DJANGO UNCHAINED: recensione

Ciao a tutti amici di UnSaccoReviews e del Bar del Fumetto!

Con questa recensione mi distacco parecchio dal mondo fumettistico, ma come amante del genere Western e del caro Tarantino, non potevo farmi sfuggire l’occasione per parlare del suo ultimo lungometraggio.

Uscito nelle sale Italiane il 17 gennaio 2013, Django Unchained è il nuovo film diretto da Quentin Tarantino che porta su pellicola un nuovo e moderno Western.

Come fece nel 2009 con Bastardi senza gloria, omaggiando i cult italiani come Quel maledetto treno blindato, ora Tarantino decide di rendere tributo ai grandi classici che hanno reso grande il cinema Western.

Il Tributo allo “Spaghetti Western”

Come ormai siamo ben abituati dalle precedenti pellicole Tarantiniane, anche in questo caso siamo posti di fronte ad un omaggio ad uno dei generi cinematografici che ha formato questo grande Regista.
Più volte, nel corso della sua carriera cinematografica e nel corso di varie interviste, il regista di Knoxville ha dichiarato come la sua formazione professionale sia stata fortemente influenzata dal genere Western ed in particolar modo dal Western all’Italiana, ed è proprio con questo nuovo capitolo che rende perfettamente tributo a quei grandi film che hanno reso l’Italia importante anche a Hollywood. 

Le citazioni presenti in questo film sono tante ma, al solito, tarantino le riesce a dosare in modo sublime rievocando le grandi pellicole degli anni ’50 e ’60. Tra i più eclatanti omaggi presenti all’interno non si possono non notare i riferimenti ai Western Movies come Navajo Joe(1966), Giù la Testa(1971),  Lo Chiamavano Trinità(1970), Il Buono il Brutto e il Cattivo(1966) ed, ovviamente, Django(1966).

In particolare è da notare la scelta del Cameo che, ovviamente escludendo l’interpretazione ormai obbligata del regista, possiamo vedere un’invecchiato ma ironico Franco Nero dalla parte opposta di quello che è il personaggio omonimo a quello da lui interpretato.

 Perchè “Django”?

Una domanda che sorse a molti spontanea al tempo dell’annunciazione del film fu “perchè proprio Django?”, o meglio “perchè un protagonista di colore di nome Django?”.

La risposta è tanto geniale quanto semplice e banale, Quentin Tarantino ha voluto omaggiare il grande capolavoro di Sergio Corbucci affibbiando al suo personaggio lo stesso nome del protagonista dell’omonimo film uscito nel 1966. 

Eppure oltre ai termini di tributo bisogna anche pensare agli innumerevoli volti che hanno rappresentato il suddetto personaggio nel corso degli anni, infatti possiamo attribuire la paternità del volto di Django a Franco Nero grazie alla pellicola originale e al seguito Django 2 datato 1987, ma non possiamo sicuramente scordare attori come Anthony Steffen, Glenn Saxon e Terence Hill.

Dunque l’utilizzo di un nome così sfruttato, quasi ereditario, è considerabile una scelta quasi obbligata per rappresentare un nuovo eroe, con il volto di Jamie Foxx.

Un Ricco Cast per Grandi Personaggi

Il cast scelto per poter rappresentare appieno i personaggi presenti nel mondo western di tarantino è molto ricco e ben curato, troviamo grandissimi esempi di prove attoriali in elementi come:

Jamie Foxx, nei panni del protagonista Django, 

Christoph Waltz, il quale torna ancora una volta a collaborare con Quentin Tarantino nei panni del Dr.Shultz, 

Leonardo Di Caprio nel ruolo dell’antagonista principale, il quale riesce a lasciar di stucco lo spettatore vista la passione presente nella sua interpretazione

Samuel L. Jackson, che porta a 5 le collaborazioni con il regista e fa sfoggio di se nel grande Stephen.
Kerry Washington, nei panni di Broomhilda, l’ambito premio di Django, la sua amata e sposa.

L’interpretazione importante di Jamie Foxx nei panni di Django si distacca per certi versi dal tipico eroe del vecchio West rimodernandone l’idea e trasformandolo in quello che è una sorta di “Antieroe”, un personaggio che dopo la schiavitù risulta pieno di se e determinato a raggiungere il proprio obiettivo sfruttando la propria libertà da poco ottenuta.
Come in ogni storia che si rispetti, però, non può mancare l’aiutante del protagonista, in questo caso il Dr.Shultz interpretato magistralmente da Christoph Waltz, la caratterizzazione del personaggio si fa sentire in ogni sua scena e anche i particolari più banali, come per esempio la mania di arricciarsi i baffi, lo rendono unico. Personaggio innovativo per il genere western, un supporto in grado di cavarsi fuori da ogni situazione grazie al suo linguaggio ricco e forbito.
Nei Panni di Calvin Candie, il nemico principale dell’epopea tarantiniana, è rappresentato dal grandissimo Leonardo di Caprio, il quale con la propria interpretazione è riuscito a toccare il cuore, se non degli spettatori, del sottoscritto. L’entusiasmo utilizzato nella sua prova attoriale è vivido e percepibile. Un’interpretazione fenomenale che mostra, per l’ennesima volta, come Di Caprio sia un’attore degno dell’Oscar.

 

Critica e Temi nel Django di Tarantino

Una piccola sezione di questa pagina non potevo non dedicarla ai temi trattati all’interno di questo film, ma soprattutto al modo in cui questi temi sono stati trattati.

Ovviamente i punti saldi della trama sono costituiti da una forte critica contro il Razzismo e la Schiavitù.

Il Razzismo è un tema già più volte affrontato da Tarantino all’interno dei suoi lungometraggi, eppure più volte non ne è stato colto il significato. Egli usa spesso un modo del tutto ironico e singolare per poter esprimere una critica velata e sottile a riguardo di tale argomento. L’utilizzo eccessivo della parola “Negro”, o “Nigger” nella versione originale, è ormai dai tempi di Pulp Fiction una particolarità del cinema tarantiniano. All’interno di questo film tale parola viene ripetuta ben 147 volte ed in passato l’utilizzo eccessivo di tale epiteto fu motivo di rumors e attacchi al regista stesso.
Eppure l’ironia è molto forte, persone di colore che insultano altri neri d’america con il termine “Negro” è ovviamente un modo totalmente diverso di considerare tale parola. Tale termine assume inoltre significati diversi in base a quale personaggio lo va ad esprimere, le due personalità contrastanti a tal riguardo sono Django e Stephen. Django è uno schiavo che da poco ha acquisito la libertà ed utilizza più volte il termine “nigger” per poter entrare nelle grazie di Candie facendosi grande nei confronti di coloro che ancora sono schiavi, eppure questo è solo un mezzo per raggiungere uno scopo, totalmente opposta è la figura di Stephen, capo “negro” di Candyland che prova ormai gusto e piacere nel nominare i suoi sottoposti con l’epiteto razzista, tutto ciò con il solo scopo di accentuare la differenza sociale tra le due “razze”.

Parlando invece di Schiavitù possiamo certamente affermare che il tema è stato trattato in modo egregio sia dal punto di vista Etico che dal punto di vista Storico.
Dal punto di vista Storico infatti la rappresentazione è del tutto pertinente con la condizione reale di quel periodo, ovvero il 1885, quando i neri d’america erano considerati meno che bestie e costretti al servilismo e alle pene più inumane. 

Per quanto riguarda l’idea Etica vediamo anche qui una netta contrapposizione tra due personaggi, da un lato il magnate Calvin Candie che sugli schiavi ha fondato la sua fortuna e che sostiene a spada tratta la superiorità razziale dell’uomo caucasico, dall’altra parte invece troviamo il Dr.Shultz, il quale dichiara di non aver nulla contro le persone di colore e che in fin di conti si è uguali, egli si serve della servitù solo per poter convincere, o meglio obbligare, Django ad aiutarlo nella sua impresa.
Le due personalità sono molto contrastanti sia dal punto di vista del pensiero sia dal punto di vista fisico, infatti è facile da notare come il Dr.Shultz, ex dentista, debba confrontarsi con un uomo i cui denti sono rovinati dal fumo e dagli zuccheri.

 

Tarantino non ha riportato Sergio Leone

Questa parentesi del tutto personale la aggiungo a termine articolo proprio per poter rispondere a quelle persone che hanno dichiarato di aver provato le stesse emozioni che Sergio Leone poteva far provare ai tempi dello Spaghetti Western.
Vorrei sottolineare che il Django di Tarantino, sebbene sia un film eccelso destinato a mio avviso a diventare un Cult tra le pellicole dell’autore, nulla ha a che vedere con il “vecchio West”, vorrei dunque porre la vostra attenzione a delle sostanziali differenze che fungeranno da esempio a tale mia affermazione.

Il Western Classico vede come protagonisti delle proprie trame personaggi che rappresentavano l’idea dell’uomo “tutto di un pezzo” degli anni 50/60, infatti il “duro” in questione era un cavaliere e allo stesso tempo un bastardo, un uomo di poche parole che avrebbe esplicato meglio le sue intenzioni tramite la pistola, e proprio riferendomi alla grande saga del Dollaro di Leone non posso non citare l’esempio perfetto di tutto ciò, ovvero, L’Uomo senza Nome interpretato da Clint Eastwood.

Nel Western di Tarantino invece non vi è presente alcun mistero, non vi è un dubbio sul personaggio, sappiamo da subito chi è, inoltre egli apprende dal suo compagno di avventure il linguaggio ricco per potersi salvare dalle più disparate situazioni, un eroe che predilige la parola alla pistola e che risulta essere subdolo e ingannevole.

Nonostante ciò vi è un punto in comune, in ambo i casi, per salvare la propria amata o per rubare dell’oro, entrambi hanno sempre un piano.

 

Concludendo

Concludendo questa mia prolissa, forse esagerata, argomentazione posso sicuramente affermare che il nuovo lungometraggio di Quentin Tarantino è decisamente meritevole, prende i classici elementi del cinema Tarantiniano e li mescola in modo sublime con citazioni, adattate e rimodernate, del vecchio West. Un film dedicato sia agli amanti del regista statunitense sia agli amanti del vecchio west.
Un Film le cui nomination agli oscar parlano da sole, sebbene, ancora una volta, non vi è spazio per il talento di Di Caprio.

SAM

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