Un cucchiaio troppo corto – Dirk Gently vol 2 – saldaPress

I legami che uniscono la realtà sono qualcosa che da sempre causa interrogativi all’umanità: filosofi, scienziati e webeti si arrovellano per risolvere i misteri della metafisica, delle particelle subatomiche o della Terra piatta. Ma solo Dirk Gently è in grado di sfruttare le misteriose interconnessioni tra eventi all’apparenza sconnessi, per risolvere i propri casi (forse in modo ancora più sconnesso).

 

Nel secondo volume edito in Italia da saldaPress, Dirk Gently è alle prese con i soliti misteri che gli si palesano senza che lui, effettivamente, faccia nulla per andarseli a cercare. La scintilla che fa partire tutto è una chiamata nel cuore della notte da parte della bella e seducente Sally, palesemente attratta dal buon Dirk (e come faccia quest’ultimo a non rendersene conto, resta il mistero più grande del volume). Non si tratta, però, di una telefonata scaturita dalla passione amorosa, bensì da un probabile nuovo caso per il Detective dell’Agenzia di Investigazione Olistica: una famiglia, dopo un viaggio in Africa, ritorna priva della voce. Non con una fastidiosa raucedine, ma proprio privata della possibilità di comunicare, non solo – come si vede inizialmente – in modo orale, ma in qualsiasi modo. Intanto, in un villaggio dell’Africa, gli abitanti paiono essere colpiti dallo stesso inspiegabile fenomeno. Toccherà quindi a Dirk intervenire, col suo solito modo di fare casuale che sembra nascondere una certa sicurezza (ma sarà davvero così?!).

 

La trama di questo ciclo di storie si svolge quindi principalmente nel continente africano, per la precisione nella zona della savana, in Kenya, ma nei diversi capitoli ci vengono mostrati stralci del passato di Dirk, dai primi anni di vita, quando (forse) viveva ancora coi propri genitori – dei quali, però, non ricorda niente – fino alla giovane età adulta, passando per una giovinezza all’insegna degli esperimenti. In pratica con questi flashback, ci viene mostrato che non solo Dirk possiede le sue capacità olistiche fin dalla nascita, ma anche che nel corso degli anni i suoi poteri sono stati più una maledizione che altro. Diventa quindi chiaro come se tutto è collegato (questo il motto di Dirk) anche la sua infanzia continua ad avere ripercussioni sul presente. L’idea alla base di questa tematica è molto affascinante, sfociando quasi nelle radici della psicanalisi col concetto che i traumi o gli eventi infantili possono condizionarci anni dopo. Non è un caso se Dirk decide di cambiare nome, il suo è un vero rifiuto per la propria identità passata, anche se non può fare a meno di essere ciò che è, di scoprire ogni volta le interconnessioni tra eventi assurdi, bizzarri e privi di qualsiasi spiegazione logica se non quella che “tutto è collegato”.

L’importanza del passato, di un lascito di conseguenze è un messaggio che viene ancora di più accentuato in questo volume in quanto Arvind Ethan David si fa continuatore della missione ambientalista di Douglas Adams, creatore di Dirk Gently. Buona parte della trama è infatti incentrata sulla caccia fraudolenta ai rinoceronti, anzi, ai loro corni, e alla spiegazione di tale caccia. I bracconieri sono un male difficile da estirpare e Douglas Adams si è impegnato sempre per difendere i rinoceronti (fin dal suo libro L’ultima occasione) tramite il supporto a Save the Rhino, associazione animalista impegnata in questa difficile battaglia. Non solo eventi disconnessi, un detective stralunato e misteri inspiegabili caratterizzano questo volume, ma anche ottime idee di sceneggiatura, dei disegni perfetti per la storia raccontata e molti messaggi di fondo ben più profondi di quanto ci si possa aspettare da un inglese schizzato con la fissa per le interconnessioni olistiche.

 

Sui disegni perfetti per questo tipo di narrazione vorrei soffermarmi un attimo. Il lavoro di Ilias Kyriazis (coi colori di Charlie Kirchoff) è egregio, eclettico ed eterogeneo: non si tratta di un disegno banale, ma si sposa perfettamente con l’esuberanza dei personaggi presenti nella storia, riuscendo ad adattarsi alle diverse situazioni ed ambientazioni. Lo storytelling si diverte a spaziare da tavole classicamente impostate con griglie classiche fino a griglie più originali, con vignette rotonde o affastellate l’una sull’altra, fino a comporre una specie di puzzle narrativo coerente e divertente; ma non mancano le ottime splashpage a dir poco dinamiche e dettagliate, in grado di ritrarre non solo una scena ma un vero spaccato di un ambiente, di una situazione, ricorrendo alla rappresentazione più ricca possibile. Infine lo stile si adatta e si diversifica: l’Inghilterra cupa e nebbiosa, si allontana molto dalla solarità dell’Africa, così come le terse giornate africane fanno da contraltare alle notti illuminate da deboli lampade che riscaldano le cromie. Un cucchiaio troppo corto è il pranzo di cui non si può fare a meno, non una semplice portata, non il vostro piatto preferito, ma qualcosa che possa appagare i lettori sia dal punto di vista della trama che dal punto di vista dei disegni. Non perdetevi questo volume, sia che siate fan di vecchia data di Dirk Gently, sia che l’abbiate conosciuto solo nella serie tv Netflix, sia che non abbiate mai avuto il piacere di incontrarvi (e a questo proposito, recuperate la recensione del primo volume qui). Per questa recensione è tutto, noi ci rileggiamo alla prossima.

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