Sono tornato da Lucca con la consueta imponente pila di volumi a fumetti da leggere. Molti di questi sapevo mi sarebbero piaciuti a tal punto da voler scrivere qualcosa; e, per uno, in particolare, le mie aspettative erano talmente alte da avermi portato a procrastinare più volte il momento della lettura, quasi a non voler consumare troppo in fretta le emozioni che quel libro mi avrebbe certamente regalato.
Sto parlando naturalmente de La Terra dei Figli, ultima fatica di Gipi, che segue l’enorme successo del 2013 di unastoria.
Si tratta certamente del più voluminoso tra i libri dell’artista pisano usciti sinora; ma anche, per contro, della lettura più scorrevole e godibile di tutte.
Lasciando da parte gli acquerelli e sfruttando, invece, tutta la potenza grafica della china, Gipi ci accompagna in un’ipotetica realtà post-apocalittica in cui la moderna società civilizzata che conoscevamo ha lasciato il posto a pochi sparuti sopravvissuti che conducono un’esistenza quasi primitiva. Solo i più anziani di essi ricordano il mondo per come era prima della fine, mentre i più giovani, figli del Nuovo Mondo, imparano più facilmente le brutali regole della sopravvivenza.
Protagonisti della storia due giovani fratelli nati dopo l’apocalisse che, insieme al padre, provano a sopravvivere in quella ostile realtà. I ragazzi vengono cresciuti con durezza e privi del benché minimo segno di affetto, di modo che riescano a sopravvivere in questa nuova arida realtà. L’improvvisa morte del genitore, unito al desiderio di trovare qualcuno che possa leggere per loro il diario del padre, porterà i due ad esplorare le terre circostanti e a mettere in pratica i rigidi insegnamenti che il padre gli ha trasmesso.
Il primo aspetto che colpisce, una volta terminata la lettura di questa splendida graphic novel, è l’incalzante ritmo mantenuto da Gipi durante tutto il racconto. A dispetto, infatti, delle sue tante tavole, La Terra dei Figli è una lettura che scorre rapida e fluida. Merito di uno storytelling perfetto e di una narrazione semplice ed epurata da qualsiasi riflessione esterna. Il fumetto di Gipi risulta volutamente nudo e crudo, esattamente come i personaggi che si muovono al suo interno. Una scelta narrativa in linea con quella, stilistica, di escludere del tutto il colore, per rendere in modo più efficace le atmosfere del racconto.
I temi trattati sono tantissimi. A partire dal rapporto padre-figlio, già affrontato in modo fortemente personale in S.. Poi certamente quello del retaggio, inteso come lascito materiale e morale che si trasmette da una generazione all’altra. E ancora, gli affetti, il desiderio innato e primordiale di essere amati e il rimpianto di non averlo fatto come si sarebbe potuto.
Ma, il tema principale, quello che fa da scenario all’intera vicenda, è certamente quello della religione, intesa nell’accezione più ampia e onnicomprensiva del termine. Gipi ci racconta il desiderio fisiologico dell’uomo di credere in qualcosa o qualcuno, di farsi guidare, di fare parte di un disegno più grande.
In una società globalizzata e multimediale in cui, solo apparentemente le distanze tra gli individui sono annullate, proprio il bisogno di sentirsi parte di qualcosa genera processi di massificazione e l’adorazione di falsi idoli. Nel raccontarci una sorta di ritorno al principio della società, l’autore traccia una metafora della nostra società moderna, volutamente rimarcata dai frequenti richiami ad una terminologia tristemente in voga.
Gipi ci racconta tutto questo con la spontaneità e soprattutto con la sincerità che gli è consueta, senza omettere gli aspetti più disturbanti e bassi dell’animo umano, ma – nel contempo – esaltandone anche i lati più virtuosi. E, nel finale, ci regala un inatteso barlume di speranza, attraverso un gesto che – da solo – può essere in grado di risvegliare sentimenti mai provati o apparentemente dimenticati, ma rimasti sopiti nel cuore dell’essere umano.
La Terra dei Figli, edito da Coconino in un pregevole cartonato da € 19.50, è un racconto avvincente e stilisticamente perfetto in cui Gipi dimostra di essere in grado di rimescolare le carte, mantenendo inalterato il livello qualitativo e la riconoscibilità dello stile. Insomma, esattamente ciò che mi aspettavo.