In premessa ci tengo a precisare che, almeno finora, ho molto apprezzato i fumetti di Jeff Lemire che mi è capitato di leggere nel corso degli ultimi anni. Il primo in cui mi sono imbattuto fu The Nobody (Signor Nessuno nella ed. italiana), una graphic novel Vertigo in tricromia con un’aria vintage sci-fi parecchio intrigante. E siccome quando uno scrittore mi piace ne divento un lettore compulsivo, ho continuato a seguire, e per lo più apprezzare, Lemire rimanendo incantato di fronte, ad esempio, ai due volumi portati in Italia da 9L: Essex County (giustamente considerato il suo lavoro più riuscito) ed Il Saldatore Subacqueo. Ma Lemire aveva dimostrato di saperci fare anche coi supereroi: il suo Animal Man, soprattutto nelle prime battute, era davvero forte.
Così, quando Marvel per rimpiazzare nel suo roster di scrittori due illustri partenti come Hickman e Fraction, decise di mettere sotto contratto Lemire, la trovai un’ottima notizia. Purtroppo, però, la prima serie di Jeff alla Marvel è stata per me una cocente delusione: sto parlando del Nuovissimo (o meglio Deludentissimo) Occhio di Falco.
Ora, è chiaro che realizzare il sequel di un capolavoro come il pluripremiato Occhio di Falco di Fraction ed Aja, era impresa ardua per chiunque. Una run ultra pop, spassosa, realizzata con uno stile grafico stilosissimo e che risultava molto ben bilanciata nonostante al suo interno ci fosse di tutto: due arcieri, un affresco criminale grottesco (formato per lo più da russi in tuta), un cane, un condominio, tante ex fidanzate, viaggi sulla costa ovest e tanto, tantissimo altro. Fraction ed Aja avevano fatto le prove generali qualche anno prima su Iron Fist (assieme ad Ed Brubaker) e con Occhio di Falco sono riusciti ad incanalare nel migliore dei modi la loro verve creativa, dando vita ad un esperimento che, nel panorama del fumetto supereroistico mainstream, è diventato già esempio e pietra miliare per chi vuole deviare dai soliti canoni narrativi. É pacifico, dunque, che arrivare dopo quei due non era impresa semplice, per nessuno. É un po’ come quando ad un regista viene affidato il compito di girare il sequel di un film di successo. Il rischio di fare flop, soprattutto per via degli inevitabili ed ingombranti paragoni con l’opera originale, è dietro l’angolo. Generalmente, infatti, a sobbarcarsi questa responsabilità in ambito cinematografico sono stati degli agnelli sacrificali: vedi Joel Schumacher dopo i due Batman di Burton o il mai abbastanza disprezzato Brett Ratner “regista” di X-Men Conflitto Finale che ha massacrato quanto di buono aveva fatto Singer con i primi due film sui mutanti. Su Occhio di Falco, però, invece del solito mestierante chiamato a svolgere il compitino, ci si è affidati a Jeff Lemire, da cui era lecito attendersi un lavoro coi fiocchi, a maggior ragione se ad accompagnarlo ai disegni c’è “un certo” Ramon Perez. Uno che in Tale of Sand era in grado di tirar fuori tavole come questa:
Il motore della storia del Nuovissimo Occhio di Falco è un trio di bambini inumani deformi, il progetto Communion, contesi tra l’Hydra e lo S.H.I.E.L.D. perché considerati una promettente arma di distruzone di massa. Il progetto Communion, tuttavia, è un semplice MacGuffin – un espediente narrativo privo di qualsivolgia interesse – funzionale solo a mettere in moto gli eventi e conseguentemente approfondire le diversità tra i due Occhio di Falco: lo strafottente Clint e la sentimentale Kate. La crecente tensione tra i due protagonisti e le progressive divergenze sono, però, motivate male e sviluppate peggio con dei dialoghi per lo più privi di mordente.
Nel frattempo, per tentare di dare maggior credibilità agli atteggiamenti dei due, Lemire innaffia la narrazione con un copioso quantitativo di flashback (un modo per andare a toccare una delle tematiche a lui tanto care: i bambini). Flashback che, nella seconda parte della run, vengono affiancati a flashforward che, a conti fatti, risultano inseriti in maniera decisamente poco organica nel tessuto narrativo.
Per realizzare le tavole ambientate nel presente Perez ha utilizzato uno stile grafico che omaggiasse Aja il cui tratto, tuttavia, è difficilmente imitabile; il risultato è qualcosa di posticcio, uno scimmiottare goffo decisamente poco appagante. Il tratto di Perez, infatti, non solo manca della chirurgica precisione della matita di Aja, ma del suo predecessore non ha neanche le geniali intuizioni nel costruire le tavole.
Aja: geniale.
Meglio, senz’altro, sono i flashback acquarellati con tinte del blu-lilla in cui spiccano, saltuariamente, chiazze di rosso sangue; eccellenti nei primi albi, gli acquerelli di Perez, purtroppo, perdono in cura del dettaglio ed ispirazione sul finire della run. Ripeto: da Perez era lecito aspettarsi ben altro ma, forse, i serrati ritimi di pubblicazione USA (un albo spillato da completare al mese) non sono a lui congeniali.
Nel finale la sensibilità del Lemire che ben conosciamo torna a farsi sentire. Le ultime 4 pagine sono eleganti e delicate ma è, ovviamente, troppo poco per una run esasperatamente decompressa che, a conti fatti, aveva ben poco da dire in termini di intreccio narrativo e che ha fallito nell’obiettivo principale che si era prefissata: mettere in risalto un credible scontro tra due diversi modi di essere Occhio di Falco. Ma, intendiamoci, probabilmente All-New Hawkeye non sarebbe un lavoro da considerarsi insufficiente in senso assoluto, lo è in funzione dell’inevitabile paragone con la brillante run precedente e lo è a maggior ragione per la fama che il duo creativo Lemire/Perez si porta dietro. Essendo, tra l’altro, in stretta continuity con la storia raccontata da Fraction e Aja, la sensazione leggendo la versione di Lemire e Perez è è quella di passare da una serie brillantemente scanzonata ad una banalmente intimista.
Un parere personalissimo il mio, quello di un lettore deluso che – lo ammetto – è anche vittima delle aspettative e che non trova riscontro in gran parte della critica di settore che, invece, ha accolto per lo più con favore il lavoro di Lemire e Perez. Ma in chiusura mi e vi domando: se l’All-New Hawkeye è l’ottima serie che molti dicono, allora per Fraction e Aja gli Eisner Awards non sono più sufficienti; passiamo direttamente ai Nobel per la letteratura?