Ciò che segue è il prodotto di un laboratorio organizzato dalla Facoltà di Scienze Cognitive e Teorie della Comunicazione dell’Università degli Studi di Messina (Prof. Francesco Parisi), cui ha collaborato il Bar del Fumetto (cioè noi :D), e dedicato interamente a Black Mirror, una serie britannica trasmessa a cavallo tra il 2011 e il 2012, scritta e sceneggiata quasi interamente da Charlie Brooker. La serie ha riscosso un enorme successo sia tra il pubblico che tra i critici più accreditati, assurgendo in breve tempo ad opera fortemente rappresentativa della realtà dei nostri tempi. Se non siete ancora entrati nel’inquietante mondo di BM – chevelodicoafa’?!? – sbrigatevi a farlo.
Definire Black Mirror una serie TV ricca di facile cinismo non renderebbe giustizia ad un’opera assai più complessa e ricca di sfaccettature più o meno esplicite. La capacità del suo autore, Charlie Brooker, di toccare in modo disturbante svariate corde dell’animo umano, rende BM senza ombra di dubbio uno dei prodotti televisivi più interessanti dell’ultimo decennio.
Come detto, ad una prima visione si potrebbe scambiare il lavoro di Brooker per semplice satira socio-politica. L’autore, infatti, in ogni episodio si diverte a creare situazioni paradossali, per lo più inverosimili, nelle quali mostra gli effetti che la tecnologia potrebbe produrre (o forse già produce) sulla società e sull’individuo. Tuttavia, il cinismo di Brooker lungi dall’essere rivolto alla tecnologia stessa o al singolo individuo. La critica mossa in BM è rivolta soprattutto ad un sistema costruito da governi, imprese e interessi economici e commerciali che guardano al singolo, non come individuo, ma piuttosto come elettore o consumatore facilmente manipolabile e certamente fungibile. Una versione distopica di una realtà già fortemente allarmante.
Se ci allontaniamo per un istante dal tradizionale (e ormai superato) modello di serie TV – e cioè quello di prodotto consumistico di massa – risulta assai più semplice comprendere lo spirito con il quale Brooker ha ideato e realizzato BM. L’opera contiene indubbiamente una critica (intesa come analisi di una situazione oggettiva) alla società moderna, ma non si esaurisce certamente in quello. La denuncia sociale è il risultato percepito dallo spettatore, non lo scopo principale dell’autore. Se è vero infatti che BM deve essere considerata manifestazione d’arte in senso stretto, è altrettanto vero che sarebbe erroneo pretendere di conferire un’etica all’opera d’arte. Le emozioni e i messaggi trasmessi dall’arte, infatti, non vengono mai percepiti da tutti i destinatari allo stesso modo, ma, trattandosi di estetica dell’animo umano, essa viene colta e assorbita nelle maniere più disparate ed eterogenee, a seconda della circostanza, del linguaggio e del soggetto ricevente.
Proprio in quest’ottica va colta la scelta di Brooker di realizzare una serie TV. Quale miglior modo per penetrare le menti dei destinatari, se non quello di utilizzare uno dei mezzi di comunicazione oggetto della narrazione stessa? Entrare a far parte del sistema, conoscerne i meccanismi ed il funzionamento, per poterne sfruttare al meglio le capacità di trasmissione e diffusione. Un concetto che ritorna ciclicamente.
Ma d’altro canto, che cos’è BM, se non lo specchio dell’effetto dirompente che l’accelerazione evolutiva sta avendo su di noi, sulle nostre vite, sui rapporti interpersonali? Uno specchio nero, come il freddo e lucido monitor spento di un pc, di una televisione o di uno smartphone. Oggetti divenuti quasi un prolungamento del nostro io, ma al tempo stesso, in grado di metterci faccia a faccia con la nostra stessa esistenza, con la realtà inquietante, con le nostre fobie più recondite e con il lento e inesorabile logorio dei rapporti umani. Uno specchio oscuro e potente con capacità divinatorie, ma anche in grado di evocare i demoni che abitano ciascuno di noi.
TECNOLOGIA – La prima parola che viene in mente guardando gli episodi di BM è naturalmente tecnologia. Uno sviluppo tecnologico divenuto sensibilmente più rapido e immediato, giorno dopo giorno. Gli episodi della serie proiettano un’ombra minacciosa sull’evoluzione tecnologica, ipotizzando alcune possibili conseguenze dell’impatto scientifico sul vivere umano. L’approccio di Brooker, tuttavia, non appare allarmista o ipercritico. Sarebbe riduttivo definire BM un’opera di denuncia. L’autore sa bene – ed è ciò che rivela nel corso della sua opera – che la tecnologia, al pari di ogni mezzo a disposizione dell’uomo, non è allarmante o pericolosa di per sé, ma solo nelle mani di chi non è in grado di controllarla. Non è l’arma ad uccidere, ma l’uomo che la usa.
CONTROLLO – Chi ha il controllo di qualcosa? Chi può affermare di avere il dominio su qualcuno o qualcosa? Forse colui che comanda un sistema? Oppure quest’ultimo, essendo parte del sistema stesso, non è in grado di esercitare controllo su di esso? Il tema è particolarmente presente nella serie inglese che, sulla scorta del sempre più rapido e incalzante avanzamento della comunicazione, ci suggerisce come l’unico modo di avere controllo sul sistema è conoscerlo, senza però esserne fagocitati. Ogni singolo episodio di BM racconta la perdita di controllo. Il controllo sulle scelte, sui ricordi, sulla volontà e sulla propria vita.
VIRALITA’ – Ciò che più spaventa nella visione di BM è l’effetto travolgente e incontenibile che oggi chiamiamo viralità. Virale è tutto ciò che si spande in modo incontrollato. Una volta piantato il seme di qualcosa che è potenzialmente virale, diventa impossibile limitarne la crescita. Uno sciame incontrollato, privo della capacità di raziocinio proprio perché composto da miliardi di individui differenti che esercitano congiuntamente, ma non razionalmente, il potere. E’ lo stesso sistema a selezionare alcuni individui in grado di diffondere informazioni, prendere posizione o svolgere determinati compiti. Leader fittizi privi di qualsiasi potere decisionale. A differenza di quanto accade, ad esempio, in 1984 di Orwell o in V for Vendetta di Moore, non c’è alcuna dittatura o oligarchia. Nessun complotto e nessun gruppo di illuminati. Solo un gigantesco sciame imprevedibile che fagocita e digerisce tutto ciò suscita il suo interesse.
ASSUEFAZIONE – Nel corso della visione di Black Mirror è inevitabile percepire i personaggi che popolano le storie come apatici individui in graduale e costante allontanamento dalla realtà. L’avatarizzazione della persona si traduce in un’anestetizzazione delle emozioni e delle coscienze, cosicché l’individuo finisce per spostare l’attenzione da ciò che è tangibile e importante, in favore di ciò che è virtuale e superfluo. Tutto diventa registrabile, riproducibile e disponibile per chiunque desideri fruirne. Il contatto e la condivisione divengono ingerenza e indiscrezione, così come la libertà della massa si trasforma in limitazione dell’individuo. La virtualità si converte in una sorta di enorme gabbia sociale, nella quale vengono proposti (o per meglio dire, imposti) modelli, scelte e decisioni. Una gabbia in cui diventa rilevante ciò che normalmente non lo sarebbe, mentre perdono valore la vita e la dignità umana. Come in una sorta di inspiegabile dipendenza da ciò che è simulato, di enorme assuefazione al nulla, la persona smarrisce il senso critico e abbandona la propria individualità.
VOYEURISMO/ESIBIZIONIMO – Lo specchio nero, come detto, rappresenta il portale mediante il quale affacciarsi sul mondo, osservare il prossimo e manifestare sé stessi. Una piccola fessura attraverso cui spiare il più possibile, mostrando solo ciò che si intende esibire. Esattamente come mostra l’episodio 15 milioni di celebrità, nella moderna società massificata siamo tutti al tempo stesso attori e spettatori, impegnati nella costante valutazione degli altri e in una deprimente rappresentazione della nostra identità virtuale. E’ così che voyeurismo ed esibizionismo formano una dicotomia inscindibile, nella quale l’esaltazione del proprio io fittizio comporta l’ineluttabile allontanamento dalla realtà, mentre la deviazione di spiare si traduce inevitabilmente nella crescente difficoltà di relazionarsi col prossimo.
AMORE/SESSO – In una società – come quella moderna – governata dalla tecnologia, internet, smatphone, tablet e social network diventano parte integrante della nostra vita, in una sorta di coesistenza forzata tra uomini sempre meno umani e macchine sempre più senzienti. La condivisione, un tempo pratica limitata all’utilizzo comune di qualcosa di necessario e prezioso, diventa ostentazione del proprio essere, in tal modo svuotando di significato anche gli impulsi più alti. In luogo di essi, si instaura l’inquietante binomio tra verità e menzogna, tra purezza e falsità, tra realtà e artificio. Anche amore e sesso, in BM, appaiono scontornati delle loro caratteristiche e resi drammaticamente vuoti e poveri. E’ forse questo il messaggio più sconvolgente presente nella serie inglese: la meccanizzazione dei gesti produce progressivamente la distruzione dei sentimenti, cui segue l’inevitabile corruzione dell’amore, inteso come ultimo baluardo della umanità.
Forse – ma è solo un’opzione – per Brooker il vero elemento distopico non è la presenza di chip per l’archiviazione dei ricordi, o di software che tentano di replicare l’anima. Forse, e dico forse, la vera distopia presente in BM è la brutalizzazione dell’animo umano, l’alterazione della usuale meccanica della relazioni e la dilagante e disturbante pornografia emotiva.
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