Nel bene come nel male, Mark Millar è stato – e continuerà ad essere – uno degli autori più importanti ed influenti del fumetto mainstream degli ultimi vent’anni. Il suo ego spropositato, le sue strizzate d’occhio al mondo del cinema, la tremenda scostanza e la sua malcelata fame di successo, lo hanno reso una multinazionale vivente, una miniera d’oro tranquillamente paragonabile al blasonatissimo Robert Kirkman. Vediamo cosa ci riserva il suo MPH, miniserie di prossima pubblicazione qui nelle lande italiane.
Già opzionato per una possibile trasposizione cinematografica, MPH è l’ennesimo progetto targato Millarworld somigliante più ad uno storyboard che ad un vero e proprio fumetto. Ambientato a Detroit e immerso totalmente nell’attuale bancarotta che definisce la città statunitense, l’opera di Millar e Fegredo narra le gesta di un insignificante criminale che, dopo aver assunto uno stupefacente di natura sperimentale, ottiene la capacità di muoversi alla velocità della luce.
Bilanciando bravate fuori dai confini della legge e romance tra alcuni dei protagonisti, MPH risponde alla domanda “e se Flash fosse un povero delinquente?”. La gang di Roscoe, questo il nome del protagonista, si destreggia tra rapine, vita da nababbi in regge ultracostose, auto d’epoca e vino d’alta qualità.
La narrazione di Millar è lineare, frenetica e superficiale. Come molti dei suoi ultimi lavori, il plot di MPH prevede la presenza di un twist finale, questa volta eccessivamente banale e scontato. Pigra e fuori fuoco, la penna dell’autore non si sforza minimamente nemmeno nel caratterizzare in maniera dettagliata i personaggi che popolano le pagine dell’opera: bidimensionali e stereotipati, nessuno dei protagonisti riesce ad entrare nel cuore del lettore. La natura di movie-concept della miniserie è sin troppo evidente, mancante di profondità ed empatia.
Tipico delle creazioni Millarworld, l’operato dell’autore scozzese è accompagnato da un artista stellare, in questo caso Duncan Fegredo. Dopo il suo esplosivo lavoro su Hellboy, il disegnatore dimostra nuovamente il suo talento attraverso pagine esplosive e dinamiche, in grado di definire alla perfezione l’energia prodotta dalla droga che i protagonisti assumono. Ogni singolo pannello è composto in maniera splendida, tramite un comparto grafico a metà tra uno stile cartoonizzato e un realismo con altro grado di dettaglio.
È impossibile sorvolare sulle pecche di una scrittura indolente e mediocre, impossibile da salvare anche dall’artwork fenomenale di Fegredo. La lettura di MPH è consigliata unicamente se si ha una voglia matta di spegnere il cervello, se ci si vuol muovere nei confronti dell’opera in maniera totalmente acritica e priva di pretese. Solo in questo modo è possibile apprezzare vagamente l’ultima fatica di Mark Millar.