La prima stagione di Luke Cage aveva due facce. Era godibile fino al sesto episodio, poi la risata di Cornell “Cottonmouth” Stokes interpretato dal premio Oscar Mahershala Ali lasciava il campo a Diamondback, un personaggio talmente squallido che non sarebbe stato buono neanche per fare il villain of the week in un episodio di Arrow.
L’entrata in scena di Diamondback, curiosamente, ha coinciso con un tracollo qualitativo delle serie Marvel/Netflix. Da lì in poi sono arrivate Iron Fist, una serie su un campione di arti marziali in cui i combattimenti sono stati coreografati come fosse un episodio della Melevisione, quel minestrone brutto di The Defenders e la seconda straziante stagione di Jessica Jones, in cui la piccola dimenticanza dello showrunner di metterci dentro la trama veniva sopperita da un’overdose di pettorali dei vicini di casa di Jessica. Unica eccezione in mezzo a tanta mestizia televisiva è stata la stagione d’esordio di The Punisher che, seppur leggermente stiracchiata, aveva più luci che ombre. Insomma, possiamo dire che l’entrata in scena di Diamondback rappresenti il salto dello squalo del microcosmo Marvel concesso in licenza a Netflix.
– coincidenze? Io non credo –
Alla luce di quanto detto, era inevitabile approcciare la 2a stagione di Luke Cage con un certo scetticismo, e infatti anche questo nuovo blocco di episodi soffre di molte delle criticità degli ultimi prodotti Marvel/Netflix. Una su tutte: poche idee diluite in troppe puntate. Per i primi 4-5 episodi (tutti di un’ora) tocca sorbirsi i litigi da Casa Vianello tra Luke e Claire, il subplot “omeopatia portami via” con protagonista figlia di Mariah, il mobbing ai danni di Misty, e l’avvento di Bushmaster, un villain che, tanto per cambiare, è antiproiettile.
– sai che novità… –
Inoltre per gran parte della stagione, si assiste a situazioni che si ripetono in maniera ciclica senza soluzione di continuità. Una situazione che è conseguenza di quanto scrivevo più su: il solito formato da 13 puntate (figlio, evidentemente, degli accordi tra Marvel e Netflix all’atto della cessione dei diritti) non va bene se non hai abbastanza carne da mettere al fuoco e idee da sviluppare. E così i membri delle writer’s room – come successo anche con Jessica Jones 2 – non trovano altra soluzione se non quella di rifarsi al motto siciliano “tre peli ha il porco, il porco ha tre peli”.
A questo vanno aggiunte alcune topiche di montaggio-sceneggiatura che per digerirle vi servirà un buon amaro a base di erbe aromatiche e sospensione dell’incredulità. Robe tipo: i soldi passano dal conto corrente di A a quello di B e, di conseguenza, gli immobili di A diventano di B (???). Ma il maggior imbarazzo è rappresentato da quel che accade nell’episodio 7, ovvero:
– Bushmaster lega Mariah ad una sedia al piano terra di casa e appicca un fuoco sotto la medesima sedia (lasciando alla figlia omeopata la decisione di salvare o meno la madre).
– Cambio di scena. Bushmaster è in disco che si fa bello al privé.
– Cambio di scena. A casa di Mariah il fuoco ha raggiunto il secondo piano mentre lei è ancora lì legata con la camicetta solo leggermente annerita col carboncino.
Va detto che le nuove avventure del Bud Spencer di Harlem hanno comunque alcuni aspetti positivi, come le musiche, sempre piacevoli e on-topic, affiancate da una colonna sonora originale molto bella e fortemente caratterizzata. Ma il pregio maggiore sono senz’altro gli schiaffoni. I combattimenti sono pensati e coreografati molto meglio rispetto alla prima stagione (ed anche rispetto ad Iron Fist, per dire), il momento fan service del team-up tra Luke e Danny risulta tutto sommato divertente e lo stile di lotta di Bushmaster – una sorta di capoeira – è bello a vedersi (lo stesso Bushmaster, alla lunga, viene fuori come un bel personaggio). Nel complesso, poi, questa season 2 sale discretamente di tono nella seconda parte della stagione, ma quando pensi che il secondo blocco di episodi sia godibile, anche qui ci si perde in un bicchier d’acqua con un maxi-finale di ben 70 minuti anticlimatico e fiacco.
Insomma, il ritorno dell’eroe di Harlem è stato abbastanza scialbo e conferma l’inesorabile parabola discendente dei prodotti Marvel/Netflix. Poca cura della qualità del prodotto che, unita alla frequenza ravvicinata con cui ormai vengono distribuite queste serie (Jessica Jones 2 a marzo 2018, Luke Cage 2 a giugno 2018, Iron Fist 2 a settembre 2018), rischiano di annoiare. Anzi, forse hanno già iniziato a farlo…
Io vi aspetto come sempre sulla mia pagina Facebook per commentare insieme la seconda stagione di Luke Cage.
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