Iron Man 3 [Più un'analisi che una recensione]

24 Aprile 2013 h:0.50

“Eh sì, Iron Man 3 oltre ad essere LAFIGATA è anche il miglior film d’azione superoistico – passatemi il termine – di sempre. Un ottimo compromesso tra nerd e pubblico casual.
E finalmente qualcosa che riporta in auge le atmosfere dell’azione anni ’80 – ’90”.

30 Aprile 2013 h: 13.00

Sono trascorsi sei giorni da quel post su Iron Man 3 ed ho atteso che scemasse un po’ l’eccitazione prima di buttarmi a capofitto nel recensirlo.
Vi spiego perchè è il miglior compromesso sul supereroe cinematografico.

Partiamo con ordine.

Da un riassunto conciso e schematico si evince che il cinema supereroistico è giovane e per questo risponde alla logica del “alla tua età leggi ancora fumetti?”.

L’idea epica alla base del fumetto non fu rispettata per ovvi motivi di audience.  
È ancora vivo, infatti, il ricordo del Batman icona pop anni ’60; un pagliaccio mascherato dall’ambiguo rapporto con la spalla Robin. 
Il colorato mondo del pop soppiantò la suggestiva chiamata dell’eroe attraverso il sacrificio per ristabilire l’ordine. 


Poi giunse la formattazione di Alan Moore e Frank Miller.

Le loro opere descrivevano le gesta di un manipolo di super eroi con dubbi sull’esistenza, la sessualità e il potere. La sottile linea di demarcazione tra bene e male scomparve e inghiottì il mondo edulcorato in una voragine di cinismo e violenza.
Il super eroe, dunque, perde il controllo della realtà e si trasforma in follia. 
Una delle più importanti riproduzioni cinematografiche fu diretta da Snyder ma riuscì solo visivamente, perchè lo spirito del capolavoro Watchmen restò su carta. 

Il cinecomics risponde a logiche di trasposizione che difficilmente possono essere le stesse di un fumetto. A completare il quadro si aggiunge la fondamentale contestualizzazione: per i protagonisti di Watchmen è la paura della guerra fredda trasformarsi in nucleare, per Batman la crisi economica, per Spiderman la debolezza dell’uomo nel dopo guerra e in Iron Man è la feroce critica all’imperialismo americano.  

Le due più grandi testate fumettistiche esistenti, Marvel e DC, catalizzarono la crisi sociale in due modi.
Mentre per la DC è la serietà a predominare, per la Marvel, al contrario, è l’ironia. 

Due maturità messe a confronto.

Due modi di intendere il super eroe.

Raimi fu il primo ad intuire cosa significasse rendere appetibile al pubblico un fumetto ma commise l’errore di non rispettare i nerd – fan accaniti -, seguito poi da Singer, Favreau e Nolan che, come espresso in diverse occasioni, ha creato un’atmosfera unica rendendo il suo personaggio politico e iper-realistico. Scelte condivisibili ma pretenziose; tant’è che ha forgiato senza volerlo da una parte un esercito di esaltati ammiratori e dall’altra uno di critici. 

Non ultimo, The Avengers, il primo grande progetto di assembleare un team di super eroi su schermo. Un giacottolone divertente ma non ben riuscito per sceneggiatura.
Un po’ come è accaduto per l’ultimo Batman.

Poi arriva Iron Man 3 con alla regia ed alla sceneggiatura Shane Black: un luminare dell’action. 

Un uomo che ha scritto Arma Letale, Scuola di Mostri e i sottovalutati –  dagli alti critici ma non da noi ragazzi – Last Action Hero e Ultimo BoyscoutE, per ultimo ma non meno importante, segnalo la regia di una pellicola bella e passata in sordina: Kiss Kiss Bang Bang

Black amplia la formula già consolidata nei primi due capitoli.
Ridescrive il personaggio con una miriade di battute, elimina la comicità puerile del secondo – un po’ alla Spiderman 3, per intenderci – e aggiunge delle trovate di puro brio; si disinteressa completamente dell’armatura – enfatizzandone il non uso – aggiunge la ferita mentale post Avengers, lancia una serie di stoccate velenose sul ruolo degli USA nel mondo e infine cala il tutto in un’atmosfera natalizia: suo marchio di fabbrica. 

Non solo. 
L’accoppiata vincente tra Tony Stark e 
James Rhodes è simile al rapporto borderline tra Martin Riggs e Roger Murtaugh.

Per quanto riguarda il fronte villains, il Mandarino è interpretato da un ispirato Ben Kingsley ed è scritto benissimo. Poi c’è Guy Pearce che con capello cotonato e quella smorfia da bullo con abito da millemila dollari ti ammalia e ripropone il kitsch anni ’80.

Mi piace la sua presenza, il suo tocco, i suoi movimento. 

Insomma, è un bel cattivo.

Poi ci sono una bellissima e fascinosissima Gwyneth Paltrow e una “boh ma figa quanto basta” Rebecca Hall

Infine una curiosità: ad interpretare la guardia del corpo di Tony, Happy Hogan, c’è il regista dei due precedenti capitoli, quel mattacchione di Jon Favreau.

Un peccato per la mancata scelta degli ACDC ma comunque una bella OST. 

Se Nolan ha ridato prestigio al fumetto, Iron Man dimostra come la stessa serietà possa essere trasmessa attraverso l’ironia; senza una pretestuosa costruzione politica con strafalcioni e incoerenze.  

È un grimaldello, Iron Man 3, perché burlandosi del cinema serioso si ritaglia una posizione tra i migliori action con un ottimo compromesso tra il pubblico nerd e casual. 

 

marcodemitri®

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