Visionando la classifica degli anime più visti in Giappone quest’anno, spicca al primo posto Chuunibyou demo koi ga shitai di Torako.
Cosa ha fatto scalpore di questa serie? Inizialmente la si può vedere come il classico Shojo a carattere scolastico, con il protagonista che viene irrimediabilmente travolto dall’amore per una ragazza o viceversa, ma l’anime nasconde molto di più.
In questo anime si parla di Chuunibyou, una sorta di “malattia” che assocerei a tutte quelle altre che ho citato nell’articolo Otaku no video.
La Chuunibyou si sviluppa nei giovani che vanno in seconda media o comunque intorno a quell’età. E’ una fase di passaggio, in cui il ragazzo/a coinvolto crea attorno a se un mondo illusorio fino a deformare il proprio carattere, il suo modo di ragionare ecc. Questa patologia ha diverse caratteristiche:
1) DQN-Type o Falso antisociale: il soggetto si finge un’antisociale e costruisce il proprio vestiario o il proprio truccarsi in base a ciò.
2) Subculture-Type o Tipo da sottocultura: il soggetto inizia a preferire mode della sottocultura o comunque non di tendenza, semplicemente per ritenersi “cool”.
3) Evil Eye-Type o Tipo dall’occhio del male: il soggetto ammira i poteri mistici e tutto ciò che è legato a questo mondo, spesso crede di essere egli stesso un guerriero, sacerdote ecc. con determinati poteri e tanto entra dentro la parte che inizia a crearsi un alias apposito.
Questo tipo di condizione mentale, però, è naturale che si sviluppi in ragazzi o ragazze sui tredici/quattordici anni, poiché sono in una fase molto delicata in cui passano dal mondo dell’infanzia a quello degli adulti (scuole elementari – scuole superiori). La Chuunibyou va presa seriamente se continua a manifestarsi dopo la fase delle scuole medie, o in persone adulte.
Nell’anime viene ricalcato il terzo tipo, decisamente il più interessante di tutta questa lista, e da un ex ragazzo affetto di Chuunibyou, inizia la storia.
INIZIO SPOILER
Yuta inizia il suo primo anno alle scuole superiori, lasciandosi alle spalle un passato in cui era affetto dalla Chuunibyou (altrimenti detta: sindrome da 2^ media) e che non vuole ripetere più, poiché a causa di essa si era reso ridicolo di fronte ai suoi compagni di scuola ed era diventato un asociale, anche per suo volere, poiché impersonava un eroe misterioso e solitario.
Nello svolgersi delle vicende, Yuta scoprirà che il Chuunibyou di Rikka, non è dovuto solamente ad una condizione di divertimento, ma è legata alla morte del padre.
I due scopriranno i sentimenti che provano l’uno per l’altra e Yuta farà di tutto per far metabolizzare il lutto a Rikka.
La storia, che ruota attorno ad un gruppo di ragazzi affetti dalla sindrome da 2^ media, si svolge in termini paradossali e comici, fino a declinare nelle ultime puntate più tragiche e meditative. Ciò che sorprende di più è il finale in cui, con un breve monologo, si comunica allo spettatore che la Chuunibyou non è da considerarsi una malattia, perché in fondo, tutti, nella vita, per tutta la vita, qualche volta elaborano delle fantasie che distruggono la realtà per crearne un’altra migliore, per creare il mondo in cui si desidera vivere.
FINE SPOILER
A mio avviso il finale che ha voluto dare l’autore è onorevole, ma non in tutto.
Ormai, si sa, siamo in un epoca (almeno teoricamente, ma praticamente no) in cui tutto è concesso, in cui non c’è più limite in nulla e studiando teatro l’ho constatato. Proprio in quest’arte, che ha da sempre rappresentato il vivere dell’uomo nel modo più veritiero, ho potuto constatare come si è arrivati ad un punto in cui tutto può essere lecito, tutto può essere arte.
Ma definire giusta una malattia psichica è qualcosa di buono? Il rimanere intrappolati in quella dimensione che ti fa perdere il senso della realtà è giusto?
Non rispondo per il semplice motivo che non sono in grado di farlo, dato che la dimensione della psiche umana è così vasta e vacillante e incerta, che nessuno (a mio avviso) può sentenziare.
Voto finale: 7
Leave a Comment