PIXAR produce un film d’animazione molto più emozionante di uno targato unicamente Disney.
Il film è divertente come solo il mondo di Monsters e Co. sa essere, ma oltre a ciò osa di più, ed in questo prequel ambientato ai tempi in cui i protagonisti del film originale andavano all’università, si legge non solo una grandissima lezione di vita rivolta specialmente ai giovani d’oggi che stanno subendo le conseguenze di una crisi finanziaria immensa, ma anche una critica alle prestigiose università americane. Infatti Mike e Sulley non sono laureati, essi vengono rigettati dall’università che, pur riconoscendo i loro meriti, non può più tenerli come studenti per non macchiare la propria immagine. Così i due si danno da fare e, cominciando dal lavoro più umile alla centrale elettrica di Mostropoli, si impegnano a battere ogni record, anche se si tratta di pulire i gabinetti. Con questo spirito lavorativo e volenteroso arrivano finalmente al successo e – come già sappiamo – diventano entrambi due idoli di Mostropoli.
Il finale l’ho trovato davvero vicino ai nostri tempi moderni, dove la scuola fallisce il suo compito e lo stato non ti permette di realizzare il tuo sogno lavorativo. Il messaggio di Disney – PIXAR sembra essere: «Non demordete, accettate anche il più umile dei lavori e dedicatevi ad esso come se fosse il vostro preferito, perché con impegno e abnegazione si possono raggiungere i propri sogni, nonostante le difficoltà che la vita ci pone».
Complimenti, difficilmente si vedono sequel o prequel così belli.
Voto: 7½
Ernest e Celestine
Difficile condensare in poche parole ciò che questo film, visivamente ed emotivamente, dona allo spettatore. La storia parla di un mondo diviso su due livelli: giù, sottoterra, i topi; sopra gli orsi. Entrambi si temono ed entrambi si odiano. Ma c’è una topolina di nome Celestine che non crede che tutti gli orsi siano cattivi. E così, casualmente, in una delle sue missioni per raccogliere i denti caduti degli orsi, finisce per aiutare Ernest un orso povero, denigrato dalla sua società, che stava morendo di fame. La loro amicizia scatenerà un putiferio in entrambe le società di animali che mostrano il loro più crudele razzismo nell’aula del tribunale dove un giudice (da una parte topo e dall’altro orso) condanna a morte i due prigionieri.
Ciò che sorprende, oltre ai disegni che restituiscono al cartone animato quella fantasia che aveva nelle sue prime realizzazioni, ed una colorazione raffinata, è la forza di questa topolina, che non solo convince il burbero Ernest che non c’è niente di male nel convivere con un topo, ma commuove anche l’intera comunità di orsi. I paragoni e le allusioni al “diverso” si sprecherebbero ed altro non saprei aggiungere perché è uno di quei film d’animazione che ti sconvolgono, ti commuovono con quella fantasia dell’animazione e quella semplicità delle antiche favole, cui non si può dare una spiegazione, poiché sembrerebbe abbassare il suo livello a materia troppo terrena. Come si racconta cappuccetto rosso o la favola di Hansel e Gretel e non si ci devono fare congetture, paragoni ecc., allo stesso modo non si può banalizzare un capolavoro come Ernest e Celestine facendo parallelismi, ad esempio, con il tema della discriminazione razziale. Consiglio a tutti di vederlo, sono certo che lo amerete e rimarrete stupefatti dall’espressività del disegno dalla sua malleabilità. Cosa che purtroppo si è persa con la grafica computerizzata.
Voto: 10
L’ultimo film è Il vento soffia di Miyazaki, l’ultimo della sua carriera, ma purtroppo non è reperibile neanche sottotitolato e dunque non posso giudicarlo, anche se far chiudere la carriera del primo orientale a far vincere un oscar ad un film d’animazione nipponica, con un ulteriore statuetta d’oro sarebbe stato fra i miei desideri.
Al momento, come avrete capito dai voti, il mio oscar va a Ernest e Celestine! Non esce da alcuna major, ma è nettamente migliore a tutti gli altri candidati.
Classifica:
1) Ernest e Celestine
2) I Croods
3) Monsters University
4) Frozen