Continua l’epopea a fumetti targata Alien con un nuovo numero che è anche un nuovo inizio per la serie made in Dark Horse, edita in Italia da saldaPress. C’eravamo lasciati un mese fa con un gran bel cliffhanger e ritorniamo proprio là dove si era interrotta la narrazione.
Torniamo a bordo della nave Europa per scoprire la verità sugli avvenimenti che hanno visto protagonista la dottoressa Hollis. Malgrado la breve esposizione ad un facehugger, la dottoressa è stata “infettata” (uso questo termine perché non credo che quella degli Xenomorfi possa dirsi a tutti gli effetti “inseminazione”) da un piccolo ma intrepido Xenomorfo in rapida crescita. A differenza di quello a cui siamo abituati, però, la dottoressa percepisce la creatura nel suo corpo e, dopo aver fatto gli accertamenti intravisti nello scorso capitolo, espone il problema a Zula e Davis 1. Grazie a questa apertura, Brian Wood ci mostra qualcosa di davvero raro: un parto xenomorfo dove “l’incubatrice” non perde la vita. Non so se ricordate, ma solitamente i cuccioli di Xenomorfo non si fanno molti complimenti al momento della nascita e non attendono ostetriche o ginecologici e si aprono autonomamente una via verso la vita. La soluzione scelta dall’equipaggio dell’Europa la lascio al piacere della lettura, ma vi assicuro che tanti nuovi scenari si aprono in questo capitolo della recente saga a fumetti.
In questo volume esploriamo a fondo non il mondo cinematografico della saga creata da Ridley Scott, ma il mondo della finzione, della finta biologia applicata agli alieni. E lo facciamo in due modi. Il primo è quello vero e proprio della storia scritta da Wood e disegnata dai nuovi arrivi Stephen Thompson e Tony Brescini (su cui mi soffermerò più avanti): con le immagini del cucciolo xenomorfo in crescita nell’addome della dottoressa Hollis, ne scopriamo la rapida crescita anche in questa fase, caratteristica che avevamo visto anche in alcuni casi sul grande schermo (fino al recente Alien: Covenant). Il secondo momento di approfondimento è quello dell’editoriale a fine albo, che si sofferma sulle diverse tipologie di Xenomorfo incontrati finora, oltre a mostrare alcuni interessantissimi studi per la serie Aliens Defiance realizzati da Tristan Jones, precedente disegnatore della serie.
E parlando di disegnatori, nei due capitoli contenuti in questo albo troviamo i succitati Thompson e Brescini, che non fanno rimpiangere il lavoro di Jones. Thompson realizza il primo capitolo dell’albo, mostrando un tratto molto simile a quello di Jones, ma con una linea più regolare e ombre meno marcate. Il tratto di Thompson si presta benissimo agli eventi narrati in questa prima parte, dove era necessario mostrare il cucciolo di Xenomorfo e molte scene si svolgono al chiuso con una luce diretta artificiale, che effettivamente attenua l’uso marcato delle chine. Con Brescini, al contrario, troviamo nuovamente un tratto cupo, ricco di ombre, dove le chine e la colorazione attenuata contribuiscono ad un risultato più spaventoso, meno splatter e più puramente horror d’atmosfera. Questa differenza di stile è pur sempre appropriata e resa molto omogenea con la colorazione di Dan Jackson, che si occupa di entrami i capitoli contenuti in questo quarto albo.
Ancora una volta questo albo fornisce un chiaro esempio di quanto la saga di Alien sia eterogenea e si presti a tantissime interpretazioni, non solo tematiche ma soprattutto stilistiche. In questa sola saga che ha superato ormai il proverbiale “giro di boa”, abbiamo avuto modo di assaporare una grande varietà di stili che vanno dall’horror, al sci-fi, passando per lo splatter e momenti più puramente di atmosfera onirica, saltando da stili cinematografici a momenti più intrisi di semplice fumetto d’intrattenimento (senza che questo sia una pecca). Anche nei fumetti quindi possiamo riscontrare quella diversità di approcci che ha caratterizzato la saga cinematografica di Alien, che ha compiuto un grande percorso dalle mani del suo creatore verso altre grandi firme (o sarebbe meglio dire visioni) di registi come James Cameron e David Fincher, per poi tornare, alla fine, nuovamente nelle mani di Scott. E chissà che nel futuro non si sposti nuovamente per incontrare altre grandi menti del panorama cinematografico (e subito vengono alla mente nomi come Blomkamp e Villeneuve o Duncan Jones, che hanno tutti dimostrato di essere abili artefici con materiale affine a quello di Alien). Insomma, una conferma che un grande franschise è tale perché un’idea può essere plasmata e reinterpretata tantissime volte senza perdere le proprie caratteristiche di base, le stesse che avvicinano tantissimi appassionati. Con questa recensione è tutto, ci rileggiamo prossimamente.
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