Pluripremiato parto dell’esuberante e geniale creatività di Jeff Smith, Bone è un’opera piuttosto corposa (si parla di circa 1318 pagine) e decisamente unica nel suo genere, non appartenendo, però, a uno soltanto: si possono infatti discernere diversi temi e influenze nella titanica epopea narrata dal fumettista statunitense, amalgamati in maniera così gradevole e ben congegnata come solo i veri Maestri sono capaci di fare. Se ciò non fosse bastato a far comprendere che si stia parlando di un vero e proprio capolavoro, basti pensare che l’opera è stata inserita tra i dieci fumetti migliori di tutti i tempi secondo il Time Magazine.
In un caso come quello di Bone, non si può fare altro che parlare della trama per sommi capi: gli avvenimenti narrati da Smith sono infatti estremamente variegati e appassionanti, e risulta impossibile (o perlomeno molto arduo) fare un sunto della vicenda alla base dell’opera.
In un giorno apparentemente uguale a ogni altro, Smith ci fa fare la conoscenza dei tre cugini Bone, protagonisti dell’intreccio: Fone, Phoney e Smiley, simili tra loro esteticamente ma molto diversi sul piano caratteriale. Questi appartengono alla razza dei bone, piccole e buffe creaturine candide e paffute, non meglio identificate, rassomiglianti a dei simpatici marshmallows con le gambe. Il trio è stato appena cacciato dalla propria città natia, Boneville, a causa del cugino Phoney, bone avido e opportunista che è riuscito a combinare un disastro dalle dimensioni così colossali da meritare il linciaggio da parte dei concittadini; ovviamente, Fone e Smiley, mossi da compassione per il parente, non hanno avuto il cuore di abbandonarlo al proprio gramo destino e l’hanno accompagnato nell’esilio dalla città.
Sui disegni di Jeff Smith c’è ben poco da dire: sono semplicemente stupendi. L’illustratore, nonché straordinario autore completo dal genio decisamente eclettico, produce delle tavole a dir poco meravigliose e ricche di particolari, dimostrando di possedere un tratto sorprendentemente adatto sia al fumetto umoristico che a quello realistico. Bone ne è la prova, con le sue pagine popolate da alcuni personaggi – tra cui i protagonisti – rappresentati in modo piuttosto cartoonesco, con linee morbide e tondeggianti, adattissimi per attuare dell’ottima comicità visiva o di genere slapstick; cosa che si nota soprattutto se li si contrappone a una seconda tipologia di characters, quelli umani, tratteggiati con fedele aderenza alla realtà e con molta precisione. Un conflitto grafico del genere è un grosso azzardo, alla portata di pochi Maestri, ma Jeff Smith centra l’obbiettivo con risultati strabilianti, facendo del contrasto e dello straniamento la propria bandiera: l’autore attua infatti una tecnica simile anche sul fronte dei testi, alternando momenti puramente comici e decisamente esilaranti, trattando temi leggeri e mettendo in scena eventi allegri e rilassanti, ad altri drammatici e addirittura inquietanti, durante i quali i giochi si fanno davvero duri per i personaggi del romanzo.
Bone è una fiaba per adulti dal taglio eccezionalmente maturo, pur restando perfettamente godibile da tutti: questo è uno dei suoi più grandi punti di forza e, forse, mai nessun altro graphic novel ha ricoperto una fascia di target così ampia; o meglio, pressoché illimitata.
Per Jeff Smith sono sicuramente tantissime le influenze e le fonti d’ispirazione, e necessariamente da citare il Maestro Carl Barks e i suoi Paperi Disney: Fone, Phoney e Smiley si catapultano nell’azione con le stesse dinamiche con cui l’Uomo dei Paperi fa muovere i propri personaggi, inoltre i protagonisti dell’epopea di Smith ricordano moltissimo per carattere e modi di fare, rispettivamente, un risoluto e determinato Topolino, benché più dolce e romantico, un Paperone meno previdente e decisamente meno onesto e un Pippo meno poeta e più stralunato. Altra importante lezione è quella impartita da Walt Kelly con il suo Pogo, celeberrima striscia a fumetti con protagonisti animali antropomorfi, e, indubbiamente, per atmosfere e ambientazioni, il grande autore fantasy J.R.R. Tolkien con le sue opere.
L’opera a questo punto potrebbe sembrarvi solo un gran minestrone di influenze e generi, tenendo conto che racchiude, oltre alla tendenza umoristica, quella avventurosa e quella fantasy, anche, in scene isolate del romanzo, una prettamente horror; ma Smith riesce ad amalgamare il tutto alla perfezione, diluendo bene i tempi narrativi e riuscendo a impartire a ogni sequenza il ritmo adeguato, restituendo a quell’universo fittizio, così sfaccettato e complesso, un grandioso spessore che deriva dall’eterogeneità dell’insieme.
Qualcuno obietta che il finale di Bone sia troppo veloce, insoddisfacente, affrettato; la verità, invece, è ben altra. Quella in esame appartiene alla categoria delle storie che non vorresti mai smettere di leggere, in quegli universi di cui vorresti rimanere per sempre prigioniero: qualsiasi conclusione sarebbe parsa frettolosa, al lettore che termina la propria avventura con Bone per la prima volta. Qualsiasi.
Per tirare le somme, ciò che Jeff Smith estrae dal cilindro è un capolavoro assoluto e imprescindibile, caposaldo del Fumetto mondiale, impreziosito dalla sorprendente maestria dimostrata dall’autore sia sul fronte dei testi che dei disegni. Lo scrittore consegna alla storia personaggi carismatici e pulsanti, tridimensionali, sui quali lavora fin dalla più tenera età e a cui è molto affezionato; ciò si avverte anche solo sfogliando Bone, la sua opera massima, uno straordinario viaggio che farà ridere, commuovere, appassionare il lettore. In una parola: emozionare.
Come ogni grande storia del resto.
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