Potrebbe sembrare la solita accozzaglia di inutili miniserie, ma non fatevi trarre in inganno dalle vostre (sicure) brutte esperienze precedenti. E’ sufficiente dare un’occhiata ai nomi scritti sulla copertina di questo volume in formato Collezione 100% Marvel, per rendersi conto che si tratta di un prodotto quantomeno originale e interessante. L’albo include tre brevi storie dell’Uomo Ragno uscite negli USA nell’ambito di una collana intitolata Spider-Man’s Tangled Web, pubblicata dalla Marvel a cavallo tra il giugno 2001 e il marzo 2003. Nel corso di Spider-Man’s Tangled Web, autori di solito non associati all’universo supereroistico classico (come ad esempio quelli abitualmente impegnati nella produzione di fumetti indipendenti o comunque alternativi) si cimentavano nella loro interpretazione personale del tessiragnatele. Tra gli artisti che hanno contribuito alla realizzazione della serie, ricordiamo gente del calibro di Peter Milligan, Kaare Andrews, Ted McKeever, Paul Pope, Darwyn Cooke, Zeb Wells, Sean Phillips e Brian Azzarello. Naturalmente, come la maggior parte delle iniziative editoriali di questo tipo, il livello qualitativo è risultato un po’ altalenante, alternando storie decisamente sottotono a racconti di ottimo livello.
La prima delle storie raccolte in questo volume (che è anche probabilmente la più interessante dell’intera collana Spider-Man’s Tangled Web) è intitolata L’Arrivo del Migliaio ed è sceneggiata dall’irlandese Garth Ennis e illustrata da John McCrea. Naturalmente, la scelta di Garth Ennis come autore per una storia dell’Uomo Ragno è motivo di forte curiosità. Si tratta, come molti di voi sapranno, di un autore noto per opere davvero molto distanti dagli argomenti solitamente trattati nelle classiche storie dell’universo supereroistico Marvel. Opere come Preacher, The Boys, Hitman, Hellbazer, ma anche la sua splendida run su Punisher, ci danno la misura di come Ennis preferisca trattare personaggi e aspetti più umani, rispetto a quelli solitamente affrontati nelle storie e dai personaggi che popolano le pubblicazioni DC Comics e Marvel. Non solo, ma Ennis è noto anche per una particolare tipologia di umorismo nero, per l’accentuata violenza grafica, oltre che naturalmente per il linguaggio altamente volgare e diretto che ama utilizzare. Tuttavia, chi ha avuto modo di leggere le opere di Ennis sa bene che l’autore irlandese non è solo splatter e volgarità gratuita. Garth Ennis è soprattutto un autore originale, spesso impegnato nella trattazione di tematiche religiose e sociali; un autore che, quando si è trovato a raccontare storie di supereroi (ad esempio Superman o Thor), lo ha sempre fatto con il proprio inimitabile stile e senza rinunciare a cogliere gli aspetti più profondi e umani dell’animo di questi personaggi. E anche in questa occasione Ennis non tradisce le attese, raccontandoci una storia dove ad emergere sono certamente i sentimenti e le paure più profonde dei due protagonisti.
La miniserie, composta da soli tre numeri, è incentrata principalmente sul personaggio del villain Il Migliaio, che risulta ottimamente caratterizzato, nonostante la breve durata del racconto. Il Migliaio è un supercriminale molto interessante, con una personalità deviata, distorta. E’ innamorato della propria voce e si riferisce a se stesso sempre in terza persona; un po’ come se stesse raccontando ai posteri la propria vita. La sua è la storia di un personaggio che ha passato tutta la sua esistenza a spiare l’Uomo Ragno; ad osservarne le imprese e a sminuirne i meriti. Il Migliaio non riconosce virtù o qualità a Peter Parker, ma al contrario lo disprezza, ritenendolo solo un codardo che ha avuto la fortuna di essere stato destinatario di poteri eccezionali. Più in particolare, Carl King (alias Il Migliaio) era un sadico brutale già da prima di diventare un supercriminale. Compagno di scuola di Peter, ha maltrattato quest’ultimo per anni al solo scopo di umiliarlo e sminuirne l’intelligenza davanti agli altri compagni. Nega a se stesso i propri demeriti, giustificando i propri fallimenti col successo (a suo dire immeritato) degli altri.
La rabbia, l’invidia e l’insoddisfazione di se stessi alla base dell’odio che genera il bullismo. Ennis, come sempre, dimostra di essere in grado di affrontare temi già sviscerati, senza però perdere mai la propria innata originalità. Non solo, ma riesce efficacemente nell’opera di denuncia sociale, senza abbandonarsi a noiose ipocrisie o a futili moralismi. Insomma, pur avendo una trama apparentemente già vista (l’idea del bullo che diventa criminale non sembra proprio una novità), la storia risulta assolutamente interessante e d’impatto (se non sotto il profilo dell’azione, certamente dal punto di vista introspettivo). A questo proposito, recentemente mi è capitato di leggere la miniserie di The Boys, sempre scritta da Ennis, dal titolo The Boys: Butcher, Baker, Candlestickmaker (qui trovate la recensione) e di trovare molte tematiche in comune con L’Arrivo del Migliaio. Entrambe le storie, pur limitandosi a raccontare la cruda realtà, riescono a trasmettere tutto il disagio, la fragilità e la disperazione dei suoi protagonisti, evidenziando il lato più intimo e umano di personaggi apparentemente fuori dal comune.
Il secondo racconto che troviamo in questo volume, intitolato Severance Package (in italiano Trattamento di fine rapporto), è caratterizzato da toni decisamente più noir. La storia, realizzata da Greg Rucka e Eduardo Risso, è un piccolo capolavoro che associa un’incalzante tensione narrativa ad una pregevole rappresentazione dal punto di vista grafico. In particolare, le illustrazioni di Risso risultano talmente azzeccate in quel contesto narrativo, da diventare il punto di forza dell’intero racconto. Le tavole conducono il lettore verso l’inevitabile epilogo della vita di Mr. Cochrane, boss della malavita e sottoposto di Kingping, che avendo tradito le aspettative di quest’ultimo, è destinato a pagare con la vita. La via crucis di un criminale che, dinnanzi ad una fine certa, dimostra tutta la propria coerenza e lealtà rispetto ai valori in cui ha sempre creduto. Un assassino che ama la sua famiglia e che è farà di tutto per metterla al sicuro dalla rigida legge di Wilson Fisk. La storia, come detto, è caratterizzata da un’atmosfera noir/hard boiled e da un’ottima sceneggiatura. Questi elementi, uniti alle pregevoli illustrazioni di Risso, sono valsi una nomination agli Eisner Award 2002 nella categoria “Best Single Issue of a Comic Book“.
La terza e ultima storia di questo volume è intitolata Flowers for Rhino (Fiori per Rhino) ed è, a mio modesto avviso, la meno interessante delle tre dal punto di vista narrativo. Il racconto, scritto da Peter Milligan e illustrato da Duncan Fegredo, narra del malessere di Rhino che, stufo del proprio deficit intellettivo e delle umiliazioni che ha dovuto subire a causa del suo basso q.i., decide di sottoporsi ad un intervento chirurgico per migliorare il proprio intelletto. Causa scatenante del disagio di Rhino e della sua conseguente decisone di operarsi, è la bella Stella, figlia di un boss della malavita organizzata che il villain ha il compito di proteggere. Stella sembra mettere a nudo tutte le incertezze e le paure del colossale Rhino, a cui sembra crollare il mondo addosso quando capisce di non essere all’altezza della bella figlia del boss.
Peter Milligan prova a caratterizzare il personaggio di Rhino come nessuno ha mai fatto fino a questo momento. Siamo sempre stati abituati a vedere questo villain nei panni del bisonte senza cervello, pronto a spaccare tutto ciò che lo circonda senza badare troppo alle conseguenze. Un supercriminale non eccessivamente temibile, proprio a causa del poco sale in zucca che in passato lo ha sempre condotto alla sconfitta. Al contrario, in questa storia assistiamo ad una progressiva evoluzione del personaggio che, per la prima volta, cogliamo nei suoi aspetti quotidiani e impariamo a conoscerne in maniera più intima, grazie anche all’uso delle didascalie che ci aprono una finestra sui suoi stessi pensieri. Scopriamo che sotto la scorza del duro rinoceronte c’è un uomo ancora capace di provare dei sentimenti e di amare. Un uomo ingenuo, privo di principi etici e del tutto incapace di comprendere concetti quali bene e male. Tuttavia, nonostante queste caratteristiche, Rhino possiede ancora la sensibilità necessaria per comprendere la radice del proprio malessere e il coraggio per rivendicare una vita migliore. L’uomo che si nasconde dietro il costume è stanco di inutili scontri e mortificanti sconfitte e decide che è il momento di recuperare la propria dignità. Una dignità che comprende di avere perduto nel momento stesso in cui ha deciso di diventare un mostro.
Una storia, quest’ultima, che pur non potendo porsi sul livello delle prime due, mantiene comunque una coerenza stilistica e narrativa che è difficile non apprezzare. Lo stile britannico di Milligan è facilmente riconoscibile e crea una sensazione di continuità rispetto ai primi due racconti. Nel complesso, posso affermare che si tratta di un volume molto particolare, che racchiude in se uno stile narrativo e grafico unico; assai diverso rispetto a quello cui sono abituati i fans di Spider man. Nonostante ciò, mi sento di consigliarne caldamente l’acquisto, specialmente a chi volesse ricercare un approccio alternativo e originale all’universo dell’Uomo Ragno.
VOTO: 7.5
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