Per una volta, la streghetta arriva in ritardo con la sua consegna. Forse si era intrattenuta a parlare con il suo micio nero, oppure qualche intemperia l’ha fatta cascare su di un nido di corvi che l’hanno messa in pericolo; o, semplicemente, non è lei ad arrivare in ritardo, ma sono i produttori.
Il mercato d’animazione Giappone – Italia, è sempre stato disastroso: potremo definirla una Salerno – Reggio C. dei prodotti d’animazione! A volte essi svaniscono nel nulla, altre volte arrivano con un ritardo mostruoso; altre volte ancora arrivano, i doppiatori doppiano ma, per la casa di produzione probabilmente non è il momento adatto per mandare sul grande schermo quel prodotto già bello finito e confezionato.
Di esempi ve ne sono tantissimi, ecco alcune prime tv giapponesi e italiane:
– Kimba il leone bianco: 1965/1977
– Astro Boy: 1952/1963
– L’uomo tigre: 1969/1981
– DragonBallZ: 1989/2000
All’epoca, sul finire degli anni ottanta, i prodotti d’animazione giapponesi avevano guadagnato un vasto consenso in televisione, grazie a Fininvest (oggi Mediaset) ed alle reti private regionali che iniziavano a trasmettere, molti anime che mai sarebbero poi passati per le maggiori reti nazionali. Tuttavia, il cinema era totalmente dominato dalla Disney (http://www.ilbardelfumetto.com/index.php?action=show&id=438) e, d’altronde, quest’ultima mandava dei prodotti così sopraffini che era difficile voltare lo sguardo così tanto, fino all’estremo oriente, per vedere i piccoli capolavori che stavano nascendo in quegli anni.
Ma a ognuno viene dato il suo tempo e Hayao Miyazaki, con un po’ di ritardo, non può più essere ignorato dalla critica del mondo occidentale e – quasi in concomitanza con quello che io definisco il “declino” dell’animazione disneyana – nel 2001, quest’ultimo, grazie al film d’animazione La città incantata, entra ufficialmente nel mirino del vasto pubblico d’occidente, diventando l’icona opposta alla grande azienda Disney.
Eppure, guardando indietro, questo studio d’animazione giapponese (che, al momento, rimane l’unico a non utilizzare la computer grafica) nel corso degli anni ha prodotto tanti altri lungometraggi che, pian piano, ci vengono riproposti. In particolare, quest’anno la Luky Red ha riportato sul grande schermo una storia deliziosa che il buon Miyazaki aveva scritto e diretto nel 1989. Sto parlando di Kiki – Consegne a domicilio!
Trama senza spoiler!
Kiki è una giovane streghetta che ormai ha compiuto tredici anni; e, proprio come accade molte volte nel mondo animale, anche nel mondo delle streghe arriva il momento in cui la piccola deve staccarsi dal suo nucleo familiare, per andare in un’altra città e compiere il suo apprendistato, utilizzando la sua dote principale.
Kiki sceglie un’isola (o penisola, non si capisce bene) per il desiderio di vivere lì, in un luogo dove fosse possibile ammirare il mare; e, dopo le prime disavventure, grazie all’appoggio di una panettiera, inizia il suo lavoro di consegne a domicilio.
In queste sue consegne dovrà superare vari ostacoli, fisici e anche sentimentali. Dovrà venire a patti con se stessa e comprendere in maniera più profonda cosa vuol dire avere i suoi poteri; il motivo per il quale li ha e il modo migliore per utilizzarli.
Analisi con Spoiler
Il film – come altri a cui ci ha abituato Miyazaki – si snoda in una trama semplice; ma in questa semplicità l’autore riesce a non scadere mai nella banalità, portando alla luce un film fresco, moralistico, divertente e al contempo commuovente e fiabesco. Quest’ultimo credo sia l’aggettivo più idoneo per identificare questo genere di film (come ad esempio Il mio vicino Totoro), poiché le fiabe non hanno una trama molto complessa. Essa appare come una lunga grande linea che, tuttavia, nasconde in sé tante e tante altre linee, che determinano poi l’ottima riuscita del film.
Miyazaki, tramite questa deliziosa streghetta tredicenne, ci mostra, innanzitutto, quel momento in cui un figlio deve staccarsi dal suo nucleo familiare e cominciare a guardare il vero mondo. Un mondo che non è più quello sereno e pacifico, rappresentato (nel film) dal paesino in cui Kiki è nata e cresciuta, il mondo protettivo e riguardevole dei genitori; ma è qualcosa di caotico e incomprensibile, come infatti è la città marina di Koriko.
Kiki, inizialmente, come ogni bambino e bambina di età preadolescenziale, è elettrizzata all’idea di esplorare il mondo, trovare una città da cui si possa vedere il mare e, finalmente, darsi da fare. Ciò che Kiki ignora, però, è l’altra faccia della medaglia. Difatti, appena Kiki arriva a Koriko, volando sulla sua scopa, mette subito scompiglio nella città, perdendo il controllo, creando quasi un incidente fra automobili, investendo la gente, per poi essere anche multata da un poliziotto.
In proposito, è interessante notare come Miyazaki offra allo spettatore i due aspetti più tipici della metropoli. Da un lato, infatti, l’autore mostra il lato più “brutto”, caratterizzato dalla gente che corre frettolosa per le strade del centro, dal gas delle automobili, gli ingorghi, l’indifferenza delle persone dinanzi a ciò che accade. Colpisce come le persone non si stupiscono nemmeno più di tanto nel vedere Kiki svolazzare sulla sua scopa, né si fermano incuriositi per chiederle informazioni. E, anche quando sono costrette a fermarsi un momento, quel momento pare gravargli molto; salvo poi riprendere il cammino appena il semaforo ritorna verde. Dall’altro lato, va osservato come l’autore non demonizzi totalmente la città; e ciò, in quanto – come chiarito nel film – in città ci sono persone scorbutiche, ma anche persone gentili e affabili. In fatti, proprio nella calma di una panetteria Kiki troverà la gentilezza di cui aveva bisogno per ritrovare quella fiducia che le era stata portata via nei primi momenti passati in città.
Il significato che il pane riveste nella storia è fondamentale. Il pane è infatti simbolo di un lavoro manuale, antico e molto legato alla terra ed alla calma serafica che si deve avere nell’attendere, ad esempio, la lievitazione. Tant’è vero che la coppia che lavora nella panetteria, rispecchia tutte queste caratteristiche: sono entrambe persone genuine, che non disdegnano di dare una mano a Kiki quando ne ha bisogno. La signora Osono lo fa offrendo a Kiki una stanza in cui vivere, dandole una mano per il lavoro ed anche per i suoi primi affari di cuore; il marito, invece, dispensa la sua gentilezza nel suo restare quasi sempre muto e concentrato nel lavoro, ma negli sguardi di affetto verso Jiji, il gatto di Kiki e verso quest’ultima, specialmente nella scena in cui si aggira preoccupato nella panetteria, aspettando il ritorno della streghetta dal suo primo incarico lavorativo.
Altro fattore con cui dovrà scontrarsi Kiki, sarà il lato sentimentale. A farle la corte, infatti, sarà Tombo, la cui nonna raccontava sempre storie sulle streghe. Infatti egli rimane immediatamente colpito da Kiki, proprio a causa del suo essere strega, oltre che per il suo abbigliamento non conforme a quello di tutte le altre ragazze (una lunga tunica nera, come si addice ad ogni strega). Tuttavia, la cosa che più lo affascina di Kiki è la sua capacità di saper volare. Tombo infatti serba in sé il sogno di poter solcare i cieli; tant’è, che nel suo piccolo magazzino, tenta di realizzare alcuni veicoli volanti che, inizialmente, non avranno molta fortuna. Per lui sarà davvero difficile riuscire a conquistare le attenzioni di Kiki che, passando per le sue piccole crisi preadolescenziali, eviterà molte volte il dialogo con Tombo; anche se, alla fine, si renderà conto di quanto lui tenga a lei.
Tombo, probabilmente, è stato successivamente ripreso dallo studio GAINAX nella serie Il mistero della pietra azzurra, con il personaggio di Jean (desegnato dall’abile mano di Yoshiyuki Sadamoto, di cui ho parlato in FLCL http://www.ilbardelfumetto.com/index.php?action=show&id=637). Anch’egli biondino con gli occhiali e appassionato di veicoli volanti, infatti, una delle sue prime creazioni è molto simile a quella iniziale di Tombo: una bicicletta a cui è attaccata un’elica. Dico che è probabile poiché la GAINAX è conosciuta anche come: la casa produttrice otaku (tant’è che girò un documentario sugli Otaku in Otaku no video http://www.ilbardelfumetto.com/index.php?action=show&id=563), oltre ad essere stata una delle prime a mettere riferimenti ad altri anime. Inoltre, Hideaki Anno, la testa produttrice più fruttuosa dello studio GAINAX, lavorò accanto ad Hayao Miyazaki nel film Nausicaa della Valle del Vento come animatore, quando aveva poco più di vent’anni. Fu proprio Miyazaki a riconoscere il talento di Anno, per poi portarlo al grande pubblico.
Ancora, il film affronta il problema “dell’essere qualcuno”. Dopo alcune disavventure, infatti, Kiki inizia a perdere i poteri magici e la sua amica pittrice Ursula le propone di stare da lei per una notte. Poco prima di addormentarsi, quest’ultima chiede a Kiki come fa a far scaturire i suoi poteri e lei rivela che era qualcosa che le veniva naturalmente, come se ce l’avesse nel sangue.
Un concetto, questo, molto simile a quanto affermato da molti artisti, pittori, registi, disegnatori, scrittori e cantanti. Tuttavia, a questa cerchia di artisti, generalmente relegata ad un livello più alto, Miyazaki affianca anche la categoria dei lavori comuni, come ad esempio il panettiere. Ursula infatti afferma: «Il sangue della strega, il sangue del pittore, il sangue del panettiere… Come dei poteri donatici da Dio o chi per lui, ma per questi doni possiamo anche soffrire…». In buona sostanza, l’amica mette a paragone il blocco dei poteri della streghetta, con quello del pittore o con quello dello scrittore, facendo comprendere meglio a Kiki i suoi poteri e la loro natura; oltre a fargli comprendere la necessità di abbandonare la scopa della mamma, per sostituirla con una tutta sua (che poi sarà in relatà uno spazzolone).
Citazioni e riferimenti (da Wikipedia)
- Durante la fase di produzione, Miyazaki e i suoi artisti partirono per la Svezia per effettuare ricerche per il film. Le fotografie che fecero a Stoccolma e a Visby fornirono le basi per la città immaginaria di Koriko, che contiene anche elementi di Lisbona, Parigi, San Francisco e Milano.
- Il nome della panetteria di Osono, Guchokipanya, è un gioco di parole giapponese composto dalle parole guchokipa (“sasso”, “carta” e “forbici”) e pan’ya (“panetteria”).
- Quando Kiki arriva per la prima volta in città, viene quasi investita da un autobus sul quale è riportata la scritta Studio Ghibli. Questo è il nome dello studio di animazione di Miyazaki. La parola Ghibli può essere vista sul lato di altri due autobus; una è quando Kiki viene interrogata dal poliziotto. Anche il regista Miyazaki appare in un cameo nel film: nella scena finale in cui lo spazzino esclama: “Quello spazzolone gliel’ho prestato io!“, Miyazaki è nell’angolo in alto a destra dell’immagine.
- Il quadro di Ursula è intitolato The Ship Flying Over the Rainbow (“La nave che vola sopra l’arcobaleno”) ed è stato dipinto dagli studenti di una scuola per bambini portatori di handicap.
Doppiaggio
Il doppiaggio è, a mio avviso, molto accurato, specie per quanto attiene ai dialoghi. Fra l’altro la voce di Kiki è quella di Eva Padoan; voce adattissima, a mio parere, per quella di una ragazzina. Infatti già ebbi modo di ascoltarla con piacere nell’anime GAINAX, Abenobashi – Quartiere commerciale di magia quando veniva prestata al personaggio di Arumi. A doppiare il simpaticissimo e dolcissimo Jiji, invece, è Ilaria Stagni, conosciuta maggiormente per aver dato la voce a Bart Simpson, ma egregia anche nel ruolo disneyano di Pocahontas.
Voto finale: 10
Evviva l’animazione di questo genere, fatta con disegni a mano, e di storie che non devono essere sorrette da centinaia di gag comiche o dall’antifiaba che ormai ha invaso e corrotto il mercato d’animazione americano.
Insomma, viva le fiabe!