L’annata degli Alien a fumetti procede alla grandissima, grazie al lavoro svolto da saldaPress per portare in Italia i fumetti Dark Horse, con il terzo volume del ciclo Fire and Stone dedicato ad uno dei crossover alieni più “mostruoso” del cinema: Alien VS Predator. In questo terzo volume gli Xenomorfi stanno per cedere il testimone agli Yautja, per celebrarne il 30 anniversario.
Finora i primi due volumi di Fire and Stone (trovate la recensione di Aliens: Fire and Stone qui) avevano mostrato entrambi l’universo alieno creato da Ridley Scott, sia nella sua faccia più classica degli Xenomorfi sia in quella più recente degli Ingegneri. Con il terzo volume dal titolo Alien VS Predator: Fire and Stone anche la razza degli Yautja entra a far parte di questo ciclo di storie, apportando la consueta vena tribale e predatoria che caratterizza questa razza. Christopher Sebela si preoccupa di realizzare una storia che prosegua e concluda le storie narrate finora, facendoci ritrovare i protagonisti dei primi due volumi scampati ai pericoli alieni incontrati. Possiamo così leggere l’unione delle diverse trame in un prodotto in cui l’azione domina la scena, anche grazie alla presenza dei cosiddetti Predator. Sarà solo nel finale che troveremo più spazio per la consueta riflessione su temi che esulano dal contesto tipicamente fantascientifico, oltre a sviluppare maggiormente le interconnessioni tra i diversi personaggi e tra le diverse razze protagoniste.
Il volume è molto scorrevole e godibile e, personalmente, l’ho trovato meglio realizzato nella prima parte che nella parte finale. Al momento, infatti, trovo che l’unica vera pecca di questi cicli di storie siano i diversi finali, a volte un po’ forzati (come nel precedente Aliens: Fire and Stone) altre volte lasciati troppo in sospeso (vedi il finale di Prometheus: Fire and Stone, volume interessante ma che nel finale ha un grosso punto interrogativo). In questo volume accade più o meno lo stesso, con i tentativi di Sebela di chiudere un cerchio che forse non era molto nelle sue corde: il crescendo dell’azione è ben realizzato e ricalca molti degli stilemi di tutte le saghe prese in considerazione, ma nel finale si raggiunge un punto di non ritorno poco credibile perché tutta questa “carnosità” cozza con i discorsi e i dialoghi fin troppo eterei ed esistenzialisti che vengono portati sulle pagine di questo fumetto.
A rendere più interessante la prima parte tutta action del volume è anche e soprattutto il contributo essenziale dato dai disegni di Ariel Olivetti. Ho incontrato per la prima volta questo disegnatore molti anni fa, nel corso del maxi-evento Marvel dedicato ai mutanti dal titolo Messiah Complex, alle prese coi disegni della saga su Cable alle prese con una giovanissima Hope, prima mutante nata dopo gli eventi legati a Genosha. Lo stile di Olivetti è estremamente realistico e a molti può far storcere il caso, abituati come siamo ad un ritorno a linee più classiche e quasi cartoonesche nel mondo fumetto. Personalmente non disprezzo questo stile, tutt’altro e trovo che fosse necessario per raccontare questa storia. Come ho detto poco sopra, si tratta di un capitolo della saga molto carnale, muscolare, in cui lo scontro ideale tra le diverse razze raggiunge il culmine dello scontro fisico, con una sana dose di squartamenti, morte, tradimenti da tutte le parti e puri e semplici scontri fisici per determinare la razza dominante. Per questo motivo i disegni di Olivetti sono davvero un valore aggiunto, imprimono bene in mente nel lettore la piega presa sia in tutto il ciclo di Fire and Stone, sia quella espressa in queste pagine: lo scontro, il confronto violento, la minaccia che tutto ciò che non è umano è una minaccia a prescindere.
Con questo volume abbiamo superato il fatidico “giro di boa” e ci avviciniamo alla conclusione di queste storie con un bagaglio sempre più completo e complesso. Pian piano i tasselli stanno andando al loro posto e quello che si sta configurando davanti agli occhi di noi lettori è un mosaico complesso, articolato, nel quale non è facile affrontare questioni di vitale importanza come la consapevolezza della propria identità come umani o il motivo per cui si esiste in una determinata forma. Il ciclo di Fire and Stone è prima di tutto un monito generale al capire i propri limiti, le proprie debolezze e al comprendere fin dove ci si piò spingere nella ricerca della diversità da noi stessi. Nel complesso, insomma, in questi fumetti viene ricercato il motivo per cui ognuno debba ricoprire un determinato ruolo nel complesso ecosistema che è l’Universo. Sì, perché la vastità dello scenario nel quale si muovono queste storie è in realtà una vastità solo apparente, tutto si ricollega ad una lotta per la sopravvivenza che va avanti da milioni di anni. Semplicemente, noi umani siamo i più sfortunati perché ci attende un destino di “prede perenni” al quale sarà difficile sfuggire. Per questa recensione è tutto e ricordatevi di ripassare dal Bar per le prossime.
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