OSCAR 2013 [Commento e analisi]

Nel panorama politicamente corretto dell’Academy questa edizione si è rivelata abbastanza prevedibile ed in un certo senso soddisfacente.
Un’iperbole resa perfettamente dall’espediente del collegamento con Michelle Obama che ha assegnato il riconoscimento più importante ad Argo: un film che fa del rapporto cinema – realtà un subdolo meccanismo di compiacimento e accettazione, un modo per dire che la finzione cinematografia è più utile di quanto si possa immaginare e sottolineando – ma che ve lo dico a fare? – il democratico indirizzo Holliwoodiano.
Insomma gli anni del dissenso a Bush sono ormai lontani, polverosi, irraggiungibili.

Una cerimonia affidata alla vivacità poco convenzionale di Seth MacFarlane che trascina e diverte con sketch di puro nerdismo e solita ironia anti sionista.

L’unica sorpresa della serata è stato il premio per miglior regia assegnato ad Ang Lee (Vita di Pi) che l’ha strappato a Steven Spielberg; forse un modo per dire gentilmente “basta” al suo cinema caritatevole.
Per il resto Daniel Day Lewis poteva anche non presentarsi perchè l’oscar era già nelle sue mani; è lui l’artista puro e semplice che si è imposto – ma non c’era bisogno di riconoscimenti – come il miglior attore protagonista di tutti i tempi; meritato quello per miglior attore non protagonista a Christoph Waltz per la straordinaria interpretazione del dottor King Schultz in Django e sempre rimanendo nello stesso film un contentino a Quentin Tarantino per la miglior sceneggiatura originale, un premio meritato se paragonato al furto di Mark Boal nel 2010 con il sopravvalutato The Hurt Locker ma un po’ meno per scrittura in se; scontato il premio ad Anne Hathaway per miglior attrice non protagonista, quelli miglior effetti speciali a Vita di Pi e quelli artistici per Les Miserables e Anna Karenina – forse avrebbe meritato qualcosa in più -.
Forti dubbi per la migliore attrice protagonista a Jennifer Lawrence (Il lato positivo) e miglior film d’animazione a The Brave, il lavoro con meno personalità della Pixar.
Discutibile anche quello per miglior fotografia rubata da Vita di Pi a due gioielli come Skyfall e Django: opere artigiane e con poca elaborazione virtuale.
Ma come quasi sempre accade pochi se non addirittura zero riconoscimenti alle opere più feroci e critiche; ed infatti nessuna premiazione vera per l’ammiccante anti – democratico lavoro della Bigelow (Zero Dark Thirty), lo struggente Amour di Haneke – per me il miglior film dell’anno – e il malinconico Paranorman, il miglior film d’animazione dopo Ralph.

Infine non mi sento di accusare eccessivamente questa edizione perchè da una parte si sa come funziona il mondo di Hollywood dall’altra poteva andare persino peggio: facendo vincere Lincoln o il paraculo Re della Terra Selvaggia.

Ben fatto, dai.

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