Siamo a Hollywood negli anni ’40, periodo di paranoia comunista e liste nere che mettono al bando professionisti dello spettacolo con – reali o presunte – simpatie rosse. Charlie Parrish, sceneggiatore dalle alterne fortune, a causa di un disturbo post-traumatico da stress si ritrova a dover fare i conti con il blocco dello scrittore ma, quando sembra che le cose non possano andare peggio di così, si risveglia da un doposbornia con a fianco il cadavere della sua amica Val Sommers, la star del film a cui Charlie sta lavorando.
É questo il plot di Dissolvenza a nero (The Fade Out), ennesimo viaggio nel genere crime dell’affiatata coppia composta da Ed Brubaker e Sean Phillips che, dopo Criminal e Fatale, si spingono in un territorio da noir losangelino che, inevitabilmente, riporta alla mente la quadrilogia di L.A. di James Ellroy. Ma in realtà accostare il lavoro di Brubaker e Phillips a quello di altri autori, anche se si tratta di un mostro sacro come Ellroy, è ingeneroso nei confronti di due artisti che sono diventati loro stessi, con pieno merito, vere e proprie icone del filone crime noir.
Dissolvenza a nero è già un instant classic di genere, non a caso premiato con l’Eisner 2016 come miglior miniserie dell’anno. É una storia solida, ispirata e scritta con grande eleganza che riprende molti canoni del noir modernizzandoli ed adattandoli perfettamente ad un medium come il fumetto. Un lavoro in cui lo stile di disegno di Sean Phillips (coadiuvato ai colori da Elizabeth Breitweiser), caratterizzato da tante ombre e pochissime luci, è davvero il migliore possibile per dare piena voce alla vena da crime drama di uno dei più poliedrici autori del comicdom d’oltreoceano: Ed Brubaker. Perché, è bene ricordarlo, parliamo di uno sceneggiatore che ha scritto decine e decine di run a fumetti, il più importante arco narrativo della recente vita editoriale di Capitan America, uno che è entrato a far parte della writer’s room di Westworld ed è lo sceneggiatore dell’attesissima serie Amazon Too Old To Die Young che sarà diretta da Nicolas Winding Refn.
L’abilità di storyteller di Brubaker, dunque, non la scopriamo certo adesso ma, nonostante abbia abituato i suoi lettori a standard qualitativi sempre molto alti, il suo lavoro con Dissolvenza a nero stupisce per compattezza e godibilità. I suoi personaggi, come impone questo genere di storie, sono per lo più degli sconfitti che cercano di tenersi a galla schiacciati dal peso della vita e tormentati dai fantasmi del passato. E sono tanto ben delineati loro, quanto è ottimamente tratteggiato il contesto storico in cui si muovono. E così, tra lo spauracchio del maccartismo e della blacklist e la paranoia collettiva post-Pearl Harbour, il mondo dello showbusiness dell’epoca viene definito con encomiabile dovizia di particolari.
La vicenda in cui Charlie, il suo amico Gil, la giovane star in rampa di lancio Maya rimangono invischiati è torbida, contorta e piacevolmente scorrevole. Insomma Brubaker e Phillips sembrano riuscire a migliorare reciprocamente le loro doti, e questa fortunata alchimia creativa ha dato vita ad un’altra grande storia, forse la migliore del loro sodalizio più che decennale.
Per quanto riguarda l’edizione, Dissolvenza a nero è pubblicato in Italia da Panini in un corposo cartonato contenete tutti i 12 numeri della miniserie più alcuni interessanti exta in appendice.
Leave a Comment