Vi abbiamo parlato di Amélie Fléchais poco tempo fa e del suo Lupetto Rosso (la recensione la trovate qui). Se per quella storia, l’autrice si dilettava nel riproporre una sua versione di Cappuccetto Rosso, questa volta – accompagnata ai testi da Jonathan Garnier – scrive, disegna e colora una storia tutta originale, Il sentiero smarrito, che mescola tantissimi elementi.
La trama è piuttosto semplice, ma già pregna della giusta dose di “mistero” che attraversa tutta la narrazione del volume. Dopo un breve preambolo illustrato, nel quale scopriamo che una coppia ha vissuto alcuni infausti eventi e sembra essere rimasta intrappolata nelle profondità del bosco, scomparendo senza lasciare traccia. Subito però veniamo a conoscenza dei veri protagonisti del racconto: si tratta di tre ragazzini alle prese con una caccia al tesoro in un bosco, i quali in realtà si sono persi poco dopo aver messo piede tra gli alberi della foresta (come si vedrà, altrettanto protagonista del volume). Da qui i nostri giovani cercatori si imbatteranno in tantissime stranezze e vivranno una serie micro-avventure, nell’avventura generale della caccia al tesoro, all’apparenza slegate tra loro.
In realtà un filo conduttore tra tutti i personaggi assurdi e gli animali antropomorfe incontrate dal trio c’è: il controllo del bosco, la corsa all’affermazione del potere (o meglio, del dominio) tra i confini della foresta. E sarà qui che i testi dei due autori, supportati dall’artwork sempre strepitoso della Fléchais, mostreranno tutta la loro forza e passione per il citazionismo, più o meno velato. Convivono qui infatti elementi che richiamano la pura tecnica dell’illustrazione, coi personaggi che si fondono all’ambiente, in un gioco di trasparenze e mescolanze che, con le sue vivide cromie, fa da contraltare alla parte tutta in bianco e nero e strettamente narrativa che si alterna alle tavole a colori.
Il bosco quindi alterna, grazie alle tecniche messe su tavola dalla disegnatrice, momenti luminosi e coloratissimi a scene cupe, oscure, dove il bianco e nero è funzionale: aiuta a concentrarsi maggiormente sulla narrazione principale e richiama alla mente la griglia più classica del fumetto o del manga. Il mondo orientale è, tra l’altro, molto presente nella storia, sia nella tecnica di disegno che nella caratterizzazione di alcune figure che, pur avendo alcuni stilemi della narrativa occidentale (da Alice a Harry Potter, nelle scene con protagonista la civetta), sono impregnate di Lontano Oriente anche nei modi di comportarsi, come i “balletti” sequenziali o le interazioni con l’ambiente circostante.
Questo è sicuramente il tratto più originale dell’opera: pur non avendo una precisa connotazione geografica, richiama alla mente tutta una serie di situazioni, personaggi e, perché no, leggende da ogni parte del mondo, impostando la narrazione sulla fusione di elementi diversi ma ben mescolati. E il finale “aperto” ben si sposa con questa idea, nella quale trova spazio quella più ampia di una storia che rappresenta un fugace momento nella vita di entità eterne presenti in natura. Una bella favola contemporanea, avventurosa e lirica, rappresentata con maestria e pluristilismo grafico impeccabile. Il volume è edito da Tunué, al prezzo di 16,90€ e lo consiglio vivamente per una lettura diversa, intrigante graficamente e ben pensata. E noi ci rileggiamo alla prossima recensione.
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