Chiacchiere da Bar: Intervista a Paolo Bacilieri

Tra gli ospiti del B-Geek a Bari c’era anche Paolo Bacilieri, artista di grande esperienza, oltre che estremamente versatile. Abbiamo avuto la fortuna di intervistarlo.

Ciao Paolo. È da poco arrivato More Fun, secondo capitolo della tua storia del cruciverba a fumetti. Il primo capitolo di questo tuo lavoro, Fun, ha avuto grande successo, cosa dobbiamo aspettarci in questo nuovo volume?

Se nella prima parte si parlava della nascita del cruciverba negli Stati Uniti (circa un secolo fa) e del suo sviluppo e diffusione nel resto del mondo, il secondo volume tratterà del cruciverba in Francia e in Italia, soffermandosi su una rivista impossibile da ignorare come la Settimana Enigmistica. Ci sarà inoltre la chiusura delle trame aperte nel precedente volume, con una struttura simile: una parte storica, alcune storie brevi (caratterizzate dal colore) e il collante tra gli elementi rappresentato da Zeno, Pippo e Mafalda.

Quindi hai conservato la struttura del precedente volume.

Esattamente. Alcuni recensori hanno parlato di un vero e proprio dittico, e così in effetti è stato per me realizzare questa storia del cruciverba. Si tratta di un libro diviso in due parti coerenti, che hanno la stessa struttura, in cui si ravvede una certa simmetria.

Come e quando è nato il progetto legato a Fun e More Fun?

L’idea è nata nella Primavera del 2012, poco dopo la pubblicazione di Sweet Salgari (altro volume pubblicato per la Coconino Fandango). Ero in un bar con Stefano Bartezzaghi, noto esperto di cruciverba e scrittore, il quale mi chiese perché non realizzassi un libro sul cruciverba. Inizialmente perplesso perché un libro del genere richiedeva una mole di lavoro non indifferente, poi però ho letto il suo libro L’orizzonte Verticale (edito da Einaudi, sulla storia del cruciverba) e al suo interno vi ho trovato tantissime storie che chiedevano di essere raccontate a fumetti. Poi in realtà ho deciso di complicarmi la vita inserendo tantissime storie brevi prese da altri lavori che avevo fatto in modo che si incrociassero in una griglia, proprio come un cruciverba. A far da collante ho quindi deciso di inserire le vicende dei personaggi che trovate nei volumi, portando poi la storia ad esplodere.

L’idea iniziale era già di realizzare due libri sull’argomento?

No, appunto il materiale mi è “esploso in mano”. Inizialmente dovevo realizzare un solo libro poi mi sono reso conto che il materiale era veramente tanto e ho optato per la soluzione in due volumi, d’accordo con l’editore.

Nel corso della tua carriera, cosa noti di diverso rispetto al passato e qual è la situazione del fumetto italiano e non solo, secondo te?

Quando ho cominciato a lavorare (ormai circa trent’anni fa), i fumetti erano pubblicati sulle cosiddette “riviste contenitore”, dove diversi autori inserivano i loro lavori. Io ho iniziato in Francia, su riviste importanti, quindi non si sentiva molto il peso della pubblicazione perché c’erano altri autori a trascinare le riviste verso buone vendite; si aveva inoltre la possibilità di avere a che fare con un pubblico vasto, senza avere grosse responsabilità. Oggi un giovane autore deve avere le idee molto più chiare rispetto a quegli anni, ed effettivamente lo sono, a differenza della spensieratezza e poca attenzione che aveva la mia generazione rispetto a queste dinamiche.

Come vivi ogni giorno il rapporto con le nuove tecnologie, coi social e coi nuovi mezzi di comunicazione?

Internet e i social possono essere una maledizione e una salvezza allo stesso tempo: hanno portato molta attenzione al mondo del fumetto e ad alcuni fumetti che potrebbero avere poca diffusione; lo svantaggio è che creano ogni volta una “tempesta in un bicchiere”, oltre ad essere una grande perdita di tempo per il fumettista, notoriamente poco avvezzo al vivere sociale. Sono per fortuna poco portato a questo tipo di interazione, eppure anche io impiego molto tempo sui social per i motivi più disparati. Forse in futuro svilupperemo delle capacità speciali che ci permetteranno di disegnare con una mano e rispondere sui social con l’altra.

Dove è diretta la tua ricerca stilistica al momento?

Premesso che ogni artista muta nel corso del tempo, anche dovendo realizzare sempre lo stesso tipo di prodotto, negli ultimi tempi ritengo di essermi stabilizzato. Mi piace realizzare vari tipi di storie ed è un qualcosa che rivendico e che ho fatto nel corso degli anni, dal noir al western, adattando il mio tratto ai diversi mondo che vado a raccontare.

Oltre che come autore completo, svolgi anche lavoro come solo disegnatore, soprattutto in Bonelli. Quale dei due approcci preferisci?

In realtà non lo so, preferisco entrambe le cose, non rinuncerei a nessuna delle due. Soprattutto perché mi diverto in entrambi i casi. In Bonelli ho avuto tante collaborazioni che mi hanno divertito, anche perché mi ritengo uno sceneggiatore anche quando devo solo disegnare la storia di qualcun altro, dialogando continuamente con lo scrittore della storia. Inoltre io adoro il fumetto Bonelli perché fa i fumetti che adoro ovvero in bianco e nero.

Qual è il tuo rapporto con Milano, pur non essendo la tua città natale?

Io adoro Milano, ci vivo da quasi vent’anni e mi piace un sacco, nel corso degli anni ho capito che è bellissima, a differenza di molti che la ritengo una città invivibile. Mi piace molto anche disegnarla, mi piace parecchio l’architettura milanese del Dopoguerra e mi piace pensare che milanese lo si può diventare, a differenza di altre città. È una città che mi ha influenzato e mi ha cambiato come fumettista.

In questi giorni ricorre il 60° anniversario della nascita di Andrea Paziena. Quanto ha influito sul tuo lavoro questo artista?

Non saprei quantificarlo, ma sono sicuro che io e la mia generazione l’abbiamo amato alla follia, non solo i suoi personaggi ma davvero abbiamo amato lui, eravamo le vittime perfette di Andrea perché potevamo cogliere tutti i suoi riferimenti, c’è bisogno di un lettore cresciuto a pane e fumetti. Era perfetto per la mia generazione, era davvero un ragazzo quando ha cominciato a pubblicare i suoi lavori su «Alter» e credo che le sue storie siano ancora belle, talmente belle che condannerei la gente a leggere storie di Andrea Pazienza.

Parlaci del tuo progetto Edi Tipe.

Una delle conseguenze di vivere a Milano è che vivi con altri fumettisti come te, come Vincenzo Filosa, fumettista eccezionale. Un giorno a pranzo con Vincenzo, spalleggiato dai fratelli La Forgia, altri fumettisti bravissimi, abbiamo realizzato una pagina Facebook molto goliardica, disegnando tante “tipe”, tante donne diverse. È stimolante realizzare una storia con un solo disegno, perché anche di quello si tratta. Anzi, colgo l’occasione per invitare i disegnatori a mandarci le loro “tipe”.

Ci sono progetti in Bonelli che riguardano Napoleone e un suo probabile ritorno?

Ci sono speranze, riposte anche nel suo scrittore e creatore Carlo Ambrosini. Ma ci sono comunque buone probabilità che lo si possa rivedere. In questo caso i social e il web ci fanno essere debitori nei confronti del pubblico perché si ha la possibilità di ampliare il pubblico e di far conoscere i nostri prodotti, come nel caso di Napoleone. Forse vuol dire anche che abbiamo fatto qualcosa di buono.

Ringraziamo Paolo Bacilieri per essersi prestato alla nostra intervista e vi lasciamo con questo meraviglioso Dylan Dog che ha realizzato per il sottoscritto.

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