I film di M.Night Shyamalan portano con sè un alone di mistero, inquietanti ed impercettibili segnali codici che riconducono ad un unico, gigantesco, interrogativo: come mai le case di produzione continuano ad investire denaro nei film da lui scritti e diretti?
Sì, perché Mario Night ha esordito sbalordendo tutti con Il Sesto Senso, un film originale e con uno dei più straordinari plot twist della storia del cinema. Probabilmente, dopo aver fatto centro al primo colpo, Mario Night è rimasto anche vittima delle troppe aspettative da parte di un pubblico che pretendeva altri geniali twist da capogiro e, per tutta risposta, ha iniziato ad inanellare una serie di rovinosi capitomboli (leggasi “cagate pazzesche”). Unbreakable, il suo secondo film, aveva luci ed ombre ma, nonostante ciò, oggi vanta una discreta fanbase. Poi sono iniziati i disastri, quelli veri: da Signs, che era a tratti demenziale (“Colpisci forte!”) a The Village, un film utile come le guardie del corpo di Jason Momoa.
Poi, non contento, Mario Night è andato a piantare la bandierina in altri generi, mortificandoli. Prima è toccato al survival horror con E Venne Il Giorno, un film in cui uno sparuto gruppo di tizi capitanati da Mark ‘bicipite Granbiscotto’ Wahlberg cercava di sopravvivere agli zombie ai pollini che inducevano il suicidio. In pratica una storia di allergia primaverile finita male, molto male. Poi è toccato alla fantascienza, genere a cui Mario Night ha “donato” After Earth con Will Smith & figlio, un irritante lungometraggio simile ad un videogioco senza trama e con un protagonista, il figlio di Will Smith, con il registro espressivo di un comodino laccato.
Nel mezzo ci sono state altre cose come Lady in The Water (la Ragazza nel Water) e L’Ultimo Dominatore dell’Aria (la storia di un monaco che lanciava peti talmente potenti da riuscire ad alimentare una pala eolica). Senza dimenticare che Mario Night ha prodotto, e in parte diretto, una tra le più imbarazzanti serie TV dell’ultimo decennio: Wayward Pines.
Poi arriva il plot twist e succede che Mario Night imbrocca un film, The Visit: un mockumentary girato da due bambini che vanno a conoscere i nonni trascorrendo una settimana nella loro villetta in Pennsylvania. Tra pannolini sgommati e torte della nonnina, le cose non andranno esattamente come previsto. Un film girato con due soldi e con un risultato davvero apprezzabile.
– Ne ho fatto uno buono, questo sì che è un plot twist! –
E così arriva Split, un film decisamente ben accolto dalla critica, forse anche troppo. Intendiamoci Split non è una delle epiche poottanate di Mario Night, ma rientra nella categoria ‘benino ma non benissimo’. Kevin, interpretato da James McAvoy, è un uomo con 23 personalità più una, quella de La Bestia™ la cui presenza aleggia sulla prigionia delle tre ragazze da lui rapite sin dalle prime battute del film. In pratica Psycho moltiplicato per 12… almeno sulla carta.
Sì, perché, per restare in tema di operazioni aritmetiche, questo plot dovete dividerlo per 3. Mi spiego meglio: delle tre ragazze rapite solo una, Casey, ha una backstory interessante e, più in generale, un peso specifico nel film. Le altre due sono le classiche figuranti sacrificabili, tipo una comparsa di colore che in un horror fa sesso prima di dire “Dividiamoci!”.
Anche le personalità di Kevin vanno divise per tre: ne vengono reclamizzate 24 ma nel film se ne vedono appena 8 (o forse erano 7…): un cosplayer del Furio di Carlo Verdone, un metrosessuale, un bimbominchia in fissa con Kayne West, la signorina Rottenmeier e poco altro.
– Sono James McAvoy donna e sono in quei giorni –
Il risultato è un film sull’origin story di un villain, mascherato da thriller psicologico che, alla fin fine, ricorda un classico episodio ‘Monster of The Week’ di X-Files. E, anche l’inflazionato tema dell’ostaggio in cattività, che dovrebbe essere il vero motore narrativo del film, viene affrontato senza particolari guizzi. Tanto per fare paragoni, un film come 10 Cloverfield Lane sviluppa la stessa tematica in modo decisamente più originale e con dieci spanne di tensione in più rispetto a Split.
Anche il finale è abbastanza moscio e, a un certo punto, il film termina all’improvviso senza un climax né un colpo di scena, anche se molti in rete si sono esaltati per un easter egg—> SPOILERINO MIGNON: nell’ultima scena di Split compare il personaggio di un altro film di Mario Night (non vi dico quale, ma potete intuirlo facilmente) che fa presagire un imminente crossover. In pratica con Split è nato lo Shyamalan Cinematic Universe: il Bruce Willis di Unbreakable affronterà un McAvoy coi tacchi e il dolcevita mentre dei pollini assassini decimano la popolazione e Will Smith, distrutto dal fatto che suo figlio non sappia recitare, manda segnali dallo spazio creando cerchi nel grano a casa di Mel Gibson. Beh, speriamo di no.
Insomma se è vero, come insegna Rust Cohle, che la vita è un cerchio piatto: Shyamalan ha fatto un ottimo film (Il Sesto Senso) poi un film ‘benino ma non benissimo’ (Unbreakable) ed una mezza dozzina di “film” (il virgolettatto è d’obbligo) che non sono degni neanche del cassonetto dell’umido. E poi di nuovo: un ottimo film (The Visit) seguito da un ‘benino ma non benissimo’, Split appunto. Il tempo ci dirà se l’assioma di Rust ha colpito anche stavolta.
Io vi saluto e vi ricordo che se volete risolvere il mistero misteriosamente misterioso della carriera di Mario Night Shyamalan, vi tocca un bel like alla mia pagina facebook:
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